bilanci e prospettive

I musei sono delle Ferrari con il freno a mano tirato

La cultura priorità dei lavori parlamentari dei prossimi due anni se si vuol veramente immaginare dopo il Covid un modello di sviluppo differente in Italia». Parola di Antonio Lampis, dg uscente della Direzione Musei del Mibact

di Marilena Pirrelli

6' di lettura

L'incarico assegnato nel settembre 2017 dal ministro Dario Franceschini. In tre anni di mandato Antonio Lampis, uscente direttore generale Musei del Mibact , ha svolto il suo lavoro in un periodo particolarmente critico: si sono susseguiti tre DPCM di riorganizzazione del Ministero, quattro segretari generali, tre capi di Gabinetto e tre diversi mandati da Ministro.
Dal 1° settembre spetterà al nuovo direttore generale Musei, Massimo Osanna, “l'uomo che ha cambiato l'immagine di Pompei nel mondo”, proseguire il suo lavoro, che Lampis, nel suo saluto su facebook ha riassunto così i principali risultati del triennio : il rinnovo di molte concessioni attraverso procedure di gara, studio e report della situazione della sicurezza antincendio dei musei statali, linee di indirizzo e piattaforma digitale con Agid per l'avvio e la gestione del sistema museale nazionale, avviato in dialogo con le Regioni, Anci e Icom ; riforma della governance dei poli museali; riforma delle modalità di selezione dei direttori dei musei non aventi la qualifica di dirigente; sistema di valutazione della performance dei direttori di poli e musei di seconda fascia, rinnovo di tutti i direttori di musei autonomi assunti nel 2015 e di tutti i direttori di polo museale scaduti nel 2018; piano di eliminazione delle barriere architettoniche (P.E.B.A.); linee guida per il rinnovo del racconto museale e della relazione tra musei, scuole ed università; linee guida per costi assicurativi, canoni di concessione di spazi e immagini, contratti sottosoglia; primo rapporto sui concessionari; piano digitale triennale per i musei, ora nel piano digitale nazionale Agid; interim della Reggia di Caserta , del proprio servizio II e di sei poli museali [ Polo museale della Calabria (comprensivo di 17musei) e Lombardia (comprensivo di 12 musei), del museo Palazzo Reale di Genova e annesso Polo museale ligure (comprensivo di 11 musei); acquisito il museo Ginori e nascita della fondazione; stipula di decine di accordi di valorizzazione e accordi con l'associazione di musei e istituzioni. Da ultimo gestire tutta la fase di chiusura e quella molto più complicata delle riaperture dei musei nell'emergenza Covid 19, con indicazioni fatte proprie dal Comitato tecnico scientifico e risultati utili non solo per i musei statali ma per quelli della nazione e di paesi stranieri, è stato l'ultimo sforzo” spiega Lampis. Le relazioni della Banca d'Italia e Boston Consulting Group sui dati della DG Musei hanno rilevato il lavoro svolto, dimostrando l'enorme impatto economico, sociale e culturale dei musei statali nell'economia nazionale.

“Siamo stati unici in Europa con dati d'incremento della bigliettazione e del numero di visitatori (ovviamente preCovid): oltre 40% di maggiori incassi in tre anni, oltre il 30% d'incremento dei visitatori. Altissimo il livello di qualità raggiunto dai musei statali nei Livelli minimi di qualità Media del punteggio medio di 9,3 su 10. Altissima è la loro reputazione online, 4,7 su 5, monitorata dal Politecnico di Milano” prosegue Lampis.“Il mio dovere di servitore dello Stato l'ho fatto e la Direzione è ben impostata. Sono stati tre anni faticosi ma che hanno dato buoni risultati. Abbiamo dato al mondo un esempio importante di come lo sviluppo culturale, lo sviluppo sociale ed economico, grazie al costante sostegno al lavoro dei direttori musei possono crescere rapidamente. La squadra è cresciuta e ho avuto il privilegio di coordinare e istruire e a mia volta ho imparato. Da quando avevo 33 anni lavoro a livello di direzione generale nel settore culturale e ora che ne ho 57 sono felice di passare il testimone a Osanna: eravamo in squadra insieme, c'è un'amicizia personale, la scelta del ministro è felicissima. Ora avrò di nuovo il tempo per ragionare in pubblico come facevo quando insegnavo all'università a Bolzano e in Cattolica a Milano. Molti miei studenti oggi sono in posizioni chiave in Italia e nel mondo. Mi sono occupato da sempre di sviluppo dell'audience, di marketing culturale e del rapporto tra cultura e salute. Abbiamo sperimentato il welfare culturale dagli anni 90 in una Bolzano laboratorio per economisti della cultura. E poi ho lavorato alle piattaforme agili per collegare tutto il sistema museale con una costante intesa con regioni e comuni e alla governance partecipata”.

