cultura digitale

Wikimedia Italia per la libertà di panorama e riuso delle immagini

Dibattito aperto sull'introduzione di un diritto che nell’era digitale appare acquisito, ma così non è: l’uso delle foto libere anche a scopo di lucro. La posizione del Mibact

di Roberta Capozucca e Giuditta Giardini

Ugeorge Licensing - Manifestazione di beneficenza in Piazza Maggiore a Bologna

4' di lettura

Se scattassi una foto alla Fontana di Trevi, bene pubblico nel pubblico dominio e su cui non sussiste più nessun diritto d'autore, e volessi pubblicarla nel mio libro di fotografia, in base all'articolo 108 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, dovrei chiedere autorizzazione all'amministrazione consegnataria (in questo caso il Comune di Roma ) e il pagamento di un canone. Se, invece, decidessi di pubblicare su un calendario una foto dell'Ara Pacis nella teca di Richard Meier scattata dal marciapiede dovrei chiedere l'autorizzazione al titolare del diritto d'autore, cioè l'architetto progettista. La domanda a questo punto sorge spontanea: nel pieno dell'era digitale, di Instagram e Pinterest , ha ancora senso questo tipo di monopolio dello stato italiano sul patrimonio culturale? Premesso che a scopo non di lucro, ma per studio e ricerca si possono già utilizzare dopo la novella dell'Art Bonus del 2014, è favorevole al libero riuso – anche a scopo di lucro - delle immagini del patrimonio culturale pubblico e alla libertà di panorama, ossia la libertà di qualsiasi individuo - persona fisica o giuridica - di riprodurre beni o monumenti posti sulla pubblica via in deroga al diritto d'autore Wikimedia Italia , che venerdì 25 settembre ha organizzato un convegno online sul tema “Valorizzare il patrimonio culturale attraverso la fotografia in rete” nell'ambito del concorso fotografico a licenza libera Wiki loves Monuments di cui è ancora in corso la nona edizione.

La libertà di panorama
Ossia la possibilità di scattare una foto davanti all'auditorium di Renzo Piano e venderla senza pagare royalties, fa gola ai fotografi, mentre gli archistar storcono il naso. Gli argomenti a favore della libertà di panorama sono di matrice giuridica e tecnica e partono dalla volontà di novellare la legislazione italiana guardando le più accorte normative degli stati europei. A livello comunitario, la nuova Direttiva (UE) 2019/790 sul diritto d'autore e sui diritti connessi nel mercato unico, sulla quale si riponevano molte speranze e che secondo Antonella de Robbio, coordinatrice del Gruppo Studio Open Access e pubblico dominio di AIB (Associazione Italiana Biblioteche), avrebbe dovuto armonizzare le eccezioni ampliandone in certi casi la portata, non è riuscita a mantenere nel testo finale l'estensione della libertà di panorama a tutta l'Europa per le forti pressioni arrivate da Francia e Italia. Il Ministero però potrà pensare ad una recezione più generosa della direttiva tesa a novellare la materia della libertà di panorama. Il professor Giorgio Resta, ordinario di diritto privato comparato all' Università Roma Tre , definisce il diritto dello Stato sul patrimonio ex art. 108 una forma di “monopolio sui beni immediatamente visibili” che preclude l'accesso ai cittadini ad un immenso parco di informazioni, volare aggiunto e strumento importante per contribuire allo sviluppo economico e culturale del paese.

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Il libero riuso delle immagini
“È importante estendere il più possibile il libero riuso per qualsiasi finalità delle immagini di beni culturali pubblici di pubblico dominio per venire incontro alle esigenze più varie della società contemporanea stimolando la creatività, l'editoria e l'imprenditorialità culturale”, sottolinea Mirco Modolo, funzionario presso l' Archivio centrale dello Stato (MiBACT ) che da anni si occupa di temi inerenti la riproduzione digitale del bene culturale. Mentre la libertà di panorama rappresenta un'eccezione alle norme sul diritto d'autore, il libero riutilizzo delle immagini si deve confrontare con il Codice dei beni culturali, che rappresenta una specificità tutta italiana. Modolo ripone speranze nell'imminente implementazione della Direttiva europea sul copyright. “Se n'è parlato poco ma è appena stato raggiunto un traguardo storico. Tre mesi fa le associazioni che rappresentano musei, archivi e biblioteche ( ICOM, ANAI e AIB ) hanno riconosciuto, nel corso delle audizioni in Senato, l'importanza del libero riuso, sancito del resto dall'art.14 della Direttiva (UE) 2019/790 che rimuove i “diritti connessi” dalle riproduzioni fedeli di opere in pubblico dominio proprio per permetterne il libero riuso, anche commerciale, in tutti i paesi dell'Unione. È stata di conseguenza auspicata, anche dai capitoli italiani di Wikimedia e Creative Commons , una revisione dell'art. 108 del codice dei beni culturali per liberalizzare l'uso delle immagini di beni culturali pubblici in pubblico dominio”. Per il professore Daniele Manacorda, ordinario di Metodologia e tecnica della ricerca archeologica presso l'Unversità Roma Tre, l'argomento del danno erariale derivato dal mancato pagamento di royalties è superato da studi che provano l'irrisorietà dell'introitazione. I contrari al libero riuso temono un uso scellerato o comunque contro il decoro delle immagini del patrimonio italiano e portano come esempio il caso del 2014 quando l'azienda americana Arma Lite intendeva utilizzare l'immagine del David di Michelangelo con mitra usata per pubblicizzare un fucile di precisione. Tuttavia, per i partigiani della liberalizzazione, l'argomento è debole e si tratta di casi isolati.
Il Ministero, rappresentato anche da Laura Moro, direttrice del neonato Istituto centrale per la digitalizzazione del patrimonio del MiBACT, istituto che coordina tutte le attività di digitalizzazione del patrimonio dentro il ministero e dal professor Lorenzo Casini, capo di gabinetto MiBACT sembrano guardare con favore le istanze della cultura aperta, anche se l'approccio resta cauto. Secondo il professor Casini le linee direttrici su cui il Ministero si muoverà in questo ambito sono orientate verso la ricerca di competenze specifiche, un accentramento che tenga conto delle singolarità dei vari casi e il perseguimento di un'idea di cultura a tutto tondo. Il MiBACT frena anche sullo stanziamento del 20% del Fondo per la Ripresa (Recovery Fund) per la transizione digitale, in cui sarebbe compresa anche la digitalizzazione del patrimonio culturale pubblico, allo stato attuale “è solo una richiesta, e i fondi non sono ancora stati assegnati al MiBACT”.

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