Le giornate si accorciano e tra un po’ ci sarà il passaggio all’ora solare che ci farà piombare al buio già dalle 17 del pomeriggio. Un cambiamento che ha delle ripercussioni sui nostri ritmi circadiani, il ciclo di 24 ore che regola molti processi fisiologici tra cui il sonno, la fame e che viene influenzato da molti fattori tra cui, oltre alla luce e alla temperatura dell’ambiente, anche la retina come emerge da uno studio del Salk Institute for Biological Studies di La Jolla in California pubblicato su Science. Il ruolo degli occhi nella regolazione dei ritmi circadiani è uno dei temi al centro del 7° Congresso “Nutraceutica e occhi” organizzato con il patrocinio dell’Università di Roma La Sapienza e della SiNut (Società Italiana Nutraceutica). Come la retina influisce sui ritmi circadiani Ma cosa c’entra l’occhio con il nostro orologio interno? “Sono stati identificati dei recettori specifici dei ritmi circadiani a livello retinico”, spiega Gianluca Scuderi, professore associato del Dipartimento di Neuroscienze, Salute Mentale e Organi Di Senso-Nesmos della Sapienza Università di Roma e responsabile dell’Unità operativa di oculistica dell’Ospedale Sant’Andrea. “Le cellule ganglionari retiniche sono specializzate nella percezione dell’«informazione non visiva» della luce e nella sua trasmissione alle vie centrali per l’ attivazione del sistema circadiano”. Il ruolo della melatonina Dunque, al pari dell'orologio circadiano nel Sistema Centrale Nervoso, anche la retina è dotata di meccanismi molecolari che coinvolgono diversi clock genes. Nei mammiferi, la retina è stata il primo tessuto descritto al di fuori del SCN con proprietà di orologio circadiano, in grado di sintetizzare e rilasciare la melatonina in vitro con una ritmicità variabile in un ciclo di 24 ore. “La melatonina - prosegue Scuderi - regola i ritmi sonno-veglia e raggiunge il suo picco intorno ai 18 anni per poi decrescere gradualmente fino a quando negli over 60-70 anni non viene più prodotta. Proprio l’assenza di melatonina è stata chiamata in causa in alcune patologie tra cui la degenerazione retinica e si ipotizza che possa avere un ruolo anche nella maculopatia legata all’età”. La neuroprotezione in oculistica I ritmi circadiani giocano un ruolo anche nell’ambito della neuroprotezione in oculistica: “Sappiamo già che la pressione oculare ha un suo ritmo circadiano e non è costante nell’arco della giornata: se la misuriamo alle 8, alle 12 e alle 20 notiamo che ci sono delle oscillazioni anche nelle ore notturne. Queste variazioni si verificano in tutti ma sono più marcate nei pazienti affetti da glaucoma. Per questo si ipotizza che il ritmo circadiano possa avere anche un risvolto dal punto di vista neuro-protettivo”. Il ‘jet lag sociale’ I ritmi circadiani vengono messi in crisi anche dal cosiddetto ‘jet lag sociale’ descritto in uno studio pubblicato su Current Biology come la sindrome dovuta alla mancata coincidenza del nostro orologio biologico con la nostra routine giornaliera: “E’ una condizione sempre più prevalente di allontanamento dai nostri ritmi fisiologici per cui diamo a noi stessi un fuso orario ‘anarchico’ dormendo o mangiando in orari lontani da quelli canonici”, spiega Piero Barbanti, professore associato di Neurologia presso l’Università San Raffaele di Roma. “La forzatura dei nostri bioritmi è corresponsabile di un aumentato numero di infarti e di malattie cardio-cerebro-vascolari legate alla liberazione di elevate quantità di cortisolo, ormone dello stress con effetto ossidante e pro-infiammatorio costituendo così indirettamente un fattore di rischio anche per malattie neuro-degenerative come l’Alzheimer e il Parkinson”. Uno ‘spazzino’ per i radicali liberi Ma anche il glaucoma è oggi considerato a tutti gli effetti una malattia neurodegenerativa. Di recente, alcune ricerche si sono concentrate sulla funzione protettiva svolta in molte patologie neurodegenerative dal Coenzima Q10, noto anche come ubiquinone. “Il Coenzima Q10 - dichiara Barbanti - fa funzionare il neurone e nel contempo lo protegge agendo da un lato come potenziatore delle attività metaboliche dei neuroni e dall’altro come spazzino dei radicali liberi”. Queste azioni spiegano il grande interesse attorno al ruolo di questa molecola nelle malattie neurodegenerative. “Da studi condotti su modelli animali per patologie neurodegenerative, il Coenzima Q10 ha mostrato proprietà benefiche ed effetti protettivi molto promettenti in trial clinici riguardanti malattia di Parkinson e di Alzheimer, Corea di Huntington, Atassia di Friedreich e anche nel glaucoma ormai considerata una patologia neurodegenerativa”, conclude Barbanti. L’ora giusta per gli integratori Il Coenzima Q10 è una molecola ad attività bioenergetica e potente antiossidante che viene prodotta anche dal nostro organismo ma purtroppo i suoi livelli nella retina umana si riducono del 40% con l’età. Oltre che in collirio, è disponibile anche in formulazione orale e dagli studi è emerso come la somministrazione orale di CoQ10 possa avere una efficacia nelle malattie neurodegenerative e nelle malattie cardiovascolari. Inoltre, potrebbe migliorare l’aderenza alla terapia nei pazienti anziani che hanno difficoltà a mettere i colliri. La stretta connessione tra vista e ritmi circadiani potrebbe avere un impatto anche sull’orario di somministrazione dei nutraceutici: “Si sta studiando se rispettando il giusto timing alla luce del ritmo circadiano possa migliorare l’assorbimento di specifici nutrienti e rispecchiare la fisiologica produzione di nutrienti endogeni”, prosegue Scuderi. Si parla, infatti, di crono-assorbimento degli integratori.