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Previsioni future post Covid?
Sono ostile a chiunque faccia previsioni, non è ancora sedimentata alcuna percezione certa, dobbiamo navigare a vista. Chiudere i musei e poi in un mese di lavoro riaprirli è stato durissimo. È emersa l'assenza della cultura della pianificazione: i dirigenti statali non hanno vice, mentre la funzione vicaria nell'emergenza è fondamentale, pianificare è importante. I dirigenti dei musei si sono assunti rischi pazzeschi, sono stati eroi.

Quali possono essere le emergenze future?
Le emergenze ci sono sempre, in passato abbiamo dovuto confrontarci con quella terroristica. Vengo dalla carriera prefettizia e so che le emergenze vanno previste e pianificate. Ora manca la semplificazione e sburocratizzazione. Se vi fosse stato già un progetto di semplificazione avremmo affrontato meglio il Covid. Invece facciamo i conti con la estrema complicazione e lentezza di spesa nella pubblica amministrazione.

Cosa manca ai musei perché diventino del tutto efficienti?
Una legge per i musei statali che consenta nel processo di autonomia di non avere le stesse regole degli uffici pubblici che emanano provvedimenti, dovrebbero avere maggiore autonomia e più rapide procedure di spesa, di entrata dei fondi privati e di gestione del personale. Il tema delle assunzioni e sostituzioni è devastante. Quello che si poteva fare con la riforma è stato fatto, ora è fondamentale fare un altro passo per lo sviluppo: la pubblica amministrazione deve diventare più veloce sulle decisioni relative alla contabilità, alle spese, alle assunzioni, alla sicurezza e alle concessioni.

Cosa ancora bisogna fare?
Serve, a mio personale avviso, una legge unitaria sui musei. Va salvata la riforma rendendola stabile e poi ci sono molte cose del Codice dei beni culturali da migliorare: va adeguato alla società contemporanea, senza togliere l'impianto della tutela del patrimonio, aprendo la cultura legislativa alle nuove forme di sinergia tra pubblico e privato. C'è bisogno di più flessibilità in tutto e un intervento sulla drammatica carenza di organico nei musei statali. I musei sono delle Ferrari con il freno a mano tirato.

Come immagina il prossimo passo in avanti dei musei?
La riforma sulla semplificazione dovrebbe far sì che i musei diventino laboratori, poter funzionare con maggiore snellezza. Parteciperò al dibattito e allo studio. Il parlamento deve prendersi delle responsabilità: i governi hanno fatto quello che potevano fare, ora sta al parlamento semplificare la macchina amministrativa, magari favorendo ambiti sperimentali. I musei autonomi con maggiore libertà hanno mostrato di essere aggregatori culturali e motori economici e occupazionali per le professioni d'eccellenza. La creazione di posti di lavoro qualificati è la mia principale meta nel lavoro e quando ci si è riusciti, la massima soddisfazione. I musei statali sono giunti a generare più di 30.000 posti di lavoro pur esponendo solo il 6% delle opere, in considerazione dell'ampiezza del patrimonio italiano che non ha eguali nel mondo. Purtroppo spesso lavori precari e non ben retribuiti come l'importanza della cultura in Italia renderebbe utile e necessario.

Cosa lascia?
Lascio l'incarico con i musei statali che negli ultimi anni, prima della pandemia COVID19, hanno portato 27 miliardi di euro all'anno in ricavi per il sistema paese (dato del 2018, cresciuto certamente nel 2019). Tali ricavi scaturiscono dall'indotto degli oltre 240 milioni di euro incassati, dai milioni di turisti attratti (su 123 milioni di arrivi 24 milioni dichiarano di venire a visitare l'Italia per i musei statali). I turisti rappresentano la metà dei visitatori e quindi l'enorme crescita degli ultimi anni è un enorme crescita anche dei concittadini quali visitatori dei musei.

L’augurio a chi proseguirà il uso lavoro?
Dobbiamo far sì che la ricchezza culturale del nostro paese, rappresentata dai musei statali – producono con l'1,6% del Pil (l'agricoltura genera il 2,1% del Pil) e possono dare molto di più quando saranno messi in rete con tutti i quasi 5 mila musei non statali –, possa diventare un motore per la ripartenza della crescita culturale degli italiani e del turismo. Sinora abbiamo assistito a una decretazione d'emergenza, ma la cultura deve essere il tema dei lavori parlamentari dei prossimi due anni se si vuol veramente immaginare dopo il Covid un modello di sviluppo differente in Italia. I musei non servono a vendere biglietti, sono motore di sviluppo culturale e sociale. L'Italia ha tutte le premesse per essere un esempio di scalata della cultura tra le priorità dell'agenda politica, ottenendo un effetto emulazione in Europa.

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