8 luglio 2020 - 08:47

Milano, arrestato estremista Isis: «Grazie Allah per il Covid, punizione contro i vizi degli infedeli»

In manette Nicola Ferrara, 38 anni, per istigazione e apologia del terrorismo. Si era radicalizzato nel 2015 con il nome di «Issa». Frequentava l’associazione culturale «Al Nur» di Milano e due minorenni che pregavano nello stesso centro

di Cesare Giuzzi

Milano, arrestato estremista Isis: «Grazie Allah per il Covid, punizione contro i vizi degli infedeli» Nicola Ferrara, 38 anni, frequentava l’associazione culturale «Al Nur» di Milano, di orientamento sunnita
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L’11 settembre del 2018, per celebrare l’anniversario dell’attentato alle Torri gemelle di New York, Issa Ferrara pubblica sul profilo Facebook le immagini dei combattenti morti con il bassamat al farah, il sorriso di gioia per aver incontrato Allah in paradiso dopo il martirio. Sono i giorni in cui sta iniziando il crollo dello Stato islamico di al Baghdadi e sui social, il 38enne Nicola Issa Ferrara, pugliese di Canosa, posta ossessivamente immagini di guerrieri a cavallo e vessilli dell’Isis. Attraverso la piattaforma Soundcloud condivide canti nasheed, poesie di guerra che celebrano i martiri jihadisti.

La sua è una storia paradigmatica: ex Lanciere di Montebello dell’Esercito italiano (ha partecipato nei primi anni Duemila a una missione in Albania), arrivato a Milano nel 2010, s’è convertito autonomamente alla religione musulmana. Poi, grazie anche a contatti con alcuni reclutatori islamici (Ghassen Hammami e El Mahdi Halili), Ferrara ha abbracciato posizioni sempre più radicali e feroci. «Un fenomeno che purtroppo abbiamo già visto tra italiani che si sono convertiti», ha spiegato il capo del pool Antiterrorismo della Procura, Alberto Nobili. Tanto che Ferrara ha scelto il nome Issa, il messia, poi ha iniziato a frequentare con sempre maggiore partecipazione il centro islamico «al Nur» di via Carissimi, vicino a via Melchiorre Gioia, interpretando le sacre scritture in maniera sempre più fondamentalista.

È stato proprio il monitoraggio del luogo di preghiera di ispirazione sunnita frequentato dalla comunità bengalese avviato dall’Antiterrorismo del Ros dei carabinieri di Roma (guidato dal tenente colonnello Federico Palmieri) e da quello di Milano (diretto dal tenente colonnello Andrea Leo e dal maggiore Giuseppe De Angelis) a far emergere la figura di Ferrara. In quel periodo il 38 enne viveva di lavori saltuari (addetto di alcune coop, parcheggiatore) in un appartamento di via delle Rimembranze di Greco. Aveva iniziato ad indossare abiti tradizionali, a farsi crescere la barba e a frequentare solo il centro di preghiera. Qui aveva «agganciato» alcuni giovani fedeli di seconda e terza generazione. Ragazzi provenienti da contesti problematici ai quali Ferrara parlava delle gesta dei jihadisti morti in Siria e li «educava» all’odio verso l’Occidente.

Attività di proselitismo, mai diventata un reale pericolo («Ma solo perché siamo intervenuti per tempo», dicono gli investigatori) che è costata l’accusa di istigazione a delinquere aggravata dall’uso del mezzo informatico. Accusa per la quale il gip Guido Salvini ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti del 38enne.

Le indagini del Ros di Milano sono iniziate nel febbraio 2018, a coordinarle, insieme al capo del pool Antiterrorismo Nobili, i pm Leonardo Lesti e Piero Basilone. Nelle carte una lunga sequenza di immagini, video e canti inneggianti al martirio. Ma anche i progetti di Ferrara che per tre volte (un totale di 9 mesi) si reca negli Emirati e in Qatar con il doppio intento: approfondire la conoscenza dell’arabo e cercare un aggancio per raggiungere i territori del Daesh in Siria. Ferrara, nonostante la sua esperienza da ex soldato, non ha mai manifestato l’intenzione di organizzare un attentato (anche se in una conversazione fa riferimento a una ipotetica azione a Citylife), tuttavia secondo gli investigatori era molto pericoloso. Anzitutto per la sua capacità di fare presa sui più giovani, poi per le grandi abilità nel gestire i social e nel procurarsi materiale proveniente dallo Stato islamico. Scrive il gip Salvini: «Lo scarso e unidirezionale bagaglio culturale delle persone cui i messaggi di Ferrara erano rivolti consentiva di rendere molto efficace un’opera di suggestione e di persuasione anche semplice, declamatoria e ripetitiva».

Nelle ultime fasi dell’indagine, temendo di essere intercettato dai servizi segreti («È probabile che ora si stanno vedendo qualche messaggio»), inizia una fase di taqiyya, la dissimulazione, smettendo di vestire pubblicamente i panni del musulmano radicale. In una intercettazione dice testualmente «a me bin Laden piace», in altre si scaglia contro l’odio dell’Occidente verso l’Islam, e inneggia ai combattenti caduti: «Gloria a chi muore da martire». Poi di fronte all’emergenza Covid parla di un castigo di Allah verso gli infedeli che hanno comportamenti «haram» (vietati dal Corano).

Per i magistrati «Ferrara non è un semplice convertito, ma una persona che da qualche anno a questa parte ha deciso di dedicare la sua vita alla religione islamica con una visuale radicale, in particolare condividendo gli ideali dello Stato islamico ed apprezzando le “doti” dei principali esponenti di tali organizzazioni e di quelle che, come Al Qaeda, l’hanno preceduta storicamente».

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