Un tragico sorpasso. Da dicembre ad oggi i morti da Covid in Veneto hanno superato quelli della Lombardia, che ha il doppio della sua popolazione: 4.653 contro 4.605. Il confronto tra la Regione simbolo in negativo della pandemia e la Regione considerata virtuosa, quella che fino all’inizio di autunno aveva limitato i danni, racconta di come il Veneto proprio nel mezzo della seconda ondata sia improvvisamente piombato in un incubo senza fine. A novembre, mentre la Lombardia sperimentava la zona rossa, il Veneto rimaneva infatti ancora virtuoso e “giallo“. Poi, proprio a inizio dicembre, la curva dei contagi regionale ha cominciato a risalire, mentre nel resto del Paese calava. Una settimana dopo da Treviso e Montebelluna sono arrivati i primi allarmi sugli obitori pieni: nell’arco di 52 giorni, ovvero dal primo dicembre ad oggi, le vittime hanno superato quelle della Lombardia.

Fino al 30 novembre 2020 il Veneto (che ha 4 milioni 900 mila abitanti) aveva registrato infatti 3.711 decessi. Un numero che, nel bollettino delle ore 17 del 21 gennaio, è salito a 8.364. La differenza di 4.653 unità equivale a una crescita del 125,38% in nemmeno due mesi. La peggiore escalation in Italia. La Lombardia (che ha 10 milioni 600 mila abitanti) a fine novembre aveva registrato la cifra impressionante di 21.855 decessi. Al 21 gennaio sono saliti a 26.460, con un incremento, quindi, di 4.605 unità, pari al 21,07%. Nello stesso periodo, in Italia si è passati da 55.576 a 84.202 morti, con una crescita media nazionale di poco sopra il 50%. Così, statistiche alla mano, il Veneto in questo periodo ha avuto un incremento dei morti in valore assoluto che è il quintuplo della Lombardia (pur con metà popolazione) e una volta e mezzo quello della media italiana. Il dato è ancor più chiaro se si considera anche il mese di novembre. Al 31 ottobre i decessi in Veneto erano 2.401, quindi da allora fino al 20 gennaio se ne sono registrati 5.855 in più, pari a una crescita del 243,85%. Nello stesso periodo in Lombardia l’aumento è stato del 50,58%, un quinto di quello del Veneto.

Nelle ultime settimane, anche quando la pandemia ha colpito più duramente, nel corso delle quotidiane conferenze stampa nella sede della Protezione Civile di Mestre il governatore leghista Luca Zaia ha continuato a dire che il grande numero di positivi registrati in Veneto era effetto della virtuosità del modello veneto, per il maggior numero di tamponi rapidi effettuati. “Troviamo più positivi perché ne cerchiamo più di altre regioni. Non si può paragonare una Ferrari con una Cinquecento”. Ovviamente, il Veneto sarebbe la Ferrari. In questo quadro il numero dei morti, rapportato alla popolazione, era passato quasi in secondo piano, almeno in una comparazione con le altre regioni più popolose. Ma basta allineare i bollettini ministeriali per verificare che la realtà è ben diversa. Dal 15 dicembre al 21 gennaio il Veneto (che per numero di abitanti è al quinto posto in Italia, dopo Lombardia, Lazio, Campania e Sicilia) è risultato per 26 volte (su 38 giorni) la regione con il maggior numero di decessi in valore assoluto. Negli altri casi è stato superato per 10 volte dalla Lombardia e due volte dall’Emilia-Romagna.

Zaia, che conosce tutti questi dati, di fronte ai 108 nuovi decessi a cavallo tra il 20 e il 21 gennaio ha commentato: “Calano di 95 unità i ricoveri totali, calano le terapie intensive che ora sono 333, cinque in meno. Purtroppo non calano i morti, che costituiscono la coda dell’infezione e saranno l’ultima voce che calerà”. In realtà il triste primato del Veneto per 26 giorni su 38 per numero di decessi dimostra che non si tratta di una “coda”, visto che la regione è dalla fine di novembre ai vertici delle statistiche più nere, in controtendenza rispetto alla Lombardia. Zaia ha anche aggiunto: “Tu fermi i fiumi in piena fino a un certo punto. In un mese e mezzo abbiamo avuto una piena eccezionale”. Ora il sorpasso rispetto alla Lombardia lo conferma definitivamente. Per consolarsi il governatore ha concluso: “Forse la terza ondata da noi è già passata”.

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