2 ottobre 2020 - 07:23

La moglie di Calenda, Violante Guidotti Bentivoglio: «Sul comodino conservo la lettera di chi mi donò il midollo»

La moglie di Calenda lavora per la prevenzione: investire in sanità. E racconta dell’«angelo», un ragazzo di 19 anni, che l’ha restituita alla vita

di Cesare Zapperi

La moglie di Calenda, Violante Guidotti Bentivoglio: «Sul comodino conservo la lettera di chi mi donò il midollo»
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L’angelo che l’ha restituita alla vita non ha un nome né un volto. Ma quel ragazzo di 19 anni che le ha donato, per puro gesto di altruismo, il midollo osseo, unica speranza che le era rimasta per vincere la leucemia, è sempre lì con lei. «La prima lettera che mi ha mandato l’ho incorniciata ed è sul comodino. Ogni sera, prima di coricarmi, le rivolgo uno sguardo di gratitudine». Violante Guidotti Bentivoglio, moglie dell’ex ministro Carlo Calenda, prova una profonda riconoscenza per quel donatore («mi ha ridato la vita e i miei tre figli»), con cui non potendo conoscerlo per legge si è scambiata 4-5 lettere attraverso gli ospedali, ma deve soprattutto a se stessa, alla sua energia, alla sua caparbia determinazione, se la discesa in una terribile combinazione leucemia-tumore al seno si è trasformata nella risalita fino a una nuova dimensione di vita che la vede testimonial impegnata ad aiutare con il suo esempio chi sta affrontando i tornanti della malattia.

Sono passati tre anni da quel 29 agosto del 2017. E lei che per prima non volle capire, perché non lo accettava, il «verdetto» dei medici («ho avuto bisogno di due giorni»), oggi è in prima linea a raccontare che «non bisogna cadere nel dramma esistenziale». Anche se nel giro di una settimana ti diagnosticano una leucemia e un tumore al seno. «Mi sono sentita una scialuppa in balia di una tempesta terribile» spiega Violante Guidotti Bentivoglio. «All’improvviso ho scoperto di avere un corpo impazzito». Sono giorni drammatici: in gioco c’è la propria vita. Bisogna fare scelte difficili, ingaggiare un corpo a corpo con la malattia e le sue ricadute. C’è una bussola: la verità. A tutti i costi: non nascondere nulla né a sé né agli altri. «Non ci si deve vergognare e tantomeno nascondere. La malattia non è uno stigma. Va affrontata a viso aperto». Di qui la scelta condivisa con il marito di spiegare la ragione di un parziale passo indietro dall’attività politica per concentrarsi sui figli. Condivisione poi allargata agli amici e alla scuola. «La malattia ha assunto quasi una dimensione collettiva».

Non è stata certo una passeggiata: la chemioterapia, la perdita dei capelli, il corpo che non controlli più, il trapianto. Esami su esami, l’attesa e il timore ogni volta di vedere risultati sconfortanti. E quella domanda: «Perché proprio a me? Che colpe ho? Mi sono tormentata per notti intere, un rovello infinito». Violante Guidotti Bentivoglio dice che proprio quel quesito irrisolto è stato una molla che ha segnato la svolta. «Ho capito che erano energie e tempo buttati. Ho incanalato la rabbia e la paura verso sentimenti positivi». Sempre con la solita bussola: la verità. «Bisogna darsi vita guardando in faccia la realtà. Ci sono momenti in cui ti tengono in vita i medici. Ma tu non devi desistere mai, anche se il dolore è annientante». E qui scatta la solidarietà. «In ospedale con le compagne di stanza si creano amicizie e legami indissolubili. Ci si aiuta e ci si conforta a vicenda. C’è la consapevolezza che non è una gara a chi ce la fa e chi no. Ma quando vedi che una compagna di stanza si rialza anche tu ricominci a respirare...».

Oggi che le condizioni di salute sono buone, Violante Guidotti Bentivoglio mette la sua storia a disposizione. Va in tv e racconta. E batte continuamente su un tasto: la prevenzione. «È il solo modo di ridurre i casi e le conseguenze di quelli che vengono scoperti». Per questo ora lavora con la branca italiana di Komen, la più grande onlus internazionale per la prevenzione del tumore al seno. È l’unico momento in cui le capita, lei con quel marito, di parlare di politica: «I soldi del Mes sono fondamentali. Per il Covid molte visite oncologiche sono state rinviate. Per una mammografia servono anche 13 mesi di attesa. Abbiamo bisogno di investire sulla sanità».

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