Procedure di crisi

Mercatone Uno, i fornitori puntano il dito contro il Mise per un commissariamento fallimentare

Assumono chiede vengano a galla le responsabilità politiche e si oppongono a una procedura liquidatoria che consente solo ai dipendenti di subentrare come azionisti negli asset rimasti

di Ilaria Vesentini

(Ansa)

3' di lettura

Dopo mesi di silenzio, tornano ad alzare la voce i fornitori di Mercatone Uno, riuniti da maggio 2019 nell’associazione Assumono per tutelare i loro crediti e diritti, di fronte alla notizia che il 23 novembre i commissari governativi intendono chiudere la procedura in continuità e passare alla liquidazione di quel che resta del gruppo distributivo di arredo-casa di Imola, dopo cinque anni di procedura fallimentare, «fallimentare anche nei risultati», è la sintesi del direttore William Beozzo. Di fronte alle probabilità molto scarse per i creditori di rientrare anche solo in parte delle somme che vantano e al diniego ricevuto in passato dal Mise alla proposta di convertire parte dei crediti in azioni per subentrare in una newco e rilanciare gli asset. Proposta che ora i commissari lanciano invece ai dipendenti, che in questi cinque anni di amministrazione straordinaria, a differenza dei fornitori, sono sempre stati tutelati da ammortizzatori sociali.

Un precipizio durato cinque anni

«Apprendiamo, non senza sorpresa, quanto dichiarato dai commissari straordinari in merito agli sviluppi della vicenda completamente sconosciuti ai creditori stessi – scrivono nero su bianco i fornitori in risposta all’articolo apparso su “Il Sole 24 Ore” il 6 ottobre che annunciava la fine del commissariamento -. Nella gestione della crisi Mercatone Uno ci siamo trovati di fronte a commissari (i primi nominati) che hanno moltiplicato i nostri crediti (che sono prededucibili, eppure non pagati), per cedere quindi l’attivo a Shernon, poi fallita, con atto di vendita che il Tribunale si appresta a dichiarare nullo. I nuovi commissari, pur ereditando l’amministrazione straordinaria dalla dichiarazione di fallimento della Shernon, hanno rifiutato di fare azione di responsabilità nei confronti dei predecessori, hanno tenuto aperta la procedura ma chiuso i punti vendita, togliendo anche le insegne e quindi svalorizzando il marchio».

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Per i fornitori dopo il danno, la beffa

In vista della scadenza del 23 novembre, data in cui scade la gestione straordinaria affidata da giugno 2019 ai commissari Antonio Cattaneo, Giuseppe Farchione e Luca Gratteri, e delle probabili conseguenze anche giudiziarie di tutto questo, si apre la possibilità di vendere ai dipendenti l’attivo convertendo i crediti, cedono i punti vendita «e tutto senza dialogare con i fornitori-creditori e senza che a questi sia dato sapere a che valore di realizzo. Inoltre i commissari dichiarano che la possibilità di liquidare i creditori va rimessa alla causa di Genova, ovvero all’azione civile contro i vecchi proprietari e manager del gruppo cui si imputa il dissesto», ricorda Beozzo.

Alla magistratura il verdetto sulle responsabilità del Mise

I fornitori chiedono risposte e chiarimenti e puntano il dito contro il ministero dello Sviluppo economico, perché i commissari straordinari non sono i veri responsabili, in quanto professionisti privati che fungono da braccio operativo del Governo, chiamato ora a rispondere di atti che hanno svalutato l’attivo e aumentato il passivo di Mercatone Uno in questi cinque anni. «Ci siamo fidati dello Stato e del Mise e ora ci domandiamo: chi sta vigilando, quale sorveglianza c’è stata e c’è? e dopo la scomparsa dalla scena del vicecapo di Gabinetto Giorgio Sorial, chi si occupa di verificare e tutelare i diritti di chi ha lavorato per sostenere un’azienda non propria in nome e per conto dello Stato?». La vicenda è tutt’altro che chiusa, insomma. E l’ultima (o la penultima) parola è probabile spetterà alla magistratura chiamata a fare chiarezza sulla colpevolezza di diversi protagonisti di questa triste – ma non isolata- telenovela di un grande gruppo italiano sull’orlo del crac che esce dalla procedura fallimentare conciato ancora peggio di come vi era entrato a causa della cura pubblica.

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