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Le signore del vino che puntano all’eccellenza

Le professioni del vino si declinano sempre più al femminile. Abbiamo scelto cinque donne che con fantasia e innovazione propongono nuove esperienze, dall’ospitalità al pic nic a tema, puntando sempre all’eccellenza. Qui ci raccontano come la raggiungono

Ella Capaldo: «Da Parigi a Sorbo Serpico: non tornerei mai indietro»

Ella Capaldo, 41 anni, direttrice marketing e ospitalità di Feudi di San Gregorio -Tenute Capaldo

«Ho cambiato vita a gennaio 2019, quando mio marito Antonio mi ha chiesto di occuparmi a tempo pieno dell’azienda di famiglia, Feudi di San Gregorio, a Sorbo Serpico, vicino ad Avellino. All’epoca mi occupavo di relazioni istituzionali in un’agenzia, seguivo con passione la politica. Anche lui, in passato, aveva un’altra vita nella finanza, ma già 10 anni fa aveva mollato per dedicarsi alla cantina fondata dagli zii nel 1986, e oggi prima azienda vinicola del Sud Italia. E così dopo aver vissuto a Parigi e Londra, oggi ci dividiamo tra Roma, dove studiano i nostri figli, e l’Irpinia. Il territorio è verdissimo, meraviglioso: i nostri 300 ettari di vigneto, divisi in 800 particelle, crescono in terreni molto diversi, dalla campagna alla montagna dove piove spesso, con escursioni termiche perfette per il vino. Abbiamo una vigna eccezionale che ha più di 150 anni ed è alta tre metri, stupenda.

Fuori dalle consuete rotte turistiche

Ogni anno vengono a trovarci 20-30mila ospiti, molto motivati, perché ci devono proprio cercare, siamo fuori dalle consuete rotte turistiche. Io mi occupo dell’accoglienza: abbiamo il ristorante Marennà da 1 stella Michelin, organizziamo visite guidate alla nostra cantina di design, progettata dall’architetto giapponese Hikaru Mori ed esposta già due volte alla Biennale di Venezia. Accanto abbiamo aperto poche settimane fa le prime cinque camere in una villetta immersa nel verde; le abbiamo pensate per chi viene a cena e vuole restare a dormire, anche se in realtà vediamo che viene tanta gente solo per stare in mezzo alla natura. Dal lockdown in poi, c’è tanto bisogno di vivere esperienze all’aria aperta: i pic nic in vigna, per esempio, funzionano molto bene. Per l’autunno pensiamo ad altre iniziative, come l’aperitivo al caminetto. Intanto ci aspetta la vendemmia, che da queste parti va avanti fino a novembre inoltrato. Il mondo del vino è sano, ha dei valori. Cambiare vita è stato semplice, perché mio marito mi ha motivato e ho trovato un team giovane e competente. Seguire il ritmo delle stagioni, guardare la luce nei filari, come cambia durante l’anno: no, non tornerei mai indietro».

Simonetta Doni: «L’etichetta è il biglietto da visita di un’azienda»

Simonetta Doni, fondatrice e titolare della Wine design agency Doni & Associati

Ho aperto lo studio nel 1975, all’inizio mi occupavo di grafica per i cataloghi d’arte. Un giorno alcuni amici mi chiesero di disegnare un’etichetta per la loro azienda di Chianti classico, nata nel 1475: volevano la storia della famiglia e il territorio ma con un’immagine più fresca, adatta a una nuova generazione di imprenditori. Dissi: ci vorrebbe un bel libro di 400 pagine. Ma la sfida mi appassionava e funzionò. Da lì è partito il passaparola e sono arrivati altri clienti che mi hanno permesso di dedicarmi a tempo pieno all’immagine del vino, soprattutto a quello di fascia alta. L’etichetta è fondamentale: c’è chi la chiede per una nuova cantina, ed è interessante perché può aiutarla a trovare un’identità precisa, con una collocazione giusta. C’è chi ha prodotti diversi scollegati tra loro, e vuole creare un fil rouge attraverso una nuova immagine riconoscibile.

L’etichetta gira il mondo e deve farsi notare

L’etichetta è il biglietto da visita del vino, gira il mondo e deve farsi notare, non può confondersi con altre. Soprattutto se il prodotto va nella grande distribuzione, e nello scaffale deve dare al cliente la certezza di aver trovato quello che cercava. Oltre all’etichetta c’è la bottiglia, il tappo in sughero ma soprattutto l’imballaggio, che è un veicolo pubblicitario da non sottovalutare, perché viene riutilizzato anche come arredo. Mi sono inventata una professione che non esisteva, e sono cresciuta da sola, con le mie forze. Amo questo lavoro, amo vedere se l’immagine che costruisco riesce a trasmettere emozioni.

