Domenica 7 febbraio i Tampa Bay Buccaneers si giocheranno il Superbowl contro i campioni in carica, i Kansas City Chiefs, e già per i fan del football made in Usa sarebbe una notizia, visto che a Tampa da 13 anni neanche mettevano i piedi nei playoff, figuriamoci nella finale.

Quello però che interessa tutto lo sport, non solo la Nfl, smuove i cuori e fa alzare la testa è che il quarterback dei Bucanieri è un signore di 43 anni che di SuperBowl ne ha già vinti sei e si chiama Tom Brady. Il Più Grande, probabilmente, che dopo vent’anni di carriera galattica ha mollato i New England Patriots e si è trasferito da Boston alla Florida, spostando con un solo trasloco gli equilibri, il peso, la grinta della Lega.  

Perché - e questo è il rovescio della medaglia che trasforma la vicenda in un mezzo replay di Any Given Sunday, «Ogni maledetta domenica» -  i Patriots, senza il loro quarterback del cuore, dai playoff ci sono rimasti fuori, come non accadeva dal 2002. 

Brady, fra l’altro, il suo settimo SuperBowl può conquistarlo in casa, a Tampa, ed è la prima volta in 55 anni che succede. Il pubblico sarà ridotto di un terzo, con 22 mila spettatori e 7500 fra medici e infermieri invitati d’onore della Nfl -  il commissioner Roger Goodell è figlio di una infermiera - ma in tribuna idealmente ci saranno anche Roger Federer, Serena Williams, Zlatan Ibrahimovic, Gianluigi Buffon, Valentino Rossi e gli altri splendidi 40 enni che ancora felicemente sgambettano sui campi e le piste di tutto il mondo con ambizioni tutt’altro che geriatriche.  Brady è tutti loro, e tutti noi che amiamo le favole eterne. 

In semifinale con il suo braccio magico ha rasato 31-26 i Green Bay Packer di Aaron Rodgers, uno che MVP dell’anno lo è già stato due volte e sperava nella terza, in finale si troverà davanti Patrick Mahomes, che con i Chiefs ha rispedito nella disperazione gli eterni ripetenti Buffalo Bills. Mahones è il suo presunto erede, di 18 anni - leggasi: diciotto anni - più giovane, anche lui con in tasca due MVP e il Vince Lombardi Trophy alzato l’anno scorso. Uno scontro generazionale, dunque, condito dalla spezia di un ultimo puntiglio. Per anni Brady è stato il Leo Messi del football, bello, possibile e soprattutto felicemente incistato nel meccanismo ad orologeria dei Patriots di Bill Belichick come la Pulce nel suo paradiso blaugrana. Ma appena ha provato a camminare da solo ha dimostrato di non avere bisogno di troppe stampelle per trasportare nell’ennesima nuova frontiera il sogno americano. E’ il fidanzato d’America, con il suo volto da attore, e pazienza se è anche - o era - amico di vecchia data di Donald Trump. Quando The Donald gli ha chiesto nel 2016 di parlare a suo favore alla Convention repubblicana, ha però gentilmente declinato, spiegando in tv ad Howard Stern che «un conto è l’amicizia, un conto il sostegno politico». Anche i democratici amano il football, verrebbe da dire, parafrasando Air Michael Jordan che rifiutava di schierarsi per piazzare in maniera equanime le sue tomaie griffate. Attentissimo all’alimentazione, esperto di yoga e meditazione trascendentale, Mr Perfect è per giunta marito di una delle donne più belle del mondo, la supermodel Gisele Bundchen, sposata nel 2009 dopo che un amico li aveva presentati con un appuntamento al buio (non dei più rischiosi, va detto) tre anni prima. Un matrimonio di ferro per le medie del jet set, incrinato al massimo da beghe condivisibili da qualsiasi coppia americana: lui che vorrebbe divertirsi giocando e allenandosi in eterno, Gisele che lo richiama ai doveri coniugali meno sexy. «Mi ha chiesto quando ho intenzione di occuparmi di più dei mei figli (due, Benjamin Rein e Vivien Lake, ndr)», ha confessato ai soliti magazine patinati, rivelando che per risolvere il problema si erano anche «sottoposti ad una terapia di coppia». Con uno stipendio da 30 milioni di euro all’anno, un capitale stimato di 200, un elenco di record e statistiche fanno a gara con quelle tennistiche di Federer, e forse un futuro scritto da senatore (repubblicano, ovviamente), Brady per il momento, di sicuro per un’altra settimana, è ancora immerso nel presente, con la testa e il braccio puntati sul prossimo (ultimo?) traguardo: dimostrare di essere il migliore di sempre, senza se e senza ma. E senza Patriots.    

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