6 ottobre 2020 - 21:55

Trump e il coronavirus, la strategia non cambia: sottovalutare il virus pagherà alle urne?

Il presidente ha trasformato l’epidemia in un tema di identità culturale: difficile modificare la cultura e l’identità, sostiene William Galston della Brookings Institution

di Giuseppe Sarcina

Trump e il coronavirus, la strategia non cambia: sottovalutare il virus pagherà alle urne?
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dal nostro corrispondente
WASHINGTON — Scrive ilNew York Times che nei giorni scorsi alcuni consiglieri della Casa Bianca «avrebbero visto un’opportunità» nella malattia del presidente. Il quotidiano newyorkese non fa nomi e in fondo non servono. L’ipotesi è stata rapidamente affossata dai gesti simbolici e tweet di Donald Trump, appena rientrato alla Casa Bianca dal Walter Reed Medical Center. La strategia resta la stessa di prima. Per mesi il leader americano ha sottovalutato la pandemia e continuerà a farlo. È convinto di poter rimontare i sondaggi solo se terrà fede al personaggio pubblico, ormai un mito per i suoi fan, che ha costruito negli ultimi cinque anni. Nota sul Washington Post William Galston, esperto di governance alla Brookings Institution: «Trump ha trasformato l’epidemia in un tema di identità culturale e la cultura e l’identità sono molto più difficili da modificare, rispetto a una proposta politica». E anche se il Covid-19 minaccia la sua salute, Trump non cambierà né i toni, né il messaggio di fondo. L’alternativa sarebbe riconoscere di aver sbagliato tutto negli ultimi nove mesi. Ma per Trump questo equivarrebbe a una resa senza condizioni a Joe Biden. Impensabile. Tanto che il presidente è già tornato all’attacco, riesumando addirittura slogan e dichiarazioni dello scorso inverno. Del tipo: «Ogni anno l’influenza fa più morti del Covid, eppure non abbiamo mai chiuso il Paese».

Il leader americano si consulta con una specie di «gabinetto di guerra». Ne fanno parte consiglieri ufficiali come Jared Kushner e Ivanka Trump, il capo dello staff Mark Meadows, ma anche advisor informali, come Rudy Giuliani e l’ex governatore del New Jersey Chris Christie. In questo momento nella Washington conservatrice non c’è nessuno in grado di immaginare una linea alternativa a quella dettata dalla Casa Bianca. I senatori più in vista sono allineati. A cominciare dal leader Mitch McConnell e dall’ex rivale per la nomination Ted Cruz. Tutti e due si preparano ad affrontare una delicata tornata elettorale rispettivamente in Kentucky e in Texas. Possono presentarsi alle loro basi sostenendo che sarebbe stato meglio chiudere per tempo l’economia? Cruz è stato tra i più pronti a festeggiare il rientro del «Commander in chief» e tra i più decisi a teorizzare «un’offensiva totale» contro i democratici. Ma il problema è capire se questo schema identitario e psicologico, prima ancora che politico, pagherà alle urne. È una scommessa ad altissimo rischio, se non altro perché i medici, pur tra reticenze e depistaggi, non hanno ancora dichiarato Trump «fuori pericolo».

Stando alle rilevazioni della Cnn,al 56% degli americani non piace come il presidente sta gestendo l’emergenza sanitaria. Non è sorprendente. Osserva il politologo Ian Bremmer: «La pandemia non è mai stata un terreno favorevole per lui. Vedremo cosa succederà ora che è rimasto contagiato. Se non sarà un caso grave e quindi si riprenderà rapidamente, potrà comportarsi come il leader brasiliano Jair Bolsonaro, cioè dimostrare che alla fine il Covid non è poi questa gran cosa». Tuttavia, aggiunge Bremmer, «a Trump tutto ciò non basterebbe per vincere le elezioni». Nelle scorse settimane il clan dello Studio Ovale aveva cercato di imporre altri temi. La dottrina «law and order», inossidabile richiamo per i moderati e gli indecisi, impressionati dai disordini causati da piccole frange di dimostranti. Oppure le misure per il rilancio dell’economia. Anche adesso, sostiene ancora Bremmer, Trump avrebbe bisogno di spostare l’attenzione, «ma presto, perché Biden sta accumulando un vantaggio consistente, anche nella raccolta delle risorse finanziarie per lo sprint finale».

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