13 luglio 2020 - 07:16

Ibrahimovic è uno straordinario giocatore del passato, Rangnick può essere un altro Sacchi

Lo svedese non è più abbastanza grande per fermare la ricerca di un nuovo equilibrio. Giusto adesso non ricominciare da capo ma tentare una strada diversa con il tedesco

di Mario Sconcerti

Ibrahimovic è uno straordinario giocatore del passato, Rangnick può essere un altro Sacchi
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Milan e Napoli mi sono sembrate due squadre contente di sé, anche nel minimo. Di gioco poco, i quattro quinti dei palloni sono stati passaggi indietro, cioè accademia, considerare sufficiente saper tenere il pallone. È stata una buona partita accademica, senza velocità, senza cattiveria, dove si è cercato di far vedere agli arbitri e al mondo televisivo quanto saremmo stati bravi in stagione se solo ce ne fosse stato il mezzo. In fondo è quello che dice anche Ibrahimovic senza vergogna: se arrivavo dall’inizio potevamo vincere lo scudetto. Che è la soluzione ideale per dire che la squadra è niente senza di lui e giustifica il rifiuto che sembra opporgli il nuovo che arriva. È troppo pieno di sé Ibrahimovic e più l’età avanza, più ha bisogno lui di allargarsi a copertura di uno spazio inversamente proporzionale. C’è molto in lui del vecchio Milan, quello che è ancora stabilmente settimo proprio perché ha bisogno di vivere nel passato fino in fondo. Ibra è uno straordinario giocatore di ieri, che non è poco, ma non è più abbastanza grande per turbare la ricerca di un nuovo equilibrio. Niente esime dall’errore prossimo, ma niente nemmeno deve convalidare quello del passato. Questo Milan dolce, così così, poco ambizioso, contento del sufficiente, tormentato dalle confessioni ormai troppo frequenti del vecchio svedese, si sta spegnendo per esaurimento. Senza rimpianti.

Non c’è niente da trattenere di tanti anni passati a vuoto. Giusto adesso non ricominciare da capo, ma tentare una strada diversa. Chi non conosce Rangnick basta s’informi. Non è un ragazzo, ha 62 anni, da 21 lo chiamano il professore. Può essere un altro Sacchi, un altro Zeman, può darsi si consumi nello stesso modo, ma si è conquistato il diritto di essere una diversità. Non ha diritto all’ignoranza. Parte di quanto detto per il Milan vale anche per il Napoli, esatto opposto scolastico. Buone squadre senza paternità vera, senza chi le guidi nei dettagli sul campo. Ma questo è un limite di tutto il nostro calcio. L’Atalanta ci sta salvando dalla riflessione finale. Siamo pieni di splendide squadre perdenti, ma ci meravigliamo alla fine che a vincere sia ancora una brutta Juve. Il problema è ancora: come evitarlo?

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