ROMA. La riforma fiscale arriverà con una legge delega entro dicembre ed entrerà nel vivo l’anno prossimo grazie ai decreti legislativi. Ma in manovra ci sarà un anticipo: il governo lavora infatti a un taglio di tasse ben oltre i 10 miliardi di euro da presentare il 15 ottobre a Bruxelles e cinque giorni dopo in Parlamento. La legge di bilancio stanzierà 6 miliardi per le famiglie con figli, 2 per stabilizzare il taglio del cuneo fiscale (il bonus 100 euro per i redditi fino a 40 mila) e 2-3 miliardi per la decontribuzione triennale al 100% per i contratti stabili degli under 35 e al 50% per gli altri. Così si arriva almeno a 11 miliardi e a questi soldi ne vanno aggiunti altri 5 per la proroga dello sconto del 30% per le assunzioni nel Mezzogiorno, risorse che però potrebbero rientrare nel Recovery plan perché finanziate direttamente dall’Europa. Il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, è stato chiaro: tra margini di deficit e anticipo dei fondi del programma Next generation si raggiungono 40 miliardi. Una «espansione fiscale molto significativa», l’ha chiamata, per puntare sugli investimenti pubblici e privati e rendere strutturale industria 4.0.

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La Nota di aggiornamento al Def, che ieri sera ha fatto un passaggio a Palazzo Chigi e sarà approvata dal Consiglio dei ministri di lunedì, prevede per quest’anno un prodotto in caduta del 9%, il deficit al 10,8% e il debito al 158%. Nel 2021 la crescita rimbalzerà al 6%, il deficit calerà al 7 e il debito proseguirà una traiettoria discendente per tutto il triennio. Gualtieri ha spiegato che il deficit al 7% è stato deciso nonostante l’indebitamento tendenziale fosse al 5,7%. È questa dunque «la spinta di bilancio» pari all’1,3% del pil che consente margini per altri 23 miliardi. Una scelta sulla quale Pd e Movimento 5 stelle hanno stretto un «accordo politico» perché i giallorossi sono convinti che gli stimoli all’economia non vadano attenuati troppo presto, soprattutto ora che si stanno vivendo i primi segnali di ripartenza nonostante la perdurante incertezza dovuta alla seconda ondata del virus.

Questa espansione fiscale, peraltro, serve anche per rafforzare il rimbalzo della crescita dal 5,1% a politiche invariate al 6%.

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Sul fisco le posizioni della maggioranza restano distanti e l’ipotesi tedesca dell’aliquota continua (calcolata da un algoritmo per ogni contribuente, superando così i 5 scaglioni fissi) piace sì a Pd e Leu, però trova freddi i pentastellati e contrari i renziani. Gualtieri continua a caldeggiare per questa modello ma dovrà fare i conti con Italia viva.

È Luigi Marattin, presidente della commissione Finanze di Montecitorio e responsabile economico di Iv, a ricordare la posizione del suo partito: «Abbiamo detto in tutti i modi che non siamo d’accordo sul sistema tedesco. Vorremmo fare questa discussione nelle riunioni e nei seminari con numeri e idee, ma se proprio si insiste a volerla fare sui giornali, ribadiamo il no». Non è un mistero che Luigi Di Maio e Matteo Renzi preferiscano una riduzione degli scaglioni e magari un accorpamento di quelli centrali del 38% e del 41% per favorire il ceto medio.

Tra le coperture torna la razionalizzazione delle tax expenditures e sul tavolo del governo è spuntato un tetto alle detrazioni per i redditi sopra i 55 mila euro.

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