18 gennaio 2021 - 07:34

Pestaggio Crotone, il pugile 16enne (figlio del campione) e il video su Telegram dove picchia un coetaneo

Il sedicenne segnalato al Tribunale per i minorenni. Il padre: «Non posso che condannare, come padre, come atleta e come cittadino, il gesto di mio figlio»

di Paolo Foschi e Rinaldo Frignani

Pestaggio Crotone, il pugile 16enne (figlio del campione) e il video su Telegram dove picchia  un coetaneo Un fermo immagine del violento pestaggio ad opera del 16enne
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Un ragazzo a terra che si protegge con le braccia, un altro a cavalcioni che lo prende ripetutamente a pugni su volto e corpo, gli sferra una testata, lo minaccia e gli sputa addosso, prima di alzarsi e infierire ancora a calci. Davanti ad altri giovani, che non solo non intervengono per separare i due, ma incitano a picchiare ancora di più: uno addirittura esorta l’aggressore a utilizzare una mattonella, un altro partecipa assestando un calcio a tradimento prima di sparire dallo schermo. È l’agghiacciante video comparso due giorni fa sulla piattaforma Telegram che vede protagonisti due minori di una provincia calabrese. Il pestaggio dura più di un minuto (almeno nella parte filmata) e, secondo quanto ricostruito, risale a dicembre in un mobilificio abbandonato, fra calcinacci, cassette di plastica e insegne dismesse. La vittima, colpita da venti pugni almeno, rimane a terra intontita e dolorante, il volto insanguinato e due costole rotte. Ma poteva finire peggio, perché il picchiatore non è un ragazzo qualsiasi ma è un pugile sedicenne, figlio d’arte: il padre, T.G.L., è uno dei boxeur italiani più forti in attività, salito sul ring a novembre e titolare di una palestra molto conosciuta. La vicenda era rimasta sottotraccia fino a quando non ha cominciato a circolare il video nelle chat di Telegram, con il logo ormai famoso di «Risse italiane»: immagini che hanno permesso alla polizia di identificare le persone coinvolte, segnalate alla Procura dei minorenni.

La condanna del padre

«Non posso che condannare, come padre, come atleta e come cittadino, il gesto di mio figlio», ha scritto su Facebook il pugile calabrese, che appena la settimana scorsa aveva ricevuto un riconoscimento dal Comune. «Preso coscienza dei fatti — ha detto il boxeur — ho incontrato i genitori del ragazzo alla presenza anche di mio figlio, e ho chiesto scusa. Durante il colloquio i ragazzi, oltre a chiarirsi e stringersi la mano in segno di pace, non riferivano quello che si vede nel video. L’ho appreso, con forte rammarico, solo in queste ore. Quindi ho organizzato un ulteriore colloquio, sempre con i genitori del minore, alla presenza delle forze dell’ordine da me portate. E anche in quella occasione ho chiesto umilmente scusa, e ho invitato il ragazzo a venire in palestra gratis, a vita. Ora chi ha imparato a conoscermi, come uomo e come atleta — ha aggiunto — sa quanto sia contrario alla violenza, in qualsiasi forma essa si presenti. Chi mi conosce sa bene che insegno ai miei allievi la non violenza, altrimenti vengono espulsi. Li cresco come figli, cercando di non far loro compiere gli stessi errori che ho commesso in gioventù. Aspettiamo che la magistratura faccia il suo corso. Come disse Gesù, chi è senza peccato scagli la prima pietra». Durissimo invece il commento di Francesco Verri, avvocato della famiglia del ragazzo picchiato, per il quale il pestaggio non è stato «un errore ma un delitto». E adesso il legale auspica che la Procura persegua «l’aggressore e i giovani che lo incitavano a colpire anche con strumenti potenzialmente letali».

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