15 ottobre 2020 - 23:59

Nella realtà virtuale c’è più democrazia: migliorerà la scuola

Le sfide di un mercato che da 8 miliardi di dollari (nel 2018) passerà a 45 miliardi (2024): realizzare sistemi e software economici, che siano anche facili e immediati, rendendo più equi - per tutti - i metodi di apprendimento

di Michela Rovelli

Nella realtà virtuale c'è più democrazia: migliorerà la scuola Uno studente di ingegneria computerizzata «maneggia» l’ologramma di un motore, un modello virtuale in 3D (iStockphoto)
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Immagina un mondo a cui puoi accedere direttamente dal tuo salotto, dove puoi imparare e giocare, conoscere persone — fisicamente lontane — e giocare con loro. Un «intero universo virtuale. Si può fare tutto, essere chiunque, senza andare da nessuna parte», sintetizza Wade Watts, il protagonista del film Ready Player One, adattamento del romanzo di Ernest Cline. Un film che propone un futuro distopico dove ogni attività e relazione si è trasferita nella realtà virtuale. Senza arrivare a questo quadro limite, possiamo già intravedere le potenzialità di questa tecnologia che si sta facendo scoprire sempre di più negli ultimi anni. Una storia lunga, un’evoluzione lenta per la realtà virtuale. Se i primi esperimenti risalgono agli Anni 50, per arrivare a una definizione bisogna aspettare la fine degli Anni 80, quando il ricercatore Jaron Lanier crea un prototipo di occhiali dedicati, gli EyePhone. Poi è arrivato Virtual Boy, il tentativo di Nintendo di offrire la prima realtà virtuale per le masse.

RICHARD HENDERSON, DIRETTORE EDUCATION DI LENOVO: «LA REALTÀ VIRTUALE È UNO STRUMENTO CHE ACCELERA LO SVILUPPO DI COMPETENZE... LA CREAZIONE DI INTERESSE È LA CHIAVE PER L’INSEGNAMENTO. E LA REALTÀ VIRTUALE FA QUESTO: STUPISCE, INCURIOSISCE, AVVICINA A TEMATICHE COMPLESSE»

Da Nintendo e Super Mario ai visori di Google

Forse qualcuno ricorderà, a metà degli Anni 90, questa console con schermo stereoscopico che permetteva di giocare a Super Mario in un ambiente che dava un’idea vaga di profondità. Si rivelò un fallimento. Ma questo non ha impedito agli appassionati di continuare a sperimentare. Ed eccoci arrivare al 2016, eletto come anno della realtà virtuale. L’anno del boom dei primi visori (economici) dedicati, quelli che sfruttavano gli schermi dello smartphone, come i Carboard di Google. Se oggi ancora non collezioniamo visori a casa, insieme a smartphone, tablet e oggetti intelligenti, è perché quella prima idea si rivelò limitante. Con esperienze poco immersive e molto statiche. Al contrario, esistevano ed esistono visori più potenti e professionali, che però necessitano della potenza di calcolo di un Pc. Anche qui, la strada si è stretta: chi può permettersi di acquistarli? La soluzione è una via di mezzo ed è quella più promettente: i cosiddetti visori stand alone. Capaci di immergerci, occhi e orecchie, in un altro mondo, permettono di muoverci senza cavi fastidiosi e di connetterci a Internet per scaricare nuove esperienze.

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Le applicazioni della VR nella scuola

I settori in cui questa tecnologia sfonderà sono i più disparati, dall’industria alla medicina. Quelli dove stiamo già vedendo i primi risultati concreti coinvolgono in primis l’intrattenimento. Il cinema, per esempio: da Venezia a Cannes tutti i più importanti Festival si sono dotati di una sezione VR. E poi i videogiochi, precursori in questo senso. Quello dove ci si aspetta una vera rivoluzione è però il settore dell’Education. Scuola, università e corsi di formazione avranno a disposizione uno strumento capace di mostrare ciò che viene spiegato. Senza bisogno di spostarsi. Non ha dubbi Richard Henderson, direttore delle soluzioni Education di Lenovo: «La realtà virtuale è uno strumento che accelera lo sviluppo di competenze. Ci sono grandi opportunità per rendere le lezioni più coinvolgenti, dunque più efficaci. La creazione di interesse è la chiave per l’insegnamento. E la realtà virtuale fa questo: stupisce, incuriosisce, avvicina a tematiche complesse».

Se il mondo virtuale ci insegna l’equità

Non solo: ci sono dei vantaggi laterali: «Innanzitutto crea equità, perché dà modo di sperimentare il mondo a tutti, anche a chi non può viaggiare. E poi può aiutare chi ha disturbi dell’apprendimento o legati alla socialità: crea per loro un ambiente sicuro». Si stima che entro il 2021 il 60% degli studenti universitari americani utilizzeranno la realtà virtuale. È solo l’inizio: «C’è lo stesso interesse in tutto il mondo. La realtà virtuale è fondamentale per trasformare l’istruzione», conclude Henderson.

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