6 ottobre 2020 - 09:19

«Soffro di palpitazioni anche a riposo potrei avere un problema al cuore?»

Se gli esami cardiologici sono completamente normali i fastidiosi disturbi sono molto probabilmente benigni. Ma è sempre opportuno adottare uno stile di vita sano

di Massimo Mapelli

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Sono una donna di 41 anni. Da 2 mesi soffro di palpitazioni a riposo, arrivando fino a 103 battiti al minuto, ho fatto ecocardiogramma ed elettrocardiogramma: tutto negativo. Ho sempre condotto una vita sana, andando anche in palestra. Mi domando; questi battiti accelerati, così fastidiosi, indicano che prima o poi (e magari non tanto «poi» ) soffrirò di una patologia cardiaca? Il mio cardiologo mi ha detto di non utilizzare betabloccanti, mentre la dottoressa che mi ha fatto l’ecocardiogramma ha detto che avrei potuto. Che cosa devo fare? Sono molto ansiosa, ho paura che mi succeda qualcosa.

Risponde Massimo Mapelli, Unità Scompenso, Cardiologia Clinica e Riabilitativa, Centro card. Monzino IRCCS, Milano.

Lo scorso anno il New England Journal of Medicine, il giornale medico più prestigioso del mondo, ha pubblicato uno studio clinico in cui un ampio numero di persone (419.297, tutte senza una cardiopatia nota) è stato sottoposto a un monitoraggio attraverso uno «speciale» Smartwatch, un orologio di nuova generazione, con moltissime funzioni in grado, tra l’altro, di registrare una traccia elettrocardiografica in maniera simile a quanto facciamo ogni giorno, ma soltanto per pochi secondi, nei nostri ambulatori.

Controlli con «speciali» Smartwatch

La presenza di aritmie rilevanti in queste persone è risultata estremamente bassa; significative anomalie del ritmo cardiaco sono state registrate soltanto nello 0,52% dei soggetti analizzati. Dal punto di vista medico questi dati rendono poco giustificabile (se non del tutto futile) il ricorso a massicci programmi di monitoraggio e screening in persone che non hanno segni o sintomi davvero compatibili con una cardiopatia, quali la fibrillazione atriale o altre aritmie più o meno maligne.

Studio rassicurante

Si può dire che questo studio abbia «rassicurato» riguardo alla presenza (o meglio all’assenza) di cardiopatici nella popolazione e abbia quindi, in linea più generale, indotto a un maggior «ottimismo». Questo ci riconduce al suo caso. La presenza di un elettrocardiogramma e di un ecocardiogramma completamente normali, come sono i suoi stando a quello che si riferisce nella sua lettera, ci permette di rassicurarla sulla natura degli episodi fastidiosi: sono molto probabilmente benigni, senza caratteristiche di una possibile evoluzione in una cardiopatia e forse legati «semplicemente» a uno stato ansioso tipico del suo carattere, stando sempre a quanto lei ci riferisce.

Distinguere ansie da sospetti clinici

Tuttavia, numeri e percentuali sono armi a doppio taglio se rapportate a un singolo paziente, e lei stessa mi potrebbe rispondere, se andasse a leggere lo studio sopra citato, che sono ben 2.161 i soggetti in cui si sono riscontrate aritmie clinicamente rilevanti. Come avrà capito, occorre sempre trovare la giusta via per distinguere tra ansia del paziente e sospetto clinico. E non è semplice; ma già sapere che in termini probabilistici il suo cuore non ha nulla che non vada può essere di grande conforto.

Test non invasivi

Discuta con il suo medico di famiglia o con il cardiologo l’opportunità di sottoporsi a qualche ulteriore test non invasivo (monitoraggio elettrocardiografico o test da sforzo), ma nel frattempo eserciti il suo muscolo più difficile da allenare: l’ottimismo. Quindi continui con il suo regime di vita sano (appena sarà possibile farlo, torni regolarmente a frequentare la palestra), provi ad assumere eventualmente blande dosi di betabloccante (a scopo puramente sintomatologico) e si consideri assolutamente sana, almeno fino a prova contraria.

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