«The Undoing»: Hugh Grant, al suo ruolo più riuscito (e gli altri motivi per non perdere la serie)

Diretta dal premio Oscar Susan Bier, la miniserie in sei episodi va in onda su Sky Atlantic. La storia è avvincente e ben costruita, la performance di Nicole Kidman è soddisfacente e Matilda De Angelis stupisce. Ma è il sessantenesse inglese a fare, davvero, la differenza
«The Undoing» Hugh Grant al suo ruolo più riuscito

Hugh Grant, Hugh Grant e, ancora, Hugh Grant. Si dovesse cercare una sola ragione, la più valida, con la quale supportare per intero la visione di The Undoing, questa risponderebbe – e senza alcun dubbio – al nome di Hugh Grant. Perché c’è voluto l’avvento della serialità televisiva, la sua ibridazione con Hollywood per affrancare l’attore britannico dal ruolo, pur riuscitissimo, del «cazzone avariato». Grant dagli occhi penduli, con il sorriso dolce del «Surreale, ma bello», è stato prigioniero, nel tempo, del suo fascino inglese. Ed è stata sola (o quasi) la televisione a restituirgli la possibilità di un ruolo diverso, più strutturato, complesso, all’interno del quale i confini tra bene e male siano labili e fumosi. The Undoing, come fatto, in parte, da A Very English Scandal, ha chiesto a Hugh Grant di interpretare un uomo ambiguo: qualcuno che solo all’apparenza possa sembrare degno di stima.

Jonathan Fraser, protagonista, insieme alla moglie Grace dei fatti fittizi raccontati in The Undoing, su Sky dall’8 gennaio, è un oncologo pediatrico, dotato di straordinaria sensibilità ed empatia. A New York, lo si è imparato a conoscere come uno dei medici di maggior successo e bravura. Ma quella sua immagine di uomo devoto, professionista talentuoso e marito appagato, nella serie, appare come il segmento confuso di un quadro più ampio. Jonathan Fraser, nei sei episodi di The Undoing, viene accusato dell’omicidio di Elena Alves, madre giovane di un suo paziente ancor più giovane. Fraser è il santo e Fraser è il Diavolo, e dove stia la ragione, chi sia la vittima dell’intreccio è cosa che si capisce solo nell’atto finale della serie tv, un thriller avvincente, veloce, dove lo sviluppo verticale della trama (miracolosamente) riesce a conciliarsi con la suspense, onnipresente.

The Undoing è un piccolo gioiello della serialità, e l’interpretazione di Hugh Grant, il suo farsi viscido e poi malvagio e caritatevole e ingiustamente bastonato, è la sua pietra più luminosa. Non la sola, però. Perché la serie diretta dal premio Oscar Susan Bier non ha sbagliato un solo ingaggio. Nicole Kidman, con i capelli ricci e rossi degli esordi, è la moglie psicologa dell’oncologo che l’opinione pubblica vorrebbe assassino. E sono le sue visioni truculente, frammenti di amplessi e morte a portare lo spettatore a chiedersi se non c’entri lei, stimata dottoressa, con la mattanza che ha posto fine alla vita di Elena Alves, una Matilda De Angelis che, pur rimanendo pochi minuti sullo schermo, riesce ad aleggiare in ogni immagine della serie tv, in ogni suo frame.

De Angelis, perfetta nel suo inglese di giovane straniera appartenente alla New York più povera, è credibile e preparata. E, quasi, sembra non esistere in lei quel timore reverenziale che ci si aspetterebbe da un’attrice che, dall’Italia, parta per l’America, per recitare tra Hugh Grant e Nicole Kidman. Nuda, per giunta, come nuda è la De Angelis nella scena di The Undoing che ha fatto il giro del web. Matilda De Angelis è brava, bravissima. È una ragione in più per vedere, d’un fiato, la miniserie Sky, che, nella sua narrazione, riesce a raccontare (anche) come funzioni il sistema giudiziario americano: la giuria popolare, gli avvocati alla O.J. Simpson, il gigantesco carrozzone mediatico e la macchina del fango, il ragionevole dubbio e il legame, indissolubile, tra denaro e possibilità.

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