Greta Ferro: «Non chiamatemi Anne Hathaway»

Metà molisana e metà abruzzese, la modella debutta su Canale 5 il 13 gennaio come protagonista della serie tv «Made in Italy», dedicata alla nascita della moda italiana nella Milano degli anni Settanta. Non pensate, però, al «Diavolo veste Prada»...
Made in Italy: Greta Ferro
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Se Greta Ferro è diventata un'attrice un po' è merito di sua nonna Betta che, quando era ancora una bambina, la invitava a mettere in pratica la sua creatività e ad avere uno sguardo sempre acceso sull'arte. «D'estate faceva inscenare a me e ai miei cugini degli spettacoli teatrali basati sulle favole che leggevamo» racconta Greta al telefono, appena tornata a Milano dopo aver trascorso le vacanze a Campobasso insieme alla sua famiglia. Se non avete mai sfogliato una rivista di moda - Greta è il volto Beauty di Giorgio Armani da due anni - e non siete abbonati ad Amazon Prime Video, vi farete un'idea più precisa di chi sia questa ragazza venticinquenne piena di energie a partire dal 13 gennaio, quando la serie Made in Italy, coprodotta da Taodue Film e The Family per Mediaset, sbarcherà finalmente in prima serata su Canale 5 dopo essere stata disponibile in anteprima sulla piattaforma di Bezos.

Venduta in più di venti paesi nel mondo, inclusi il Sud America e la Cina, la serie segue le avventure di Irene Mastrangelo, interpretata, appunto, da Ferro, una ragazza che arriva nella Milano degli anni Settanta e viene assunta come assistente di una prestigiosa rivista di moda, Appeal, gestita dall'intransigente caporedattrice Rita Pasini (Margherita Buy). Se pensate alla serie come al Diavolo veste Prada e a Irene come Anne Hathaway, però, vi sbagliate di grosso: «Si può parlare di somiglianza nella prima puntata, ma solo perché le riviste di moda avevano davvero quel tipo di impostazione. Andando avanti, la storia prende una piega totalmente diversa» insiste Greta, ormai pronta a essere proiettata nell'Olimpo dei volti emergenti da tenere d'occhio. Metà molisana e metà abruzzese - ci tiene a sottolinearlo altrimenti i nonni si offendono - Ferro, papà imprenditore e mamma docente universitaria, racchiude nella sua voce tutta la gioia e l'emozione che accompagna i debutti di un certo peso, decisa a mettersi in gioco ancora una volta con tanta umiltà e una buona dose di ottimismo che non guasta mai.

Made in Italy si è fatta attendere parecchio: annunciata a marzo 2020 e poi in autunno, vede finalmente la luce il 13 gennaio in chiaro su Canale 5.Dica la verità, non vedeva l'ora?«Eccome. Dopo l'approdo su Prime ho ricevuto tantissimi messaggi di apprezzamento e ho capito che al pubblico è piaciuta, quindi la speranza è che questa impressione possa essere confermata anche nel passaggio su Mediaset. È il mio primo progetto, ci abbiamo dedicato tanto tempo e adesso sono trepidante».

Che cos'ha Irene di lei?«Siamo due ragazze del Sud che si ritrovano nel mondo della moda in maniera casuale. È per questo che, insieme al coach che mi ha aiutato nello studio del personaggio, ho pensato di darle la mia curiosità, la mia positività e anche una certa apertura mentale: se non l'avesse avuta, probabilmente Irene non sarebbe riuscita a vivere in un mondo così diverso dal suo senza giudizio».

Irene è una precorritrice dei tempi: penso alla puntata in cui propone di mettere una modella nera in copertina. Una scandalo negli anni Settanta.«In questo è molto rivoluzionaria perché è ispirata a Franca Sozzani, una donna che è sempre stata più avanti rispetto agli altri».

