5 ottobre 2020 - 22:47

Alice Brignoli, la vedova dell’Isis da Bulciago a Raqqa: «La Siria non era come pensavo»

Alice Brignoli: la fuga in Siria con i figli, il marito ucciso, la resa: «Ci portarono via sul carro bestiame»

di Giuseppe Guastella

Alice Brignoli, la vedova dell'Isis da Bulciago a Raqqa: «La Siria non era come pensavo»
shadow

Più di 3.400 chilometri a tappe forzate su una vecchia macchina attraverso i Balcani, i proiettili dell’esercito turco che fischiano sulle loro teste mentre, trascinandosi dietro i tre figli, passano di notte il confine con la Siria accecati dal sogno dello stato islamico e della guerra all’Occidente, lo stesso che si trasformerà nell’incubo dei campi profughi e del carcere in Italia. Arrestata in Siria per terrorismo internazionale dopo la morte del marito sotto le bombe, trasportata in Italia Alice Brignoli racconta 5 anni di vita e guerra nel Califfato ai pm milanesi Francesco Cajani e Alberto Nobili che la interrogano per la prima volta.

La donna, 42 anni, ha lasciato Bulciago (Lecco) il 21 febbraio 2015con il marito disoccupato e i loro tre bambini (allora di 6, 4 e 2 anni) ai quali se ne aggiungerà un quarto nato in Siria. Ammette di aver condiviso le idee integraliste del marito Mohamed Koraichi. «Mi disse che voleva partire per la Siria per rispondere all’appello di al Bagdadi (giugno 2014, ndr.) di recarsi nei territori del proclamato Califfato», dichiara rispondendo alle domande dei magistrati assistita dall’avvocato Carlotta Griffini. Si era radicalizzato sul web, dice. «Abbiamo preso quello che c’era in casa», e sono partiti su una vecchia Citroen Xara con i tre bambini e la spesa fatta al supermercato. I Carabinieri del Ros seguiranno le loro tracce in Bulgaria e in Turchia fino a pochi chilometri dal confine con la parte della Siria allora in mano all’Isis. Lì il marito incontra un uomo che «fa da intermediario con quelli dell’Isis». Fornite le credenziali di jihadista avute chissà come, ottiene l’autorizzazione ad entrare nel Califfato.

L’attraversamento del confine

«Arrivarono due persone con una macchina. Mio marito mi disse di prendere solo lo stretto necessario, anche perché dovevamo camminare. Era notte e ci lasciarono a 20 minuti circa (dal confine, ndr). C’erano ad aspettare anche altre cinque famiglie con figli piccoli come i nostri e donne, se ben ricordo, francesi dal loro accento». Il gruppo si avvia a piedi per un difficile cammino di due ore. «Dovevamo stare attenti, c’erano i controlli dell’esercito turco». Fino al confine. «Abbiamo tagliato un filo spinato e abbiamo sentito degli spari, nessuno è rimasto ferito». Ancora a piedi finché non li recupera un pulmino che li porta a Tel Abiab da dove andranno a Raqqa, sede del quartier generale Isis, e da lì a Resafa dove Mohamed verrà addestrato alle armi e indottrinato ulteriormente.

Vita quotidiana nei territori dell’Isis

Qual era la vostra vita, chiedono i pm. «All’inizio era tranquilla a Raqqa, io a casa con i figli che andavano a scuola». Condivideva le scelte del marito. «Sapevo che se si cresceva in quell’ambiente anche per i miei figli, con il tempo, sarebbe arrivato il momento dell’addestramento: ne ero consapevole e concordavo anche su questo». Mohamed viene incorporato in un battaglione. «Per tre volte nel primo anno non ha partecipato a combattimenti veri ma solo ad azioni militari come supporto logistico», dichiara Alice provando a confutare l’accusa di aver supportato un uomo agli ordini dell’Isis, che ha partecipato ad «azioni violente». Anzi, dice, Mohamed lascia il battaglione «perdendo il sussidio, meno di 100 dollari al mese, che riceveva dallo Stato». Per riaverlo si arruola in un reparto che ripara mezzi militari.

La decisione di consegnarsi

Con l’avanzare dei curdi sul suolo siriano la situazione precipita: «Ci siamo spostati a Medine (così la cita, ndr) perché a Raqqa era iniziato l’attacco militare. Mio marito aveva forse capito che qualcosa stava cambiando in senso militare e che era oramai impossibile ritornare a casa. Abbiamo passato un altro anno e mezzo in questa situazione e poi anche Medine è stata attaccata». La ritirata dell’Isis in rotta li trascina in un’altra area dove «mio marito è stato ferito alla testa da un pezzo di bomba». Il verbale non mitiga il senso di sconfitta. «Appena iniziata la tregua abbiamo deciso di consegnarci (...). Arrivarono camion bestiame per portarci via e consegnarci al campo» di al-Hawl, Nord della Siria. Era il 21 marzo 2019. «A giugno c’è stato un nuovo controllo e sono stata incarcerata per due mesi e dieci giorni, sempre insieme ai miei figli e con altre donne e bambini. Alla fine siamo stati trasferiti in un altro campo».

I pm Cajani e Nobili, che guda il pool antiterrorismo, e i Ros vogliono sapere se ha conosciuto lì altri foreign fighters italiani. Brignoli tentenna, poi assicura di averconosciuto solo un’italiana di origine tunisine. Ha ancora paura dell’Isis. Sarà interrogata di nuovo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT