Indica un intervallo di date:
  • Dal Al
economia

Ecco su chi peseranno gli effetti economici peggiori della pandemia

Gli effetti economici peggiori della pandemia di Covid-19 peseranno sulle persone già più svantaggiate, mostra una nuova stima preliminare condotta dall’istituto europeo di statistica. L’analisi di Eurostat suggerisce che all’interno del mercato del lavoro europeo si è creata una spaccatura fra chi ha un reddito elevato e chi invece ne ha uno più modesto. Questi ultimi sono coloro che soffrono di una probabilità ben maggiore di essere licenziati, dover ridurre in maniera forzata le proprie ore di lavoro, oppure perdere del tutto il proprio posto. Il contrario avviene invece per i redditi maggiori.

L’aumento della disoccupazione e un drastico calo nelle ore lavorate sono state due fra le conseguenze principali dell’epidemia, sottolinea l’istituto di statistica, che però si sono distribuite fra lavoratori e lavoratrici in maniera disuguale. Una delle linee di questa frattura comprende i settori economici, con il maggior rischio di licenziamento temporaneo o riduzione dell’orario di lavoro che viene identificato in primo luogo nella ristorazione e nei servizi alberghieri, con una probabilità stimata intorno al 50%. Il rischio rimane ancora molto significativo e superiore al 30% per alcuni tipi di servizi, per arrivare al 20% nelle costruzioni e nel commercio.

Il rischio di perdere del tutto il lavoro appare poi maggiore per i lavoratori a termine, mentre altre categorie dello stesso genere includono i giovani under 25 nonché occupati e occupate in settori low skill.

La possibilità di un licenziamento definitivo è ben più rara rispetto al dover ridurre le proprie ore lavorative, e tuttavia anche in questo le stime Eurostat suggeriscono che essa sia significativamente maggiore per le persone a basso reddito. Parliamo nello specifico di una probabilità stimata intorno al 5% – per l’intera Unione Europa – nel casi di redditi bassi, che comunque deve essere applicata a un gran numero di persone che si trovano in questa situazione, con conseguenze che probabilmente saranno molto gravi.

Sommando questi profili di rischio Eurostat sottolinea la situazione particolarmente difficile dei giovani che lavorano in posizioni poco qualificate e a basso reddito nella ristorazione o nel turismo, che incarnano la parte che più ha sofferto e soffrirà degli effetti economici negativi dell’epidemia.

E l’Italia? Guardando alle singole nazioni, il risultato dell’Italia la pone fra quelle più in difficoltà. Da un lato è vero che al secondo trimestre 2020 la perdita di posti non è stata significativamente maggiore che in altri paesi, ma questo dipende dall’ampio ricorso fatto alla cassa integrazione nonché al blocco dei licenziamenti – misure che non possono che essere temporanee. Poiché formalmente le persone in cassa restano occupate, non le “vediamo” nei dati che per esempio misurano quanti sono i disoccupati, che quindi in una situazione speciale come questa possono diventare fuorvianti.

Il reale impatto dell’epidemia emerge invece guardando al numero di ore lavorate, che è crollato. E in effetti anche dalle statistiche rese note da Eurostat l’Italia è fra le nazioni dove la fetta di lavoratori e lavoratrici costretti a lavorare meno appare maggiore: oltre il 25%, ovvero un valore fra i più elevati del continente insieme a Grecia e Irlanda.

In Italia poi appaiono particolarmente a rischio di perdere il posto occupati e occupate under 25, che in questa metrica ottengono il quarto peggior risultato dell’unione dopo Spagna, Portogallo e Irlanda e un valore intorno al 12% del totale. Più in generale, appare difficile anche la situazione delle persone a basso reddito per cui la probabilità di essere licenziate o dover ridurre a forza l’orario lavorativo si aggira intorno al 30%. Soltanto in Irlanda troviamo stime molto più elevate che arrivano al 40%, mentre tante altre nazioni come Spagna o Grecia presentano risultati molto vicini ai nostri. Nel complesso, ricorda l’istituto, i paesi più colpiti sono anche quelli in cui c’è divario maggiore fra il rischio di chi ha un reddito alto e dei più poveri.

In aggiunta chi si trova già sotto la soglia di povertà – ovvero ha un reddito inferiore al 60% di quello mediano nazionale incluse tasse e trasferimenti pubblici – ha di nuovo un’alta probabilità di rientrare nel gruppo di coloro a rischio.

Lungo le due direzioni dell’analisi Eurostat, ovvero la possibilità di riduzioni forzate dell’orario di lavoro oppure di un licenziamento, il problema di lavoratori e lavoratrici in Italia risiede in particolare nel primo caso, con poco più del 25% dell’intera forza lavoro coinvolta. Nel caso dei licenziamenti i valori restano comunque molto alti (poco inferiori al 4% del totale), ma non risultano fra i più elevati che invece troviamo in Spagna o Irlanda.

Questi sono risultati preliminari e soggetti a cambiare rapidamente almeno quanto avviene nella circolazione del virus. Se esso continua a girare indisturbato, senza che da un lato le persone rispettino distanziamento sociale e uso delle mascherine e dall’altro i governi mettano in campo misure efficaci di tracciamento e isolamenti dei casi, a un certo punto nuovi lockdown diventano inevitabili pena il sovraccarico del sistema sanitario – eventualità inconcepibile in una nazione moderna.