Graziana Grassini: «Sono stata una pioniera»

Graziana Grassini, enologa

«Dopo il diploma tecnico in Chimica industriale, a Follonica, ho aperto un laboratorio di analisi agroalimentari. Non mi interessava l’industria, volevo seguire la produzione della mia terra. Ho sempre avuto questa passione: sono nata in campagna, la mia famiglia produceva vino per casa. Ho proseguito con gli studi e mi sono iscritta all’istituto tecnico agrario con la specializzazione in viticoltura ed enologia: volevo fare un lavoro pratico, lo studio universitario sarebbe stato troppo teorico per me. Preferivo stare nei campi, o meglio ancora in cantina. A scuola ero l’unica ragazza, e sono stata poi una delle prime donne a fare la consulenza alle aziende che producono vino, grazie a un professore che mi aveva proposto di seguire alcune ditte del Chianti. Ho avuto la fortuna di incontrare un grande maestro, Giacomo Tachis, padre dell’enologia italiana moderna, con il quale ho collaborato per 25 anni.

Dall’uva alla cantina

Il mio lavoro consiste nell’avere la responsabilità da quando l’uva entra in cantina alla bottiglia, mi occupo cioè di tutto il processo di trasformazione. Non solo in Toscana, ma in tutt’Italia: sono soddisfatta, lego il mio nome a marchi che valgono. Quando mi sono avvicinata a questa professione ero quasi l’unica donna. Poi con il riconoscimento della laurea in Enologia, nel 2000, le ragazze hanno cominciato a farsi vedere, soprattutto in cantina. E sono sempre di più».

Sarah Dei Tos: «Da noi si dorme nelle botti»

Sarah Dei Tos, 33 anni, Vittorio Veneto, azienda vitivinicola e agritrismo La vigna di Sarah

«Ho cominciato con il prosecco nel 2012, nei tre ettari di mio nonno. Nel 2015 sono passata al biologico – una passione che ho sempre avuto, grazie a mia madre – e dopo tre anni (il tempo necessario a far “disintossicare” il terreno) ho avuto la certificazione. Oggi in 18 ettari produco 200mila bottiglie all’anno di Conegliano Valdobbiadene Docg in 4 versioni. La vendemmia di quest’anno è stata buona; non tanto come quantità, ma come qualità. Nel 2014 ho aperto un agriturismo; all’inizio era una piccola struttura d’appoggio in un vecchio casale. Non avevo esperienza nel settore, me la sono costruita e pian piano mi sono allargata.

Tutto bio e a metri 0

L’idea delle due lunotte – si chiamamo così perché si trovano sulla collina Col di Luna – è nata per caso: sono grandi botti costruite da mio padre, che ha un’impresa di pavimenti in legno. Da bambina lo accompagnavo nelle foreste, lo seguivo in tutta la filiera, dagli alberi alla segheria, fino al prodotto: sono cresciuta tra i profumi del bosco, quello è il mio mondo e non potevo non affidarmi a papà. Per ora ne abbiamo due utilizzate come camere e una per la degustazione. Quest’estate abbiamo portato anche una botte sul lago di Garda, per i pic nic in vigna con i prodotti del nostro orto, le uova delle nostre galline, tutto bio e a metri 0. Un’altra andrà a Padova e affiancherà un ristorante. Quest’anno gli stranieri sono pochi ma sta crescendo il turismo italiano di qualità. Le idee non ci mancano; con il distanziamento e la gran voglia di fare moto all’aperto, abbiamo proposto la palestra in vigna, un successo. C’è stata anche la vendemmia notturna, per studiare gli influssi della luna e utilizzare le ore più fresche. In progetto abbiamo nuove camere e un ristorantino. Tutto bio, sempre. Ci tengo; quando vedo i miei figli correre tra i filari spero che il loro futuro sia in un mondo più pulito.

Giulia Sattin: «Le donne mi fanno i complimenti»

Giulia Sattin, 30 anni, wineinfluencer

«Sono architetta e urbanista; dopo la laurea, ho investito i miei primi guadagni in un corso per sommelier, ma non mi sarei mai aspettata di veder trasformata la mia passione in un lavoro! Invece è successo: ho iniziato a postare su Instagram le foto delle mie visite alle cantine, a comunicare il vino con le immagini, a recensire i ristoranti; sono stata una delle prime. Oggi ho 72mila follower e il sito winegirlfriend.it. Il lavoro è più complesso di quel che sembra, non metto una foto e via, parto da una cantina per far conoscere un territorio.

Una donna in un ambiente maschile

Mi piace abbinare i cibi giusti ai vini, dare consigli. E devo occuparmi della mia community! Mi seguono soprattutto uomini, ma le donne stanno crescendo, e spesso mi fanno i complimenti. Devo confessare che essere una ragazza non mi penalizza, neanche nell’ambiente prevalentemente maschile del vino. Conta l’esperienza e l’affidabilità, c’è molto rispetto per il mio lavoro. Ai produttori interessa sapere cosa bevono i giovani, conoscere i loro gusti. Ai ragazzi dico: altro che cocktail, un buon bicchiere di vino li batte tutti».

iO Donna ©RIPRODUZIONE RISERVATA