12 gennaio 2021 - 22:02

Crisi di governo, l’amarezza del Quirinale (che è pronto a ogni scenario). I paletti sui responsabili

La preoccupazione di Mattarella in vista della redde rationem tra Conte e Renzi di fronte alla tragedia del Covid. I nuovi sostenitori dovrebbero creare un gruppo in parlamento

di Marzio Breda

Crisi di governo, l'amarezza del Quirinale (che è pronto a ogni scenario). I paletti sui responsabili
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Ma è possibile che dei 616 morti di oggi non importi nulla a nessuno? Sono gli stessi numeri che si registravano un anno fa, tra marzo e aprile, e il totale ormai sfiora le 80 mila vittime... Eppure quasi non se ne parla, mentre l’Italia è bloccata su una serpeggiante crisi di governo che i cittadini fanno molta fatica a capire. Senza contare che all’emergenza sanitaria si aggiungono i rischi di una bomba sociale pronta a esplodere. Infatti, oltre al Recovery plan, finalmente approntato per l’esame del Parlamento, adesso si aggiunge la questione dei nuovi ristori da rendere operativi al più presto. Qualcuno si rende conto di tutto questo? È sgomento e, anzi, scandalizzato, Sergio Mattarella, nelle ore che precedono il redde rationem tra Matteo Renzi e Giuseppe Conte. Per lui la prospettiva che la contagiosità del Covid vada definitivamente fuori controllo e che l’economia reale (quella piccola delle partite Iva, per intenderci) resti senza una minima rete di sicurezza pesa ben di più delle smanie politiche per il controllo del governo. Le segue — molto preoccupato — con una vigilanza continua, ovviamente. Pronto a fare la sua parte con rapidità ed efficienza, se e quando sarà chiamato in causa per la rottura della maggioranza. E pronto a qualsiasi scenario, per quanto al momento neppure lui intraveda uno sbocco preciso.

In Lombardia una volta si diceva «siamo nel campo delle cento pertiche» per segnalare che ci si trova a un punto morto e senza uscita. A Montecitorio quello stato di assoluta incertezza si definisce stallo, di cui è esemplare l’avvitamento delle ultime settimane, culminato ieri in una serie di rilanci sempre più esasperati. Tanto che si passa da una doccia scozzese all’altra, ricorrendo a un linguaggio esasperato nei toni e magari contraddittorio nei contenuti. Certo, sul Colle non si danno patenti di bon ton e del resto ne hanno viste tante anche durante questa presidenza, basta pensare alle minacce grilline di impeachment del 2018 (minacce che, per inciso, non intimidirono affatto il destinatario).Ciò che conta, per chi sarà presto il gestore istituzionale della crisi, è capire quale possa essere il punto di caduta di questa sfida. Esercizio impossibile finché i giocatori tengono entrambi le carte coperte.
Infatti sono troppi gli interrogativi aperti, tutti legati a come avverrà la rottura e alle strategie nel frattempo costruite dagli antagonisti.

Conte, per esempio, andrà dimissionario al Colle, chiedendo magari due o tre giorni per i provvedimenti urgenti e andar poi alla conta in Aula? Pensa di fare a meno di Italia viva, convinto di essersi assicurato una dote sufficiente di «responsabili»? Dovrebbe però essere sul serio congruo, quel numero, e tale da costituirsi subito in un gruppo parlamentare, perché si sa che Mattarella non vuole maggioranze raccogliticce e precarie. E Renzi, che assicura di aver ingaggiato solo «una battaglia di libertà» e di non voler lasciare il Paese senza un governo, accetterebbe un Conte ter o per lui è pregiudiziale — come tutto autorizza a credere — che il premier esca di scena? E, nel caso, chi proporrebbe per Palazzo Chigi? Ancora: il rottamatore punta a un’alleanza diversa, per far nascere un governo tecnico o di scopo o comunque lo si voglia chiamare? E nessuno si è chiesto (pure su questo qualcuno almanaccava ieri) se da qualche parte non si stia lavorando a una formazione di «responsabili» di altro segno, per fiancheggiare un esecutivo di centrodestra? Nelle convulsioni dell’ultimo momento, il capo dello Stato resta in attesa. Amareggiato per l’amnesia scesa sulla tragedia del Covid.

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