I giovani più pronti a credere alle fake news sul coronavirus

Secondo uno studio fatto negli Usa e riportato dal New York Time, la disinformazione sul coronavirus colpisce di più la fascia fra i 18 e il 24 anni
I giovani più pronti a credere alle fake news sul coronavirus

Gli americani sotto i 25 anni sono più propensi a credere a fake news sul coronavirus, in particolare sulla gravità della malattia e su come abbia avuto origine. Lo studio è fatto negli Stati Uniti e arriva in un momento in cui proprio oltreoceano stanno crescendo i casi di Covid-19 fra i più giovani.

In una ricerca fatta su 21.196 persone in tutti i gli stati americani, gli esperti hanno individuato un chiaro stacco generazionale. I giovani fra i 18 e i 24 anni hanno un 18% di probabilità di credere a false informazioni contro il 9% degli over 65 secondo gli studiosi di Harvard University, Rutgers University, Northeastern University e Northwestern University.

Il risultato è in contrasto anche con quelli passati in cui abitualmente emergeva che le persone più anziane erano più propense a condividere articoli con notizie non veritiere sui social. Uno studio pubblicato lo scorso anno su Science, con tema la campagna elettorale del 2016, diceva che gli ultrasessantacinquenni erano 7 volte più propensi a condividere bufale e fake news rispetto a trentenni e quarantenni.

Tutto il contrario invece sulle 11 false affermazioni proposte nella nuova ricerca. Fra queste ci sono cose palesemente false come l’idea che il virus si sia originato in persone che mangiano pipistrelli e anche affermazioni con erronee indicazioni mediche: prendere antibiotici protegge dalla malattia, dai 60 anni in su le persone sono più a rischio. I giovani hanno creduto ad alcune di queste, gli anziani molto meno.

Si nasconde dietro queste risposte anche l’atteggiamento di parte della popolazione fra i 18 e 30 anni, quella che più spesso si è messa in situazioni a rischio, dalle feste alle discoteche.

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