100 anni fa la prima legge sull'aborto. Quanto è a rischio questo diritto oggi?

A 100 anni dalla prima legge sull'interruzione di gravidanza il diritto all'aborto sembra sempre più a rischio nel mondo
100 anni fa la prima legge sull'aborto. Quanto è a rischio questo diritto oggi

L’ultimo caso viene dal Piemonte che dice no alle linee guida sull’aborto farmacologico emanate in agosto dal Ministero della Salute. La circolare regionale prevede il divieto di aborto farmacologico direttamente nei consultori, si potrà fare solo in ospedale. Saranno medico e direzione sanitaria a decidere le modalità di ricovero.

Non è un caso isolato. Mai come in queste settimane sono quotidiane le notizie sul diritto all’aborto e su quanto spesso sia negato, molte volte facendo proprio riferimento anche nella negazione del diritto proprio alla legge che lo sancisce in Italia: la 194 del 1978.

In Piemonte come in Umbria non viene garantito il diritto all’aborto farmacologico senza ricovero. Secondo il quotidiano dei vescovi italiani, Avvenire, le nuove linee guida sull’aborto farmacologico sono una violazione della Costituzione e non rispettano la legge che ha istituito i consultori, nati per «la tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento».

L’altro caso è quello del cimitero dei feti. Una donna ha scoperto che al cimitero Flaminio di Roma c’è una croce con sopra il suo nome, c’è seppellito il frutto del suo aborto terapeutico. Anche per le altre 150 croci c’è un nome, ma nessuna di queste donne ha dato il consenso a metterlo. È negato così il diritto alla privacy e c’è criminalizzazione delle donne che ricorrono all’interruzione di gravidanza che è un loro diritto.

La prima legge che legalizzava l’aborto risale a 100 anni fa. Era un Decreto sulla salute delle donne promulgato nell’ottobre 1920 dall’Unione Sovietica. Da allora molti altri paesi hanno adottato leggi sull’interruzione di gravidanza, ma ce ne sono ancora 16 al mondo dove è illegale e altri 30 che lo considerano legale solo in caso di pericolo di vita della donna.

Anche dove l’aborto è legale gli ostacoli sono all’ordine del giorno. Negli Usa diversi stati stanno cercando di promulgare leggi più restrittive, l’Argentina ha detto no a una nuova legge. In Italia circa il 70% dei ginecologi sono obiettori di coscienza e questo lede e limita il diritto all’aborto.

«La percentuale media di ginecologi obiettori in Italia media è del 69% con picchi del 91% in alcune Regioni e la quota degli ospedali in cui si rende usufruibile l’interruzione di gravidanza è del 64,9% e non del 100% come dovrebbe essere, in base all'Art. 9 della Legge 194/78», spiega Silvana Agatone, presidente di Laiga, Libera associazione italiana ginecologi per applicazione della Legge 194.

«L’aborto terapeutico, ovvero quello dopo i 90 giorni a causa di malformazioni del feto o pericolo per la salute della madre, viene eseguito solo in pochissime città italiane da pochissimi ginecologi», aggiunge Agatone che ribadisce anche l’inutilità del ricovero obbligatorio di tre giorni in ospedale. «In Francia è da 15 anni che le donne ricevono il farmaco dal loro medico di famiglia e lo assumono a casa, poiché è stata confermata la mancanza pressoché totale di rischi».

Secondo Agatone «esiste un movimento politico che attacca fortemente l’aborto sicuro e cerca di far diventare sempre più difficile usufruirne. Ma così si obbligano le donne o alla tortura di portare avanti gravidanze non desiderate o a far tornare le donne a rischiare morire di aborto clandestino».

LEGGI ANCHE

Cimitero dei feti, l'avvocata La Torre: «Ennesima violenza sulle donne»

LEGGI ANCHE

Emma Marrone intervista Emma Bonino. Io non lo farei, ma non vuol dire che tu

LEGGI ANCHE

Pillola abortiva, l’ira dei vescovi: superato il limite

LEGGI ANCHE

Aborto, a Marsala istituito il «registro dei bambini mai nati»

LEGGI ANCHE

Aborto farmacologico: annullato l'obbligo di ricovero, le nuove linee guida

LEGGI ANCHE

Aborto farmacologico, il ministro Speranza: «Non serve ricovero»

LEGGI ANCHE

Messico, la Corte suprema vota contro la depenalizzazione dell’aborto