Made in Italy è il suo primo ruolo in assoluto: mai sentito l'ansia e la pressione di essere scelta subito come protagonista di un progetto così grande?«Le dico solo che all'inizio non avevo capito di essere la protagonista: l'ho scoperto durante la lettura del copione. Quando i registi me lo hanno detto ero terrorizzata, non dormivo e non riuscivo a mangiare. Non avendo mai avuto esperienza, non sapevo cosa aspettarmi: dopo la prima settimana di set ho seriamente pensato che non ce l'avrei fatta, ma poi per fortuna è andata bene».

Avrà influito anche il fatto di essere circondata da attori navigati come Margherita Buy.«È stata una grande scuola: essere vicino a loro e vederli in azione mi ha permesso di imparare tanto. È stato fondamentale capire in che maniera si approcciavano al personaggio».

Un consiglio più prezioso di altri che ha ricevuto?«Me l'ha dato Margherita, che mi ha spiegato che era importante separare la vita privata dal set: quando giri, devi liberarti dalle pressioni e dedicare la tua persona e la tua mente al personaggio. All'inizio non è stato facile: la dedizione era talmente tanta che tornavo a casa e credevo ancora di essere negli anni Settanta».

Tutto parte, però, da Campobasso, dov'è cresciuta: un contesto molto piccolo.«Da quando ero piccola, però, ho avuto la possibilità di trasferirmi all'estero più volte, prima negli Stati Uniti e poi in Cina. Mia madre insegna Economia e Management e si spostava spesso per fare ricerca, e io la seguivo. Pur venendo da un posto piccolo, essere abituata a viaggiare e a confrontarmi con mondi molto diversi rispetto a quelli che avrei potuto vivere a Campobasso mi ha aiutata tanto. Una volta tornata dalla Cina e aver frequentato l'ultimo anno di liceo classico, mi sono iscritta alla Bocconi pensando di studiare Economia, ma qualcosa non andava».

Cosa?«Sentivo che mi mancava qualcosa. Ricordandomi di quando performavo con i miei cugini insieme a nonna Betta, pensai di iscrivermi a un corso propedeutico serale alla Paolo Grassi, che è molto vicina all'università, per coltivare un pizzico di creatività: ci sono stata due mesi e ho capito che era quello che volevo fare, solo che, tra lo studio e l'impegno con la moda, non sono riuscita ad andare avanti. Parlando con la mia agenzia ho espresso, però, la voglia di mettermi in gioco dal punto di vista recitativo: da lì ho girato un corto per Armani che è stato visto dai registi della serie tv. Tutto è venuto da sé».

Durante l'università è stata lei a proporsi alle agenzie di moda come modella. Cosa l'ha spinta a farlo?«Volevo rendermi indipendente: visto che la bellezza è un dono e una fortuna, ho pensato di poterla usare per fare un'esperienza lavorativa, solo che all'inizio non è andata bene. Le agenzie che mi avevano scelta cominciarono a propormi di cambiare la mia immagine, di perdere peso: una serie di cose che mi avrebbero snaturato e che non ero disposta ad accettare perché mi avrebbero allontanato da me stessa. Il mondo dello spettacolo funziona anche molto con la personalità: se avessi accettato di farmi snaturare, non avrei mai funzionato».

Parliamo di bellezza: quando era adolescente si piaceva?«No, per niente. Avevo l'apparecchio, i capelli prima ricci, poi lisci e poi di nuovi ricci che non riuscivo a gestire: ero un maschiaccio e non sentivo la necessità di curarmi più tanto perché non sapevo come farlo. Alle prime cottarelle, tutte non ricambiate, scoppiavo in lacrime e dicevo ai miei che non piacevo a nessuno. Mio padre, invece, mi rispondeva sempre "vedrai, ancora qualche anno e dovrò prendere il fucile in mano"».

Aveva ragione?«Incredibilmente sì, non lo avrei mai detto».

Quando si è accorta che qualcosa era cambiato?«Ci sono arrivata quattro anni fa, quando ho iniziato il mio percorso nella moda. Quando ti dedichi a un lavoro devi essere consapevole dei mezzi che hai e che non hai: la moda mi ha permesso di capire come sono, cosa mi mancava e su cosa avevo bisogno di lavorare».

