15 ottobre 2020 - 07:00

Covid a Milano, Galli: «Poco tempo per invertire la rotta. Sugli ospedali pressione già molto forte»

Impennata di nuovi casi a Milano e in Lombardia. L’allarme del professore dell’ospedale Sacco. Il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana: «Non possiamo permetterci un blocco, ma qualcosa servirà»

di Gianni Santucci

Covid a Milano, Galli: «Poco tempo per invertire la rotta. Sugli ospedali pressione già molto forte»
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MILANO — Il doppio dei malati scoperti rispetto al giorno prima. I nuovi casi positivi al Sars-CoV-2, mercoledì in provincia di Milano, sono stati 1.032 (martedì erano 440); 504 contagiati in città (contro i 236 di 24 ore prima). Da un giorno all’altro è raddoppiato anche il numero dei tamponi.

Per «pesare» questi dati è dunque necessario esaminarli sotto un’altra ottica. Primo: l’epicentro dell’epidemia in Lombardia si è definitivamente spostato da Bergamo e Brescia alla metropoli: tra il 50 e il 60 per cento dei nuovi malati lombardi sono milanesi.

Secondo: sulla settimana, intervallo di tempo più adeguato per valutare l’espansione dell’epidemia, l’aumento appare massiccio. Se al 2 ottobre i casi scoperti in sette giorni erano 409, sono quasi raddoppiati nella settimana successiva (787 al 9 ottobre), e poi schizzati a 1.447 tra il 10 ottobre e ieri (dunque in soli 5 giorni). Ecco perché Emanuele Catena, direttore della terapia intensiva dell’ospedale «Sacco», riflette: «La situazione potrebbe potenzialmente diventare esplosiva e allarmante».

Il numero dei contagi resta soltanto un indicatore. Anche perché, avverte il direttore generale del Welfare in Lombardia, Marco Trivelli: «Il 92 per cento dei positivi ha pochi sintomi o addirittura nessuno. Per più della metà si tratta di persone sotto i 50 anni; 297 sono minorenni».

I segnali più neri su Milano arrivano incrociando altri elementi.

L’Rt, indice che misura la forza espansiva della malattia, ha toccato un livello molto al di sopra della soglia di rischio: dalla fine del lockdown, l’Rt di Milano è rimasto costantemente sotto l’1; è risalito oltre l’1,5 dopo Ferragosto, spinto dai contagi in vacanza; si è poi riabbassato, fino a metà settembre; ma negli ultimi giorni ha superato il 2. Significa che, in media, ogni malato contagia altre due persone.

Ancor più critica la situazione negli ospedali. «A preoccuparci è l’andamento dei ricoveri — continua il direttore della terapia intensiva del Sacco —. Da qualche giorno assistiamo a un aumento esponenziale delle richieste, tre giorni fa avevamo 4 ricoveri in più, poi ne abbiamo avuti 8 e ieri 11. La pressione è molto forte. Se immaginiamo di proiettare questo trend, nelle prossime settimane potremo trovarci con centinaia di pazienti ricoverati».

Delle 99 persone in più ricoverate ieri in Lombardia (in totale sono 645), quasi 80 sono a Milano. Gli ospedali della regione sono passati alla «Fase 2», cioè l’aumento dei letti di terapia intensiva fino a 150, mentre oggi sono assistiti 64 pazienti (28 solo a Milano). «Se si dovessero riempire tutti i posti, il progetto della Regione è di riaprire l’ospedale della Fiera di Milano», spiega Antonio Pesenti, coordinatore dell’Unità di crisi per le terapie intensive in Lombardia.

«Abbiamo pochissimo tempo per intervenire e invertire la tendenza — aggiunge Massimo Galli, responsabile di Malattie infettive del Sacco —. Ci rimangono quindici giorni per mettere in campo misure utili per invertire la tendenza». E di questo il presidente della Regione, Attilio Fontana, ha ragionato con il prefetto di Milano, Renato Saccone. Una riunione che a breve sarà estesa al sindaco Giuseppe Sala.

«Non possiamo permetterci un altro lockdown complessivo — ha detto Fontana, replicando alle ipotesi emerse in serata —. Potrebbe esserci la necessità di qualche misura ulteriore, ma non di più».

Ipotesi sul tavolo: ridurre i passeggeri sul trasporto pubblico scaglionando gli orari delle attività, chiusura anticipata degli esercizi pubblici, nuovi incentivi allo smart working.

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