«L’emergenza Covid-19 ha dimostrato che la sicurezza alimentare non può prescindere dalla garanzia degli approvvigionamenti delle produzioni agricole. Favorire l’accesso all’innovazione per permettere alla filiera agroalimentare di aumentare le rese è la prima lezione che questa crisi dovrebbe averci insegnato». È il messaggio lanciato dalle 16 associazioni che hanno deciso di aderire al progetto Cibo per la Mente e di sottoscrivere il Manifesto per l’innovazione in agricoltura durante un webinar a cui hanno partecipato Matteo Lasagna (vicepresidente Confagricoltura); Fabio Manara (presidente Compag), Lea Pallaroni (segretario generale di Assalzoo), e Deborah Piovan (portavoce di Cibo per la mente). 

Facciamo un passo indietro quando il lockdown era rigidissimo. «La pandemia – spiega Lasagna – ha evidenziato che l’agricoltura non ha mai smesso di portare il cibo sulle tavole degli italiani. Siamo però ancora carenti nella capacità di provvedere alla nostra sussistenza e nel 2019 il grado dell’auto-approvvigionamento dei prodotti agricoli dell’Italia è calato del 6%». Manara fa un passo in più: «Siamo stati fortunati che l’emergenza si è verificata in un momento in cui gli stock erano alti. In una situazione diversa sarebbe stato molto difficile garantire la sicurezza alimentare, tanto più che l’Italia è uno dei pochi Paesi in cui non ci sono dati sulla quantità delle derrate a livello nazionale». 

Che fare, allora? «Aumentare il grado di approvvigionamento di materie prime nazionali è la prima soluzione per fare fronte all’emergenza, basti pensare che oggi siamo costretti a importare oltre il 50% di una coltura fondamentale per la mangimistica come il mais», spiega Pallaroni. Una delle strade da percorrere, allora, possono essere gli a cordi di filiera – e «nelle scorse settimane Assalzoo si è mossa insieme ad altre 10 associazioni per attivare un accordo sul mais, con l’obiettivo di premiare la scelta del prodotto italiano» – ma non basta: «Già oggi gli agricoltori avrebbero a disposizione gli strumenti per selezionare varietà migliori, eppure non possono avere accesso all’innovazione».

Lasagna le vede così: «Non possiamo pensare di essere competitivi sui mercati esteri se non riusciamo a essere autosufficienti dal punto di vista produttivo. Dopo 20 anni, tutto il settore riconosce finalmente il valore delle New Breeding Techniques e il ruolo che possono giocare a favore di sicurezza alimentare, biodiversità e produttività: non capiamo il motivo per cui non riusciamo ancora utilizzarle». Per Manara «il Covid 19 ha creato per il nostro comparto un’esigenza di programmazione e di pianificazione degli investimenti ancora più alta: l’innovazione è un valido supporto nella segmentazione dei prodotti e può aiutarci a soddisfare le richieste dei consumatori finali». 

Adesso resta da capire quando queste discussioni entreranno nel dibattito politico sulla ripartenza. Le sedici associazioni che hanno dato vita a Cibo per la Mente (Aisa, Agrofarma, API, Assalzoo, Assica, Assitol, Assobiotec, Assofertilizzanti, Assosementi, Compag, CIA, Confagricoltura, Copagri, UNAItalia, Uniceb, Unionzucchero) lo hanno fatto per lanciare un appello e mettere a punto un progetto della filiera agroalimentare italiana rivolto «ai decisori europei per sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sulla necessità di investimenti in innovazione e ricerca nel campo dell’agricoltura e dell’industria alimentare». Piovan la vede così:  «Abbiamo voluto creare una nuova occasione per stimolare istituzioni, agricoltori e mondo della ricerca e diffondere una cultura che riconosca l’importanza di approcci innovativi per migliorare il processo produttivo in tutti i suoi passaggi». Si vedrà. 

I commenti dei lettori