27 settembre 2020 - 23:41

Trump, il New York Times pubblica le dichiarazioni dei redditi: «Ecco le tasse pagate negli ultimi anni»

Il New York Times è riuscito a entrare in possesso delle dichiarazioni dei redditi del presidente: Trump ha pagato 750 dollari di tasse federali l’anno in cui divenne presidente, altri 750 l’anno dopo, e zero per 10 dei 15 anni precedenti

di Giuseppe Sarcina

Trump, il New York Times pubblica le dichiarazioni dei redditi: «Ecco le tasse pagate negli ultimi anni»
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Dal nostro corrispondente
WASHINGTON — Il presidente miliardario ha pagato 750 dollari di imposte nel 2016, l’anno della sua elezione, e altri 750 nel 2017. Per dieci anni su quindici precedenti non ha versato neanche un centesimo al fisco. In media ha corrisposto 1,4 milioni di dollari all’anno, rispetto ai 25 milioni di dollari liquidati dalla sua categoria di ricchi contribuenti. Sono i dati shock che emergono dai documenti tributari della «Trump Organization» pubblicati ieri dal «New York Times».

Il quotidiano è riuscito, quindi, ad aggirare la difesa allestita dal gruppo imprenditoriale di Trump, procurandosi le dichiarazioni dei redditi dal 2000 al 2017. A differenza degli altri leader della Casa Bianca, l’ex costruttore newyorkese si è rifiutato di pubblicare i suoi rendiconti personali e quelli della sua holding cui fanno capo imprese immobiliari, alberghi, club di golf e altre attività. Secondo la ricostruzione del giornale, Trump e i suoi commercialisti sono riusciti ad abbattere se non a eludere completamente le imposte, chiedendo e ottenendo un gigantesco rimborso fiscale pari a 72,9 milioni di dollari, probabilmente per compensare il fallimento dei casino ad Atlantic City. Gli ispettori dell’Internal Revenue Office (Irs) stanno ancora accertando se non siano state commesse irregolarità. È questo il famoso «audit», iniziato nel 2011, cui Trump ha fatto spesso riferimento per giustificare la decisione di non fare luce sui suoi rapporti con l’erario.

La «Trump Organization» avrebbe compilato i bilanci in modo da denunciare perdite in tutti i settori, dagli hotel, ai club esclusivi. Il «New York Times» calcola che grazie a queste manovre contabili Trump avrebbe versato 400 milioni di dollari in meno, tra prelievi statali e federali, rispetto a una stima plausibile del dovuto, considerando il prelievo su patrimoni analoghi di altri businessmen. Nella conferenza stampa di ieri il presidente ha accusato il giornale newyorkese di «aver inventato completamente la storia»: «è una fake news». Trump, però, forse involontariamente, ha fornito una pista interessante: «Se voi guardate i “files” che ciascuna delle mie aziende compila ogni anno, vedrete che vanno tutte bene. Appena l’Irs avrà completato la revisione, renderò tutto pubblico». In effetti, analizzando le 92 pagine sulle proprietà consegnate da Trump alla «Federal Electoral Commission» nel maggio del 2016, si scoprono informazioni che contraddicono quanto «The Donald» ha, invece, comunicato al fisco.

La «Trump Organization» è divisa in cinque settori: gli hotel, 24 torri con appartamenti in vendita e in affitto negli Stati Unit e altre otto sparse nel mondo; le vigne e altro ancora. Ma i soldi veri arrivano dai 18 campi da golf. Il «Trump National Golf di Jupiter», in Florida è iscritto a bilancio per 50 milioni e frutta ricavi prima delle tasse per 12,5 milioni. Oppure Mar-a-Lago, la Casa Bianca d’inverno, rende 15,56 milioni. Ora il formidabile lavoro del «New York Times» ci aiuta a chiudere l’equazione rimasta finora in sospeso. Se le proprietà di Trump, come dice lo stesso presidente, continuano a dare gettito, come è possibile che il suo contributo alle casse pubbliche sia praticamente nullo? Le tecniche del cosiddetto «tax planning» sono numerose e molto sofisticate. Ma dal brogliaccio delle carte emergono anche particolari grotteschi. I legali di Trump avrebbero scontato, giusto per fare qualche esempio, spese per 75 mila dollari, sostenute dal tycoon per farsi sistemare i capelli negli anni in cui conduceva lo show tv «The Apprentice». Poi c’è il capitolo Ivanka. Anche la figlia prediletta di «The Donald» ha scaricato scontrini per 100 mila dollari, rilasciati dal suo parrucchiere e dal «makeup artist» di fiducia. Tutte uscite che i contabili hanno classificato come costi aziendali deducibili. Stesso discorso per le commissioni collegate alle operazioni di «real estate». Trump ha messo a verbale 747.622 dollari come onorari per un consulente anonimo che ha sviluppato il progetto di alcuni hotel nelle Hawaii e a Vancouver, in Canada. Adesso viene fuori che esattamente la stessa cifra compare nel modulo consegnato da Ivanka Trump nel 2017, quando fu nominata dal padre consigliera della Casa Bianca.


Davide Casati ha collaborato da Milano

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