1 ottobre 2020 - 07:35

Domani su 7, rock, affetti, paure: una vita da «Liga» (non più mediano)

Sul magazine in edicola venerdì, il musicista e regista emiliano svela in anteprima i temi dell’autobiografia artistica per i 30 anni di carriera. Via al ciclo d’interviste sulle ri-Generazioni

di Micol Sarfatti

Domani su 7, rock, affetti, paure: una vita da «Liga» (non più mediano)
shadow

I successi, l’idea di ritirarsi, i ripensamenti. Il cantante, ma pure scrittore e regista, Luciano Ligabue si racconta sulla copertina di 7, il magazine del Corriere della Sera in edicola domani. Alla vigilia dell’uscita dell’autobiografia artistica per i 30 anni di carriera scritta con Massimo Cotto È andata così (Mondadori) il rocker ripercorre con Pasquale Elia i momenti più importanti della vita e della carriera, seguendo i titoli dei suoi successi. «Vivo morto o X è perché mia madre mi ha ridato la vita per ben tre volte», racconta. «La prima durante il parto in casa, la seconda a due anni con una pertosse e una appendicite, poi di nuovo dopo un’operazione alle tonsille. Questa è la Rina, una donna straordinaria». Hai un momento Dio è il momento in cui Ligabue ha sentito il bisogno di «venire via da una religione che si basa soprattutto sul dolore e sui sensi di colpa. Anche se continuo ad avere un forte bisogno di spiritualità. Non sempre da indirizzare verso una entità precisa».

I dandy del Congo

Oltre alla paura di restare soli Certe notti c’è anche quella sprecare il tempo e il Giorno di dolore più forte è stato la morte del padre. Dopo 30 anni di carriera, e 60 di esistenza, il bilancio del Liga non è quello di un mediano, ma di un fantasista «che cerca di strappare un ooh! al pubblico». Il portfolio fotografico, in chiusura della sezione rossa dedicata alla vita pubblica, racconta con le parole di Chiara Mariani i dandy del Congo. Gli scatti di Tariq Zaidi, ex manager londinese con dottorato in Scienze, immortalano i Sapeurs, uomini e donne di tutte le età che di giorno svolgono lavori ordinari e di sera si trasformano con abiti di stilisti come Dior e Yves Saint Laurent. Un modo per riappropriarsi dei codici culturali dei colonizzatori prendendoli in giro e per esibire un’eleganza originale.

Domani su 7, rock, affetti, paure: una vita da «Liga» (non più mediano)

Da rifugiato a scrittore

Nella sezione blu, dedicata alle vite private, Jonathan Bazzi, autore di Febbre (Fandango) e finalista al Premio Strega, intervista lo scrittore kosovaro Pajtim Statovci. È il primo dialogo di una serie che declina in modo più largo possibile il tema delle ri-Generazioni, storie di chi sperimenta nuovi equilibri. Statovci si è trasferito in Finlandia, da rifugiato, con la famiglia quando aveva due anni e racconta di aver tenuto la sua lingua materna «nascosta come un segreto militare». Nel suo romanzo più recente Le transizioni (Sellerio) affronta il tema del desiderio ed è stato premiato l’Helsinki Writer of the Year

Le donne (nere) del jazz

Di nuovo musica nelle pagine senape di guida al tempo libero: Ariel Pensa ricorda la straordinaria storia di Helen Jones, jazzista licenziata dalla Omaha Symphony Orchestra in Nebraska perché nera. Per 30 anni ha lavorato come infermiera e assistente sociale e non ha suonato mai più. Nemmeno quando negli Anni 80 ci fu una reunion delle Sweethearts of Rhythm, la band femminile di cui aveva fatto parte. Lo scorso 15 luglio è morta in Florida per coronavirus.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT