lotta al virus

Covid, tutte le analogie e le differenze tra la prima e la seconda ondata

I numeri dei contagi ci riproiettano indietro alla fase del lockdown, ma il tracciamento e i tamponi danno una visione più chiara del fenomeno

di Federico Mereta

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4' di lettura

I numeri sono chiari. A leggere le cifre di ieri, 1 ottobre, con 5.724 nuovi casi di positività, sembra di vivere in un viaggio a ritroso nel tempo, ritornando alla metà di aprile. Come se non bastasse, crescono anche le ospedalizzazioni, poco più di 200 ed anche i nuovi ricoveri in terapia intensiva. In questo senso, la situazione appare profondamente diversa rispetto ai primi mesi dell'epidemia, quando si è reso necessario il prolungato lockdown che ha consentito di scendere drasticamente con la diffusione del virus.

Occorre aumentare ulteriormente le strategie preventive

Per finire con le cifre, il rapporto percentuale tra nuovi casi e tamponi si è ormai attestato, ad oggi, attorno al 5 per cento. Ed è ben lontano quindi dal quasi 30 per cento dei periodi più bui della pandemia in Italia. Ma si tratta comunque di dati che debbono far riflettere e soprattutto aumentare ancora le strategie preventive, puntando sul tracciamento e non solo. Come detto, infatti, i numeri sono chiari. Ma le analogie in questo viaggio nel tempo sono quasi pari alle apparenti contraddizioni che disegnano una risposta sanitaria completamente diversa, pur se in alcune aree del Paese il “peso” della pandemia ricomincia a farsi sentire sugli ospedali.

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Cauda: siamo ancora nella prima ondata

Insomma, siamo nel pieno della seconda ondata, ma qualcosa sembra diverso. «Prima di tutto non parliamo di seconda ondata: come del resto dice l’Organizzazione Mondiale della sanità, siamo ancora nella prima ondata perché non c’è stato un calo tale di contagi da poter parlare di “ricomparsa” del virus Sars-CoV-2 - spiega Roberto Cauda, Ordinario di Malattie Infettive presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Sia chiaro: il virus circola con gli esseri umani e quindi il periodo di chiusura ne ha limitato la diffusione, tanto che abbiamo visto una sorta di “stagnazione” nei mesi di giugno e luglio per la successiva ripresa con agosto. Ma non dobbiamo pensare che il virus sia mutato o che siano cambiate le manifestazioni cliniche che induce: queste sono rimaste le stesse».

Più efficaci grazie a tracciamento e monitoraggio attivo

Eppure, anche se con numeri sovrapponibili, la situazione pur destando preoccupazioni appare diversa rispetto ai primi, durissimi mesi di Covid-19. L’esperto invita quindi a leggere le cifre con un occhio diverso. «Prima di tutto sono cambiate le condizioni generali: prima con i tamponi “reagivamo” al virus e ne facevamo molto meno e a persone che già avevano sintomi significativi, oggi grazie al tracciamento e al monitoraggio attivo siamo molto più efficaci - riprende Cauda -. Tradotto in parole semplici, allora si vedeva solo una minima punta dell’iceberg, più o meno il 10 per cento dei casi totali, mentre attualmente possiamo ipotizzare di identificarne il 50-60 per cento (la seconda percentuale è ottimistica) delle persone che hanno contratto l’infezione».

Il 20% dei contagi riferito agli asintomatici

Sfugge ovviamente ancora qualche caso, soprattutto di soggetti asintomatici che purtroppo possono trasmettere l’infezione: circa il 20 per cento dei casi di contagio sarebbe infatti da riferire a soggetti che non presentano alcun disturbo. «Questa situazione spiega anche perché la percentuale di tamponi positivi nelle prime settimane del lockdown si aggirava intorno al 30 per cento mentre oggi è molto più bassa. Ma dobbiamo lavorare molto, ed in questo senso andranno le limitazioni predisposte i cui effetti si vedranno comunque tra qualche settimana, per arrivare alla soglia dello 0,5-0,6 per cento da considerarsi ottimale in questa fase», aggiunge.

Trend in ascesa per ricoveri e degenti nelle terapie intensive

Insomma, pur se la matematica offre responsi apparentemente simili la differenza nel denominatore, il numero dei tamponi, rispetto ai casi riportati al numeratore, va tenuta presente. Soprattutto considerando quanto emerge dall’analisi dei test sierologici, che offrono la risposta alla domanda: nelle aree più colpite nella prima fase della pandemia, come la Val Seriana, la positività agli anticorpi raggiunge anche il 50 per cento, a riprova dell’impatto fortissimo della diffusione di Sars-CoV-2 nella zona. E quindi è particolarmente corretto parlare di iceberg. A preoccupare gli esperti, in ogni caso, sono anche i numeri relativi ai ricoveri e alla risalita dei degenti nelle terapie intensive. Anche in questo caso, siamo lontani dalle cifre di diverse migliaia di marzo-aprile scorsi, ma il trend è comunque in ascesa. E per questo è fondamentale contenere i contagi, anche attraverso misure “ad hoc” per questo obiettivo. «La disattenzione in vacanza ha creato un chiaro link epidemiologico, visto che i casi sono ripartiti nel mese di agosto ed ora dobbiamo rimediare, anche perché ci sono segnali che vengono dalla vicina Francia che mettono in guardia sotto questo aspetto», conclude Cauda.

Sale l’età media

Nell’Ile de France il 40 per cento dei ricoveri in rianimazione è legato a Covid-19. Se nelle scorse settimane da noi si vedevano soprattutto casi per lo più asintomatici tra i giovani, proprio per il meccanismo che ho descritto, progressivamente l’età media dei nuovi contagi si sta alzando ed ora siamo sopra i 40 anni. Si vedono comunque meno ospedalizzati, che rappresentano più o meno il 5-10 per cento del totale dei contagiati, ed anche meno persone in rianimazione. Ma se la cifra totale dei nuovi casi cresce inevitabilmente pur considerando questa percentuale, e soprattutto sale l’età media, i numeri di chi ha necessità di ospedalizzazione e di cure intensive sono destinati a salire, con conseguente possibile “sofferenza” degli ospedali. «Questo non possiamo permettercelo e per questo non si deve andare oltre». Se volete, quindi, chiamatela pure seconda ondata. E ricordate che se la tendenza venisse confermata in futuro c’è il rischio di un ritorno al passato davvero da evitare.


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