10 gennaio 2021 - 02:34

Repubblicani contro Trump, il senatore Pat Toomey: ha commesso reati da impeachment

Il rappresentante della Pennsylvania è il terzo repubblicano al Senato a indicare che Trump dovrebbe farsi da parte. «E Pence valuta il ricorso al 25esimo emendamento»

di Paolo Beltramin

Repubblicani contro Trump, il senatore Pat Toomey: ha commesso reati da impeachment Il senatore repubblicano Toomey e Donald Trump
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«Sì, credo che il presidente Trump abbia commesso dei reati perseguibili con l’impeachment». Lo ha detto sabato sera il senatore repubblicano della Pennsylvania Pat Toomey, e l’ha fatto su Fox News, la rete che è stata e ancora è (pur con qualche eccezione che lo fa infuriare) il megafono di Donald Trump. Toomey, il repubblicano più importante della Commissione banche del Senato, non si ricandiderà nel 2022, cosa che forse lo rende più libero dalle pressioni della base, ancora molto trumpiana (secondo un sondaggio del Wall Street Journal il 54 per cento degli elettori del Grand Old Party si considera più un sostenitore del presidente uscente che del partito).

Il fronte interno si allarga

Toomey è il terzo senatore repubblicano a indicare che Trump ha commesso reati gravi o che dovrebbe farsi da parte. A chiedere le dimissioni del «suo» presidente è stata per prima, venerdì, la senatrice dell’Alaska Lisa Murkowski, una delle poche voci moderate rimaste nel partito: «Voglio che si dimetta, lo voglio fuori. Ha fatto abbastanza danni». Ben Sasse, senatore del Nebraska, ha detto a «CBS This Morning» che prenderebbe di certo in considerazione l’eventuale incriminazione perché, nell’incitare i manifestanti che hanno poi attaccato il Congresso mercoledì 6 gennaio, «credo che il presidente non abbia tenuto fede al suo giuramento di preservare, proteggere e difendere la Costituzione» I democratici potrebbero presentare gli articoli per l’incriminazione già lunedì e votare in settimana se il presidente non si farà da parte di sua spontanea volontà o se il vicepresidente Pence non invocherà il 25esimo emendamento, secondo quanto ha indicato la speaker della Camera Nancy Pelosi . In proposito Toomey ha aggiunto: «Non so cosa i democratici hanno intenzione di inviare al Congresso, e una delle cose che mi preoccupa, onestamente, è che la Camera possa totalmente politicizzare la cosa».

Le prossime tappe

Il leader della maggioranza repubblicana uscente Mitch McConnell ha fatto circolare un memo con le procedure per un eventuale secondo impeachment (Trump sarebbe il primo presidente della Storia a essere «processato» due volte dal Congresso). Secondo McConnell anche se la Camera votasse la settimana entrante, il segretario del Senato non potrebbe notificare la Camera alta fino al 19 gennaio, quando i senatori torneranno dalla prevista sospensione dei lavori. Questo vorrebbe dire cominciare il processo il giorno dell’insediamento di Biden, il 20. E secondo il memo non è neanche chiaro se il presidente della Corte Suprema John Roberts accetterebbe di presiedere al procedimento perché a quel punto Trump non sarebbe più presidente.

Il passaggio di consegne

Mentre tra i democratici al Congresso il desiderio di andare avanti con l’impeachment è preponderante, il presidente eletto Joe Biden, almeno privatamente, sarebbe più prudente, temendo che la prima parte della sua presidenza sarebbe eclissata dallo scontro, il che gli renderebbe più difficile portare avanti il processo di riconciliazione di cui parla. Quanto ai repubblicani, non è escluso ma sembra molto difficile che ce ne siano abbastanza (sedici) disposti a votare con i dem per condannare il presidente (la procedura richiede una maggioranza di due terzi). Donald Trump aveva annunciato su Twitter, prima di essere bandito dalla piattaforma in modo permanente, che non andrà alla cerimonia di insediamento del suo successore, mentre sembra sempre più sicuro che ci sarà il vice presidente Mike Pence. E secondo la Cnn, che cita fonti vicina allo stesso Pence, il vice presidente uscente non escluderebbe di invocare il 25esimo emendamento e quindi la rimozione forzata del presidente con un voto dei ministri, in caso Trump diventasse più «instabile».

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