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Il gioco come rifugio: due righe in cronaca per Clarice Benini, la «signorina» che fu campionessa
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24 ottobre 1962, Torneo internazionale femminile di scacchi Danlon ad Amsterdam: Clarice Benini (a destra), contro l’olandese Corry Vreeken-Bouwman

SCACCHI / 3

Il gioco come rifugio: due righe in cronaca per Clarice Benini, la «signorina» che fu campionessa

Testo di Riccardo Bruno

È stata la nostra scacchista più forte di tutti i tempi. Orfana a 15 anni (per l’infarto del padre durante una partita), nel secondo dopoguerra andò a proprie spese ai Mondiali di Mosca, riuscendo a tenere testa alle terribili russe. Poi la fine drammatica: assassinata da un folle

Testo di Riccardo Bruno

La sorprendente parabola della più grande scacchista italiana di tutti i tempi è racchiusa tra due tragedie. La prima nel 1920. Clarice Benini ha 15 anni; il padre Giuseppe, giocatore di discreto successo che le ha insegnato mosse e astuzie, durante un torneo triangolare a Viareggio viene tradito dal cuore. Clarice resta orfana, figlia unica. Da allora per lei vita e morte si intrecceranno, gli scacchi diventeranno il suo rifugio, eterno confronto tra bianco e nero, sfida costante tra re e regine. Cosa faccia Clarice in quei primi anni si può solo supporre. «Probabilmente accudisce la madre. Ho trovato che in un’occasione viene definita “laureatissima”. È immaginabile che prenda più di una laurea» ipotizza Adolivio Capece, studioso degli scacchi. È facile pensare che continui a giocare, e che inizi a frequentare quello che è stato il circolo scacchistico del padre, a Firenze, che ha sede nello storico caffè letterario delle Giubbe rosse. Clarice ha talento, è incostante ma con lampi di genio

UN UNIVERSO MASCHILE
È un universo maschile, il marchese Stefano Rosselli del Turco la mette sotto la propria protezione. È convinto che il futuro di questo gioco passi anche attraverso l’emancipazione femminile. In un intervento sulla Lettura, il supplemento del Corriere della Sera, del marzo 1934, osserva: «Il gioco degli scacchi non è di moda: ecco tutto. Ma, se la moda cambiasse, le nostre buone, belle e brave signore si accorgerebbero che vi è un campo di più per loro ove conquistare dei trionfali successi».

Clarice ha talento, è incostante ma con lampi di genio. Assomiglia al padre, capace di grandi trovate ma che a volte si perdeva nei finali. Lei per anni rifiuterà i tornei, forse tormentata dalla tragedia che glielo ha portato via, un tabù che scaccerà solo nel 1934. Ha già 29 anni, esordisce in un campionato minore di terza categoria, ed è l’avvio di un’ascesa travolgente. Due anni dopo è a Semmering, in Austria, torneo internazionale femminile. Clarice Benini durante una partita a scacchi contro un avversario maschio negli Anni ‘50. Proprio nel 1950 la FIDE conferì a Clarice il titolo di Maestro internazionale femminile

COSTRETTA A RAGIONARE IN FRETTA
Al cospetto delle più forti d’Europa non delude, nonostante ingenuità e inesperienza chiude a sorpresa come seconda. E si guadagna il via libera per il Campionato del mondo dell’anno dopo a Stoccolma. L’Italia fascista punta fiduciosa sulla squadra maschile, ma è lei a ottenere i migliori risultati. Ancora un secondo posto, ma di fronte alla cecoslovacca Vera Menchick, considerata imbattibile, mostra coraggio e spregiudicatezza, esce sconfitta solo per l’eccessiva precipitazione. «Conquista due pedoni all’avversaria e il dominio del campo. Ma poi non riesce a mantenere il vantaggio », analizza la partita Capece. «Forse le era rimasto poco tempo e fu costretta a ragionare in fretta».

