13 luglio 2020 - 11:34

Foibe Basovizza, incontro Mattarella-Pahor sul Carso triestino

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è a Villa Opicina (Trieste) con il presidente della Slovenia, Borut Pahor. I due presidenti hanno osservato un minuto di silenzio dandosi la mano

di Silvia Morosi

Foibe Basovizza, incontro Mattarella-Pahor sul Carso triestino
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Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è a Villa Opicina (Trieste) con il presidente della Slovenia, Borut Pahor. Un incontro sul sentiero della riconciliazione. È la prima volta che il presidente di uno degli Stati nati dalla disgregazione della Jugoslavia rende omaggio alle vittime italiane della dittatura di Tito. I due Capi di Stato si sono recati alla Foiba di Basovizza, dove un numero imprecisato di italiani trovò la morte nel 1945, ucciso dai titini, e al monumento che ricorda il sacrificio di quattro antifascisti sloveni, fucilati dal regime di Mussolini nel 1930 (qui 10 cose da sapere sulle Foibe). Ferdo Bidovec, Fran Marusic, Zvonimir Milos e Alojz Valencic avevano tra i 22 e i 34 anni e facevano parte di un gruppo clandestino collegato al Tigr; erano stati riconosciuti colpevoli anche di un attentato contro il quotidiano fascista locale «Il Popolo di Trieste», in cui era morto un redattore, Guido Neri. I quattro giustiziati sono nel tempo divenuti simbolo della resistenza delle minoranze slave al fascismo. I due presidenti hanno osservato un minuto di silenzio dandosi la mano.

«Italiani e sloveni guardano al futuro»

Quindi, alla Prefettura di Trieste, i due hanno firmato un memorandum d’intesa per la restituzione alla comunità slovena in Italia del Narodni Dom, la casa del popolo data alle fiamme dai fascisti il 13 luglio di cento anni fa. «La storia non si cancella e le esperienze dolorose, sofferte dalle popolazioni di queste terre, non si dimenticano», ha detto il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. «Proprio per questa ragione - ha aggiunto - il tempo presente e l’avvenire chiamano al senso di responsabilità, a compiere una scelta tra fare di quelle sofferenze patite, da una parte e dall’altra, l’unico oggetto dei nostri pensieri, coltivando risentimento e rancore, oppure, al contrario, farne patrimonio comune, nel ricordo e nel rispetto, sviluppando collaborazione, amicizia, condivisione del futuro». «Al di qua e al di là della frontiera, il cui significato di separazione è ormai, per fortuna, superato per effetto della comune scelta di integrazione nell’Unione Europea, sloveni e italiani sono decisamente per la seconda strada, rivolta al futuro, in nome dei valori oggi comuni: libertà, democrazia, pace. Oggi, qui a Trieste, con la presenza dell’amico presidente Pahor, segniamo una tappa importante nel dialogo tra le culture che contrassegnano queste aree di confine e che rendono queste aree di confine preziose per la vita dell’Europa». Rivolgendosi al «caro presidente e amico Mattarella, ai cari compatrioti sloveni, ai cari amici italiani», Pahor ha parlato di una «gioia immensa» oggi che «il torto è stato corretto, giustizia è stata fatta», di «un giorno di festa perché stiamo a celebrare insieme, Italia e Slovenia, un’impresa condivisa». E ha concluso: «Oggi come disse qualcuno viviamo quei sogni proibiti che si avverano, come se dopo cento anni tutte le stelle si fossero allineate. Ma non lo hanno fatto da sole, siamo stati noi a farlo».

Il riconoscimento a Boris Pahor

Mattarella e Pahor hanno consegnato, poi, le più alte onorificenze dei due Paesi allo scrittore sloveno naturalizzato italiano Boris Pahor, 107 anni il prossimo 26 agosto, testimone quando aveva appena 7 anni dell’incendio del Narodni dom (esperienza che lo segnò per tutta la vita, affiorando spesso nei suoi romanzi e racconti, ndr), prigioniero nei campi di concentramento nazisti e inviso alla dittatura di Tito per i suoi libri sulla tragedia delle Foibe. «Offro queste onorificenze a tutti i morti che ho conosciuto nel campo di concentramento e alle vittime del nazifascismo e della dittatura comunista», ha detto lo scrittore.

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