Ecco Davide Nicola, l’allenatore dei “miracoli” salvezza. E’ arrivata anche l’ufficialità da parte del club granata: il tecnico di Vigone sostituisce in panchina Marco Giampaolo diventando il quattordicesimo allenatore del club di Urbano Cairo.

Torna in granata dopo 15 anni, ma l’ultima volta - anzi l’unica - aveva la maglia da calciatore. Fu protagonista del primo Toro post fallimento, quello che con De Biasi in panchina strappò un’incredibile promozione battendo in finale il Mantova. E Nicola, nella sfida di ritorno giocata al Delle Alpi e terminata solo ai supplementari, realizzò la rete che valse la Serie A. Una soddisfazione doppia per uno che faceva il difensore. 

Nel 2010 Nicola cominciò l’esperienza da allenatore con il Lumezzane, la squadra in cui terminò una carriera quasi trentennale. Ma anche dall’altra parte del campo non perse le caratteristiche che aveva dimostrato da giocatore. Rabbia agonistica e concretezza hanno caratterizzato tutte le sue avventura in panchina, si ricordano soprattutto quelle con il Crotone nel 2016-17 e con il Genoa nell’ultima stagione. In entrambi i casi raggiunse la salvezza grazie a gironi di ritorno entusiasmanti.

Memorabile soprattutto la cavalcata con i calabresi con cui ottenne 25 punti, di cui 20 solamente tra aprile e maggio. Un’impresa che lo “costrinse” a tener fede al fioretto salvezza e così, in sella alla sua bicicletta, macinò quasi 1300 chilometri di strade per unire la Calabria a Torino. Il suo arrivo al Filadelfia il 18 giugno del 2017 fu accolto anche da tanti tifosi del Toro grati per la sua breve, ma intensa esperienza granata. 

Ora, di nuovo il Toro, che riabbraccia con un anno di ritardo: il suo nome era già stato preso in esame lo scorso inverno in caso di esonero di Walter Mazzarri. Poi l’indecisione del club che alla fine confermò il tecnico toscano - salvo poi esonerarlo un mese dopo - permise al Genoa di approfittarne. Ma adesso Nicola in granata è realtà.

La guida piemontese raccoglie un gruppo febbricitante al penultimo posto. Non farà rivoluzioni per rianimarlo, partirà dal 3-5-2, il suo impianto di gioco preferito. E giocherà semplice, cercando in primis di restituire alla squadra quei punti fermi che i numerosi, troppi esperimenti di Giampaolo avevano offuscato. Praticità, orgoglio e senso di appartenenza saranno le basi da cui ripartirà per costruire l’ennesimo “miracolo”. Il Toro si aggrappa a lui, quindici anni dopo. 

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