ELEGANTE E FORTE
In ogni caso è un trionfo, l’Italia scopre la «signorina Benini», in un’epoca in cui le donne single sono considerate zitelle. Lei è elegante, forte e incute timore alle avversarie. L’americana Mary Bain la descrive come «un’attraente, alta, giovane, donna bruna». Gira anche la voce che Eugenio Montale, frequentatore del Caffè Giubbe rosse, si invaghisca di lei e la evochi nei versi di Nuove stanze Clarice Benini. Nel 1976, a 71 anni, fu uccisa da un vicino, un contadino impazzito, nelle campagne di Rufina

«Ma resiste/
e vince il premio della solitaria/
veglia chi può con te allo specchio ustorio/
che accieca le pedine opporre i tuoi/occhi d’acciaio»

Il regime la acclama e organizza per lei nel 1938 il primo Campionato nazionale femminile. Sei iscritte (difficile trovare giocatrici), Benini stravince, come farà anche l’anno successivo. Non ha rivali tra le donne, per trovare avversari all’altezza deve misurarsi con gli uomini, e spesso li batte.

La guerra spezza sogni e carriera, parte per la Russia come infermiera volontaria. Come ricostruiscono Alessandra Innocenti e Lorenzo Barsi, a fine conflitto trova un modesto impiego al Comune di Firenze, insegna aperture e varianti ai più giovani e continua a raccogliere successi e onori. Nel 1948 viene ammessa al primo Campionato italiano unisex (dovranno passare 70 anni prima che ci riesca un’altra donna). Non ha molto tempo per allenarsi, ma l’anno successivo non vuole rinunciare al Campionato del mondo femminile, il primo del dopoguerra. «Ma resiste/ e vince il premio della solitaria/ veglia chi può con te allo specchio ustorio/ che accieca le pedine opporre i tuoi/occhi d’acciaio»Eugenio Montale

INTUIZIONE GENIALE
Deve pagarsi il viaggio da sola, non ha ferie o aspettativa, parte lo stesso rischiando di non trovare più il posto al rientro. In Russia non gioca bene, alla fine sarà soltanto settima, tuttavia nelle quattro partite contro le favorite sovietiche ottiene due vittorie e una patta. E contro la campionessa francese Chantal Chaudé de Silans disputa la partita che la farà entrare nella leggenda. Attacca con veemenza, rinuncia alla regina e incunea il re tra i pezzi avversari fino al matto. «Un’intuizione geniale», spiega Capece. «Forse neanche un computer avrebbe potuto immaginare il sacrificio della regina e quell’avanzata del re che in 5 mosse penetra in campo avversario. Se fosse stata più allenata probabilmente sarebbe arrivata almeno fra le prime tre e forse, chissà, avrebbe perfino potuto vincere».

Negli anni che seguono alterna prestazioni opache a grandi exploit. Nel 1956, a Gardone Riviera, sono presenti le migliori giocatrici del momento. Benini vince tutte le partite. Il suo ultimo torneo ad Amsterdam nel 1962. Ha una malattia agli occhi, sta perdendo la vista, decide di ritirarsi vicino Firenze, a Rufina, nelle campagne del Chianti.Clarice Benini (ultima a destra) a Imperia nel 1962 (foto Max Euwe Centrum)

VITTIMA COLLATERALE DI UNA STRAGE
Il 6 settembre 1976 è il giorno della seconda tragedia, l’epilogo. Il contadino che le aveva custodito la casa e con cui era rimasta più di un’incomprensione, la sera torna a casa e, come racconterà al magistrato, trova la minestra fredda. Un pretesto per una mente malata. Uccide a coltellate la moglie, i due figli più grandi, ferisce l’altra figlia e risparmia solo il più piccolo di 7 anni. Poi esce e va ad ammazzare Clarice Benini. I grandi giornali mandano gli inviati per raccontare l’efferata strage familiare. Appena due righe, in coda, per quell’anziana signora finita sotto la furia dell’assassino. Sarà la rivista Scacco! a ricordare a tutti chi era: «Dietro a tanta tragedia c’era il nome della più grande scacchista italiana di tutti i tempi».

Il gioco come rifugio due righe in cronaca per Clarice Benini, la «signorina» che fu campionessa

Testo di Riccardo Bruno

E’ stata la nostra scacchista più forte di tutti i tempi. Orfana a 15 anni (per l’infarto del padre durante una partita), nel secondo dopoguerra andò a proprie spese ai Mondiali di Mosca, riuscendo a tenere testa alle terribili russe. Poi la fine drammatica: assassinata da un folle