16 gennaio 2021 - 23:53

Teo Luzi, nuovo comandante generale dei carabinieri: «Pandemia, vaccini e abusi: così combattiamo gli illeciti»

«Va impedito ai gruppi criminali di approfittare della crisi. In questo momento è importante guardare al futuro con ottimismo, perciò ci rivolgiamo ai giovani»

di Giovanni Bianconi

Teo Luzi, nuovo comandante generale dei carabinieri: «Pandemia, vaccini e abusi: così combattiamo gli illeciti»
shadow

Il nuovo comandante generale dei carabinieri, Teo Luzi, s’insedia mentre il Paese sta ancora tentando di contrastare la pandemia che da quasi un anno, ormai, condiziona la salute, la sicurezza, l’economia e la vita quotidiana dell’Italia e degli italiani. Anche l’ultima sfida, la somministrazione dei vaccini, vede il diretto coinvolgimento dell’Arma. «Dal 26 settembre - spiega il generale Luzi - data di arrivo del primo stock di vaccini, abbiamo garantito oltre 100 servizi di tutela su tutto il territorio nazionale, con l’impiego di 250 carabinieri, scortando quasi mezzo milione di dosi, ovunque, verso tutti i siti di somministrazione. Le scorte ai vaccini proseguono, nell’ambito del piano registrato anche dal ministero della Difesa, senza registrare criticità, e sono l’ultimo tassello di un impegno intensissimo che vede, dal marzo 2020, oltre 30.000 unità impiegate ogni giorno nei servizi “anti-Covid”».

Come procedono i controlli sul rispetto delle priorità nella somministrazione dei vaccini e su altri aspetti della campagna appena cominciata?
«I Reparti territoriali e i Nas, i Nuclei antisofisticazione, sono impegnati con le strutture sanitarie nella verifica della corretta conservazione del vaccino, e degli standard di sicurezza per il loro stoccaggio. Finora non abbiamo registrato anomalie. Contemporaneamente stiamo collaborando con la magistratura su presunte illegittimità nella somministrazione del vaccino a soggetti non rientranti nelle categorie di priorità; stiamo approfondendo alcune situazioni emerse a Modena, Cosenza, Brindisi, Scicli in Sicilia e Carbonia in Sardegna, ma non appare un fenomeno diffuso».

Qualcuno ha lanciato allarmi su ipotetici attacchi ai centri di conservazione, o per un possibile “mercato nero” dei vaccini.
«Riteniamo improbabile il furto di dosi vaccinali, poiché attualmente la catena del freddo necessaria al farmaco non è facilmente gestibile. Nell’ambito ospedaliero c’è l’attenzione dei Nas perché nessun residuo possa essere fraudolentemente recuperato e illecitamente distribuito. Inoltre abbiamo gli occhi puntati sulla rete, per evitare possibili commercializzazioni di dosi contraffatte. Al momento non sono emerse anomalie gravi, ma più in generale ci preoccupano le suggestioni del commercio on line in tema di Covid; ad oggi abbiamo oscurato oltre 250 siti per vendita illecita di farmaci contraffatti, e sequestrato oltre 6 milioni di dispositivi di protezione e di sanificazione del tutto inefficaci, se non pericolosi».

Che ruolo svolge una forza come l’Arma di fronte alle altre emergenze generate dal coronavirus, a cominciare dalla crisi economica e dal conseguente impoverimento di molte categorie?
«In questa fase è anzitutto necessario impedire che i gruppi criminali intercettino il bisogno, reclutando manovalanza tra i soggetti più deboli. Lo facciamo in piena convergenza con la Polizia di Stato e la Guardia di Finanza, ma il valore aggiunto dei carabinieri sta nella capillarità e nella capacità di leggere le dinamiche del territorio, per cercare di prevenire spirali di emarginazione e di delinquenza: le 4.900 Stazioni Carabinieri sono un luogo privilegiato di ascolto per tutti i cittadini, in modo da evitare derive senza uscita. Ci preoccupa l’usura, ma anche lo sfruttamento di situazioni di miseria per ingaggiare spacciatori e corrieri di droga».

Avete scoperto episodi concreti di infiltrazioni illegali nell’economia?
«Le indagini stanno registrano segnali di interessamento dei gruppi criminali verso i flussi di denaro pubblico destinati soprattutto alle forniture medico-ospedaliere, operando attraverso società nuove o acquisite illecitamente. In prospettiva, mi preoccupa il bisogno di liquidità degli operatori economici nei settori che hanno risentito maggiormente della crisi: ristorazione, turismo, intrattenimento. Anche per la mia trascorsa esperienza in Lombardia, guardo con preoccupazione alla ‘ndrangheta che può sfruttare a proprio vantaggio questa debolezza avendo la disponibilità di enormi riserve di liquidità, derivate per lo più dal traffico internazionale di droga».

