Far arrivare i fondi europei
anche alle aziende familiari

risponde Aldo Cazzullo

shadow

Caro Aldo,
non ho capito bene come saranno spesi i soldi del Recovery Fund. In Italia la produzione industriale era in calo già prima del Covid. Le nostre piccole e medie aziende, spesso familiari, devono essere sostenute. Siamo sicuri che i fondi europei finiranno almeno in parte anche a loro?
Sandro Valenti Milano

Caro Sandro,
Lei pone un tema fondamentale. A oggi sappiamo che i miliardi del Recovery Fund saranno investiti in digitalizzazione, mobilità, innovazione, transizione ecologica… Ma queste sono formule da convegno. La realtà è che oggi non riusciamo a spendere i fondi europei, in particolare al Sud (ovviamente per colpa di Garibaldi, di Cavour e dei bersaglieri), perché l’Europa non finanzia assistenzialismo ma cantieri, start-up, progetti concreti.
Quali possono essere gli obiettivi? Un computer in ogni famiglia, ad esempio. L’alta velocità al Sud, compreso un collegamento diretto tra Calabria e Sicilia, ponte o tunnel che sia. Un piano contro il dissesto idrogeologico e per il «rammendo» delle periferie, per usare la definizione di Renzo Piano.
L’essenziale è che i soldi europei non facciano crescere il numero degli assistiti, ma dei posti di lavoro. Quindi è fondamentale che una parte vada a sostenere le aziende, incluse quelle familiari. Al riguardo ho letto un libro interessante, «Family business. Manuale di gestione delle imprese familiari», curato da Fabio Corsico con Chiara Acciarini ed Enzo Peruffo per le edizioni Luiss, con contributi di altri venti esperti. Ho scoperto ad esempio che il capitalismo familiare rappresenta due terzi del Pil degli Stati Uniti.
Digitalizzare le piccole e medie imprese consentirà ai produttori italiani di avere come mercato il mondo. Bisognerà anche incentivare fusioni e alleanze: per investire in ricerca e pure in pubblicità è necessario un certo peso specifico. Poi c’è da recuperare un concetto che nessun fondo europeo può procurare, ma che i nostri padri avevano chiarissimo: un’azienda non è una villa plurifamiliare, che può essere frazionata; occorre individuare nelle nuove generazioni un leader, che sappia evitare litigi interni e garantire continuità. Anche superando la tentazione di semplificare tutto vendendo l’impresa, magari all’estero.

Giorno Precedente Giorno Successivo

LE ALTRE LETTERE DI OGGI

Storia

«Una Scuola politica per formare la nostra classe dirigente»

Una Scuola che formi l’elitè senza scadere nell’elitismo. Questa la frase cardine che il prof. Sabino Cassese ha pronunciato recentemente dinanzi al board e al corpo docenti della Scuola Politica «Vivere nella Comunità» (a lui si deve la scelta del titolo della Scuola). Un progetto voluto dal prof. Pellegrino Capaldo (fra i suoi allievi Carlo Messina e Ignazio Visco) e sposato da amministratori delegati, manager internazionali, presidenti di partecipate dello Stato, professori universitari ed esperti professionisti. Per la prima volta in Italia vi è dunque una Scuola di formazione politica apartitica, dove l’ambizione è fornire strumenti e opportunità indispensabili per diventare classe dirigente adeguatamente preparata — al di là degli schieramenti politici — rimettendo al centro il tema delle competenze utili a governare bene un Paese. Per questo la Scuola, gratuita grazie al sostegno delle imprese, si rivolge ai giovani interessati alla politica, ma non solo. È destinata a chi vuole conoscere e approfondire le competenze necessarie, nel pubblico e nel privato, per partecipare attivamente ai processi di cambiamento del nostro Paese, dialogando con studiosi della politica e confrontandosi con figure apicali di realtà prestigiose come Fs, Enel, PosteItaliane, Sace, Leonardo, Cdp, Banca d’Italia, IntesaSanPaolo, Ansa, Sky ed altri. Investire nelle leve del futuro deve essere un punto di rilancio per il nostro Paese, un mattone necessario su cui ricostruire le fondamenta economiche e sociali di una nazione in difficoltà. Questo è il nostro impegno volontario e concreto per i giovani, che raccoglie il recente suggerimento di un altro illustre ex allievo del prof. Capaldo, tale Mario Draghi.
Marcello Presicci, membro fondatore della Scuola Politica

INVIATECI LE VOSTRE LETTERE

Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

MARTEDI - IL CURRICULUM

Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

Invia il CV

MERCOLEDI - L'OFFERTA DI LAVORO

Diamo spazio a un’azienda, di qualsiasi campo, che fatica a trovare personale: interpreti, start-upper, saldatori, liutai. 

Invia l'offerta

GIOVEDI - L'INGIUSTIZIA

Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica

Segnala il caso

VENERDI -L'AMORE

Chiediamo di raccontarci una storia d’amore, o di mandare attraverso il Corriere una lettera alla persona che amate. Non la posta del cuore; una finestra aperta sulla vita. 

Racconta la storia

SABATO -L'ADDIO

Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

Invia la lettera

DOMENICA - LA STORIA

Ospitiamo il racconto di un lettore. Una storia vera o di fantasia. 

Invia il racconto

LA FOTO DEL LETTORE

Ogni giorno scegliamo un’immagine che vi ha fatto arrabbiare o vi ha emozionati. La testimonianza del degrado delle nostre città, o della loro bellezza.

Inviateci le vostre foto su Instagram all'account @corriere