3 ottobre 2020 - 16:58

Rifle, il tribunale dichiara fallimento. Il brand italiano di jeans va all’asta

Raffaello Napoleone, ceo di Pitti: la crisi acuita dal Covid 19. Speriamo che si possa trovare una soluzione per un marchio storico che dà lavoro a quasi 100 persone

di Maria Teresa Veneziani

Rifle, il tribunale dichiara fallimento. Il brand  italiano di jeans va all'asta
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Il Tribunale di Firenze ha dichiarato il fallimento della Rifle & co., storica azienda di moda con sede a Barberino di Mugello (Firenze), che conta complessivamente 96 dipendenti fra la sede e i negozi in Italia. Lo rendono noto le organizzazioni sindacali di categoria Filctem Cgil e Femca Cisl. La Rifle era nata nel 1958 per iniziativa dei fratelli Giulio e Fiorenzo Fratini (oggi scomparsi), che fecero diventare il brand un simbolo di qualità italiana riconosciuto nel mondo. Dopo anni di crisi, pur con investimenti importanti anche da fondi esteri subentrati nel 2017, «l’azienda non ce l’ha fatta a uscire dal tunnel, certamente reso ancora più buio dalla pandemia mondiale», sottolineano i sindacati.

Da tempo l’azienda era in difficoltà, ma nel 2017 aveva tentato un rilancio con Sandro Fratini, figlio del fondatore Giulio, che fece entrare nel capitale alla società svizzera Kora, per una quota del 44 per cento, salita al 55% nel 2018. La famiglia Fratini, passata in minoranza, lasciò tutte le cariche sociali come accade in questi casi e alla guida dell’azienda arrivò Franco Marianelli. Il bilancio del 2018 ha registrato una perdita di 3,3 milioni di euro su 16 di fatturato. A maggio 2020 l’azienda aveva presentato la domanda di concordato al Tribunale di Firenze e la richiesta di soccorso alla regione Toscana. Ma non è bastato. Ora i dipendenti guardano a una vendita all’asta.

«Rifle è un marchio storico, e una della prime aziende che hanno realizzato jeans in Italia, attraversando momenti di grande successi — sottolinea Raffaello Napoleone, amministratore delegato di Pitti Immagine, il salone dove il brand è stato protagonista. La crisi adesso è arrivata al suo apice anche in conseguenza delle difficoltà congiunturali del settore abbigliamento e tessile legate al Covid-19. Speriamo che il marchio possa tornare sul mercato: che si possa trovare una soluzione tenuto anche conto di tutte le persone che ci lavorano».

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