L’emergenza può diventare un affare per le organizzazioni criminali, insomma.
«Sì, e la nostra attenzione è massima. Però mi lasci dire che pure in questa situazione di crisi è importante guardare al futuro con ottimismo. Per questo ci rivolgiamo ai giovani, chiamati ad affrontare sfide impensabili ma che potranno cogliere nuove opportunità; vogliamo essere gli influencer della loro fiducia verso le istituzioni».

Teme che il disagio sociale possa sfociare in proteste come quelle d’autunno, con relative infiltrazioni?
«Le manifestazioni dello scorso autunno a Roma, Napoli, Torino, Milano e Firenze confermano le intenzioni di tutte le compagini antagoniste di appropriarsi delle rivendicazioni delle categorie economiche per creare disordine. A Palermo, altra realtà che conosco bene per avervi svolto servizio, esponenti mafiosi hanno dispensato generi alimentari nel quartiere Zen, accreditandosi presso famiglie disagiate con una iniziativa di falsa solidarietà. Siamo attenti a tutti i segnali che provengono dal territorio e dal web, condividendoli costantemente con gli altri apparati della sicurezza».

Però le situazioni di sofferenza per milioni di cittadini sono reali.
«Certamente, e gli italiani sono affaticati dalle incertezze per il futuro. Viviamo una fase estremamente complessa, in cui chi ha la responsabilità della sicurezza deve confrontarsi con molti aspetti. Il nostro compito è salvaguardare le regole di democrazia, ma non possiamo essere indifferenti ai disagi vissuti dalla comunità. C’è bisogno di tanto dialogo e di comprensione. Di fronte a possibili derive non ci potranno essere cedimenti, ma il nostro compito è soprattutto anticipare e prevenire. Sono certo, tuttavia, che il senso di responsabilità prevarrà e nessuno consentirà il prevalere della violenza».

Lei arriva al vertice dell’Arma dopo aver contribuito a «guidare la macchina» come capo di Stato maggiore. Pensa che siano necessari interventi per migliorarne il funzionamento?
«Tutte le mie future decisioni dovranno andare nella direzione dell’innovazione, perché il mondo cambia rapidamente e non possiamo perdere terreno. Lungo questa linea, abbiamo avviato progetti importanti che ci impegneranno nei prossimi mesi. Primo fra tutti l’urgente revisione del Regolamento generale dell’Arma, da cui deriva tutto il sistema delle disposizioni interne; si tratta di norme risalenti al 1911, i cui fondamenti valoriali rimangono efficaci ma devono essere espressi alla luce dei profondi mutamenti intervenuti nella società. Punto inoltre alla valorizzazione della catena di comando: l’Arma è composta da una rete molecolare di presidi, non possiamo permettere sfilacciamenti; stiamo applicando le risorse tecnologiche più avanzate affinché ogni carabiniere possa sempre contare sul supporto del proprio superiore e viceversa. Infine, guardo alla formazione del nostro personale: credo che, accanto alla cura delle fondamentali nozioni giuridiche, occorra dedicarsi maggiormente alle modalità con le quali approcciarsi al cittadino, fornendo nozioni pratiche di psicologia comportamentale».

Con quale obiettivo?
«Quello di creare un rapporto con i cittadini meno burocratico e più empatico. I comandi di stazione devono capire come relazionarsi con la società civile, e l’aggiornamento del personale deve basarsi anche su rudimenti di sociologia e psicologia. Le persone che s’imbattono o si rivolgono ai carabinieri devono trovare comprensione delle esigenze individuali e del sentire sociale».