Su cosa ha lavorato?«Sul mantenere sempre uno sguardo positivo e creativo sulle cose: non sono perfetta e non mi ci sono mai sentita. Tutto sta, però, nel modo in cui ti approcci a quello che fai, per esempio a uno shooting. Ha presente quando qualcuno entra in una stanza e gli altri dicono "quanta energia ha portato"? Parlo di quel bagaglio lì».

Anche per la moda, così come per la recitazione, è stato un po' un battesimo di fuoco per lei, visto che ha lavorato quasi subito con Giorgio Armani.«Ho sempre parlato di fortuna, ma poi un amico mi ha fatto notare che la fortuna è un'occasione unita all'intelligenza, una cosa molto vera. Il giorno in cui sono stata invitata alla proiezione del corto di Armani che mi vedeva protagonista sapevo che sarebbe successo qualcosa di grande: una volta lì incontrai, infatti, il signor Armani e quel contatto mi ha letteralmente cambiato la vita. Dopo la campagna di Emporio, ho avuto la notizia di essere stata scelta come il nuovo volto Beauty della compagnia: lì per lì non avevo idea di cosa significasse, di quanto fosse grande».

**È curioso pensare che lei nella vita ha incontrato Giorgio Armani così come Irene, che in Made in Italy incontra un Armani, interpretato da Raoul Bova, alle prime armi. ** «È stato un momento molto emozionante, infatti. Sembrava davvero di incontrare l'Armani che ha cambiato il corso della storia della moda, andando completamente controcorrente. Poi il signor Armani è una personalità davvero magnetica, "mind blowing" come dicono in inglese».

Mi tolga la curiosità: Armani ha visto la serie, le ha detto qualcosa?«Mi ha inviato una lettera dicendomi che era felice che "la giacca" - era questo il nome del cortometraggio che ho girato per lui - mi avesse portato fortuna e che aveva visto la serie e gli era piaciuta molto. L'ho presa e l'ho incorniciata, adesso è a casa con me».

Il suo futuro, oggi come oggi, sempre più il cinema che la moda.«Vorrei continuare a percorrere entrambe le strade, anche perché sono mondi che si strizzano l'occhio a vicenda. In futuro, è vero, mi vedo più proiettata nel cinema, ma finché riesco vorrei portarle avanti tutte e due».

Quali registi le piacciono?«Sono pazza di tutti i film di Quentin Tarantino e di Wes Anderson: due nomi molto legati alla mia infanzia, ma che sono riusciti, in modo diverso, a cambiare la percezione che avevo su questo mondo».

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La lampadina della recitazione, quindi, c'era molto prima che si iscrivesse a Economia.«C'era sempre stata qualcosa dentro di me. Da piccola performavo da sola davanti allo specchio e immaginavo di andare a ritirare qualche premio e di far parte di un mondo di cui ignoravo quasi l'esistenza».

Da bambina cosa sognava di diventare?«Volevo fare la serial killer, la spia, Indiana Jones o la scienziata. Crescendo, ho dovuto abbandonare i miei sogni di gloria».

Continua a studiare?«Sì, anche se è molto complesso gestire contemporaneamente il lavoro e lo studio, anche perché spesso le date coincidono. Al momento la mia priorità è il lavoro, ma continuo ad andare avanti».

So che legge molto. Libro preferito?«Ne ho tanti. Rayuela di Julio Cortázar, tutto Italo Calvino e L'alchimista di Coelho, forse il libro che più ha cambiato il mio modo di affrontare il mondo, visto che è in linea con quella che è diventata la mia idea di vita».

Si reputa una secchiona?«No, per carità. Avrebbe reso mia madre più felice, ma non lo sono per niente. Sono una di quelle persone che studiava poco ma che aveva grandi risultati. Con l'università, invece, non è stato possibile, ma si impara anche dai fallimenti».

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