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“The Old Guard”: su Netflix Charlize Theron diventa la donna più vecchia (e bella) della Terra

Furiosa, Atomica Bionda e ora Andromaca di Scizia. C’era una volta la Ripley di Sigourney Weaver, al suo posto ora ci sono le eroine della migliore attrice action in circolazione, Charlize Theron. E chissà che, guardando il nuovo The Old Guard, George Miller non la chiami per il prequel di Mad Max, da cui l’ha esclusa. Si toglierebbe di dosso il bollino di fesso senza troppi strascichi, le ragioni sono del resto evidenti. Per fisico, agilità, durezza e coolness, Charlize non ha rivali quando si tratta di combattere contro cento uomini.

Nel film di Gina Prince-Bythewood (su Netflix) poi non è solo una guerriera reticente per via delle missioni segrete, lo è anche perché addosso si porta tutta la saggezza (e stanchezza) di un millennio – o forse più – di battaglie. Creatura immortale in circolazione dall’antichità, Andromaca ha partecipato a tutti gli appuntamenti più cruenti della storia. Non cambia gli esiti degli eventi funesti (Martin Luther King muore spoiler) ma salva vite che, una volta cresciute, vincono Nobel (Marie Curie), scoprono vaccini, probabilmente ritirano Pulitzer. A Hiroshima e Nagasaki – per dirne uno – non impedisce il lancio delle bombe, riesce però a scongiurare una terza esplosione.

Pronto intervento immortali

Charlize fa insomma la “ficcanaso” a servizio del bene. Non ha la minima idea del perché il suo corpo sia in grado di risanare le ferite, non ricorda il volto di sua madre, ma attraverso i secoli si è anche divertita – nell’Ottocento Rodin ha scolpito il suo busto, e non a pagamento. Non è però l’unica Highlander. C’è Booker (Matthias Schoenaerts), raccattato quando era al servizio di Napoleone, nel 1812; e poi ci sono Nicky (Luca Marinelli) e Joe (Marwan Kenzari), due soldati delle crociate che stanchi di ammazzarsi e resuscitare, non solo hanno fatto pace, si sono anche innamorati.

Infine c’è la new entry Nile (Kiki Layne), che tutti e quattro sognano e che Charlize va dunque a recuperare in un campo marine in Afghanistan, così, scendendo da un treno in Marocco e avviandosi a piedi per il deserto. Nonostante un taglio alla gola e un buco in testa miracolosamente rimarginati, Nile è una ragazza dura di comprendonio. Nella tana di Andromaca sa riconoscere una scultura originale di Rodin – Trump provvede all’educazione artistica di ogni cadetto – ma per credere alla storia degli immortali è come San Tommaso, sicché Charlize le spezza braccio e gamba: convinta ora?

Charlize e Nile (Kiki Layne).

Cercasi villan convincente

La risposta che Nile ottiene a proposito di com’è la vita da non morti è la solita di centinaia di altri film, da Intervista col vampiro a Solo gli amanti sopravvivono: «vedi la gente a cui vuoi bene morire, abituati». Che di solito non si sente mai pronunciare in un film di supereroi, o se si sente ha poco importanza rispetto ai poteri passa in secondo piano. Ma The Old Guard è diverso. Nella trasposizione dal fumetto omonimo di Greg Rucka e Leandro Fernández Andy, Booker, Nicky e Joe sono dei “Fantastici Quattro diventati Cinque” che si nascondono in una tana che è bel altro della base degli X-men. Appaiono stanchi, annoiati, e pure logorati dai rimorsi. Insomma, esseri umani pur essendo super.

La critica americana ha sottolineato questo aspetto come straordinario, forse perché con le scatole piene di un mercato straripante di supereroi. Ha ragione solo in parte. The Old Guard non è un film di immortali girato con la gravitas di Bergman e nemmeno un giocattolo, è uno sparatutto leggermente esistenziale concentrato sul presente, anche se la squadra ama usare spade e asce made in Atlantide. Tuttavia proprio perché al centro del racconto c’è una tizia che si chiama Andromaca di Scizia, sarebbe stato più interessante farla lottare contro un villain all’altezza della sua gloria.

Big Pharma

E il CEO di una casa farmaceutica che vuole imbottigliare il dna di tutta la squadra di Charlize per farne una favolosa medicina da banco non è come Indiana Jones e i nazisti. Questo però passa il XXI secolo. Assieme agli ex bibitari al governo, ad Andromaca che nell’epoca dei nickname è costretta a farsi chiamare Andy, succede che al posto di megalomani che vogliono dominare il mondo, ci sono sciocchi traffichini di Big Pharma chiusi in edifici ordinari del centro di Londra. Qualsiasi cattivo con un po’ di personalità sarebbe la vera fantascienza di The Old Guard: altro che ossa fratturate che si riparano da sole. Quasi dispiace quindi vedere la grande guerriera cinghiata su un letto di laboratorio invece che a cavallo contro l’esercito babilonese.

Un po’ come si desidera sapere dove questa banda trovi i soldi, i documenti falsi, le case in cui rifugiarsi. Può un semplice rapimento reggere il confronto con la curiosità per le avventure che hanno avuto. E infatti quando si verifica, quando cioè il presente ordinario di The Old Guard si squarcia sui tempi della caccia alla streghe, tutto diventa molto più eccitante. Una volta gli immortali mica provavano a ucciderli con le pallottole, li chiudevano dentro sarcofagi gettati in mare, sicché per l’eternità sarebbero morti e risorti continuamente. Quello che succede a Quynh (Van Veronica Ngo), giù negli abissi da 500 anni. Beati noi mortali allora, che con un colpo passiamo – forse – a miglior vita subito.

the old guard

Cast record per diversity

Visto come si divertivano con le torture nel passato, chissà Andy ai tempi di Alessandro Magno, oppure nella Russia della Rivoluzione d’ottobre, e perché no a salvare i bambini di Pompei abbrustoliti dalla cenere del Vesuvio. Di queste imprese, The Old Guard, ci fa vedere solo foto, illustrazioni e articolo di giornale. Raccolti dall’ex agente della CIA che ha sbrogliato il mito di Andromaca per poi “venderlo” al farmaceuta. Peccato. È comunque già notevole che un film di “supereroi” si chiuda senza post-credits, bensì con la voglia di saperne di più.

A parte la sorpresa sul finale, anche per il fatto che come i replicanti di Blade runner questi Highlander pare abbiano una data di scadenza: a un certo punto smettono di autoripararsi. Nel frattempo, per il film di Netflix che senza Covid sarebbe uscito anche al cinema, c’è il record di inclusione e diversità. La produttrice Charlize Theron, sempre più “Hollywood fai da te”, ha messo assieme un olandese, un belga, un italiano e una vietnamita. Il contributo italiano è appunto quello di Luca Marinelli, con il pubblico felice che l’estero si stia chiedendo chi sia. Come darli torto: è il fortunato destinatario di una delle dichiarazione d’amore più appassionate viste da un bel po’.

iO Donna ©RIPRODUZIONE RISERVATA