Sta dicendo che deve migliorare il rapporto tra l’Arma e il cittadino, che nell’immaginario collettivo è sempre stato di grande vicinanza?
«I carabinieri sono la ‘sicurezza tranquilla’ di questo Paese, perché da sempre esprimiamo vicinanza e accoglienza. Pensi che da oltre un anno i Carabinieri di Luino e Varese raggiungono a piedi, lungo una mulattiera, una frazione rimasta isolata dopo la rottura della funivia. Vi abitano alcune famiglie di anziani a cui recapitano generi alimentari e medicinali. Ogni giorno due ore di cammino con gli zaini. Non glielo ha ordinato nessuno. Lo fanno e basta., perché sono Carabinieri. Nell’emergenza sanitaria abbiamo sentito fortissima la responsabilità di agire per non lasciare solo nessuno. Siamo intervenuti anche per garantire la didattica a distanza, consegnando alle famiglie i tablet acquistati dagli istituti affinché i ragazzi potessero seguire le lezioni. Per tutto questo, non abbiamo dovuto elaborare nuovi modelli d’intervento. Ogni ‘risposta operativa’ era, per così dire, già scritta nel nostro Dna. L’evoluzione che immagino vede il cittadino ancora più centrale. Non solo come destinatario di servizi, ma anche come risorsa strategica da coinvolgere per valutare la rispondenza dei servizi erogati».

In passato e di recente ci sono stati coinvolgimenti di carabinieri in vicende gravi, dal caso Cucchi alla caserma di Piacenza. Ritiene che l’Arma abbia reagito in maniera adeguata?
«Sono vicende dolorose che non ci lasciano indifferenti. Io non chiedo la perfezione, ma esigo correttezza. Agiamo in contesti di grande incertezza e sbagliare è possibile. Dobbiamo fare di tutto per limitare gli errori, ma quando si verificano è assolutamente necessario agire con rigore, annullare le cause e procedere alle sanzioni. Sempre nella massima trasparenza. E’ l’unica strada per conservare credibilità».

Che cosa pensa di fare per evitare che si ripetano certe deviazioni?
«Agiremo ancor più sulla formazione, soprattutto quella dei quadri. E ci saranno innovazioni sul piano dei controlli: vogliamo attivare sul territorio team ispettivi a livello interregionale, per svolgere verifiche mirate anche preventive. Siamo pronti ad accogliere le critiche, anche quelle più dure, ma siamo anche determinati nel migliorarci».

Non sarebbe necessario accelerare tempi e procedure delle sanzioni disciplinari, almeno di fronte a certe situazioni?
«Oggi le norme del Codice dell’Ordinamento militare consentono di procedere in via amministrativa nei confronti dei militari coinvolti in fatti di reato. Molto spesso, però, le condotte non sono immediatamente chiare per cui è necessario sospendere i provvedimenti disciplinari, in attesa degli accertamenti della magistratura. E quando ciò accade non è più possibile riattivare l’azione disciplinare fino alla condanna definitiva, che può richiedere anni. In questo è auspicabile adeguare le norme a quelle del pubblico impiego, per il quale invece è possibile la riapertura degli accertamenti amministrativi anche in più fasi. Non è tollerabile che chi si macchi di gravi comportamenti possa essere agevolato dal trascorrere del tempo. Servono accertamenti rigorosi, sanzioni certe e immediate».

A proposito di innovazioni tecnologiche: come state adeguando i vostri strumenti di controllo e di investigazione?
«La rete è divenuto un obiettivo operativo rilevante per la tutela dei cittadini. Il trasloco su Internet ha riguardato tutti e tutto: relazioni sociali, lavoro, scambi, occasioni di svago. Conseguentemente, la delinquenza ha trasformato a proprio vantaggio le reti sociali, trasformate in armi aggiuntive per l’arsenale di illegalità. Nel mondo virtuale si replicano gli stessi comportamenti del mondo reale: alle opportunità si affiancano le insidie che possono produrre danni rilevantissimi. Così come i carabinieri s’incontrano sulle strade, dobbiamo trovarli sempre più anche sul web; insomma: ‘pattugliare la rete’ come naturale estensione delle attività svolte sul terreno».

E sulla tutela ambientale, altra sfida dei tempi attuali e di quelli che verranno?
«Sulla tutela dell’ambiente la mia generazione costruisce la sicurezza dei propri figli. L’Arma ha colto questo messaggio da tempo. I nostri reparti specializzati, i Noe, sono stati costituiti nel 1986. E nel 2017 ci siamo arricchiti dell’esperienza del Corpo forestale dello Stato. Oggi operiamo in piena sinergia con le Regioni e gli altri attori dell’ecologia, su un ampio spettro di fronti: dalle investigazioni sul traffico illecito di rifiuti, alla tutela della biodiversità, alla prevenzione degli incendi boschivi. Siamo determinati nell’offrire uno strumento operativo efficace, a disposizione dell’autorità di governo, anche per iniziative di ‘diplomazia ambientale’, in un settore per sua natura globale».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT