Dislessia, scuola e pandemia: i problemi riscontrati e quelli che ci saranno

Come ha inciso la DAD sull'apprendimento degli studenti dislessici? E che scuola sarà per loro a settembre? Abbiamo approfondito con l'esperta

La scuola è finita: per alcune fasce d'età si è conclusa agli inizi di Giugno, per altri studenti si è chiuso più di recente un ciclo di studi con i fatidici esami di passaggio. In questi mesi di pandemia e lockdown, son stati sotto gli occhi (e sulla bocca) di tutti, i pregi e i difetti della Didattica A Distanza (DAD), utilizzata come metodo di insegnamento alternativo da migliaia di docenti e strutture scolastiche in tutto lo Stivale.

Ma come ha inciso sull'apprendimento degli studenti dislessici? Vi è stata qualche difficoltà oggettiva? Come sarà la situazione a settembre, quando la scuola riprenderà? Abbiamo approfondito l'argomento con Maria Enrica Bianchi, docente e membro del consiglio direttivo AID, l'Associazione Italiana Dislessia.

Innanzitutto, facciamo chiarezza. Dislessia: che cos'è esattamente?

«La dislessia è un disturbo specifico della lettura che si manifesta con una difficoltà nella decodifica del testo. Fa parte del gruppo più ampio dei Disturbi Specifici dell'Apprendimento (DSA), ovvero disturbi del neurosviluppo che riguardano la capacità di leggere, scrivere e calcolare in modo corretto e fluente. Solitamente, si manifestano con l'inizio della scolarizzazione e sono classificati in base alla difficoltà specifica che comportano.

Accanto alla dislessia, troviamo la disortografia, ovvero un disturbo specifico della scrittura che si manifesta con difficoltà nella competenza ortografica e nella competenza fonografica; la disgrafia, disturbo specifico della grafia che si manifesta con una difficoltà nell'abilità motoria della scrittura e la discalculia, il disturbo specifico dell'abilità di numero e di calcolo che si manifesta con una difficoltà nel comprendere e operare con i numeri».

I DSA sono malattie?

«I DSA non sono una malattia in quanto non sono dovuti a un danno organico, ma a un diverso neuro funzionamento che a sua volta non impedisce la realizzazione della specifica abilità (che sia lettura, scrittura numerazione o altro), ma necessita di tempi più lunghi e carichi attentivi maggiori. Essendo il diverso neuro funzionamento innato, non si può neppure parlare di guarigione, perché il sistema non si modifica, ma con il tempo e una buona attività educativa si può raggiungere un soddisfacente livello di compensazione».

Quante persone con dislessia vi sono in Italia?

«In Italia, non abbiamo dati certi riguardo gli adulti, ma per quanto riguarda la popolazione in età scolare, i DSA riguardano oltre 2 milioni di persone, tra bambini, ragazzi e adulti. Al momento gli unici dati certi sono quelli che periodicamente fornisce il MIUR, che provengono dal monitoraggio delle certificazioni provenienti dalle scuole, che all'ultima rilevazione attestano i DSA al 3,5% della popolazione scolastica. Ovvio che vi siano dei dati sommersi, di casi non ancora diagnosticati».

I DSA si possono correggere con l'esercizio?

«Per definizione, le persone con DSA manifestano maggiore resistenza a interventi educativi e correttivi, il che non vuol dire che non servono, anzi è dimostrato che una precoce individuazione dei disturbi e una conseguente e rapida attività educativa e di potenziamento, in grado di attivare strategie adeguate per apprendere in modo autonomo e facile, aumentino la possibilità che si attivi un buon compenso funzionale».

DSA e scuola: di che tipo di supporto necessita un bambino con DSA?

«È necessaria una premessa: la scuola funge da osservatorio. Ovvero, in base a come il bambino si esprime, lavora, si relaziona, l'insegnante ha la possibilità di individuare precocemente la presenza di DSA. A quel punto, dopo i dovuti controlli con degli specialisti, viene fatta richiesta di un Piano Didattico Personalizzato (PDP), che prevede misure educative e didattiche di supporto, con una didattica individualizzata e personalizzata e il diritto a fruire di appositi strumenti compensativi, tenendo conto delle difficoltà e dei punti di forza del singolo alunno, che rispetti il suo modo di imparare e garantisca il suo diritto allo studio e all’apprendimento (secondo quanto stabilito dalla legge 170/2010).

È importante ricordare che un bambino o ragazzo con DSA ha capacità cognitive nella norma, e il PDP ha lo scopo di rendere la scuola un ambiente inclusivo e flessibile, che gli permetta di apprendere come i suoi compagni.

Gli strumenti compensativi possono essere strumenti tecnologici o digitali (computer, tablet, calcolatrice...) e facilitano l'abilità in cui riscontrano difficoltà: un dispositivo che legge il testo al posto loro, un audio che possa avvicinare i ragazzi al contenuto, approcciandolo in maniera più diretta. Fornire gli strumenti per aiutare i ragazzi con DSA a esprimere il loro potenziale e sviluppare la loro creatività è anche un compito dei docenti».

Il coronavirus ha cambiato il modo di fare scuola: come ha inciso la DAD sull'apprendimento dei bambini con DSA? Che tipo di problemi hanno dovuto affrontare?

«Abbiamo raccolto molte storie in questi mesi, ma tutto sommato la DAD nei casi di DSA ha funzionato bene: i ragazzi erano felici finalmente di “normalizzare” l'utilizzo del pc, che per loro è uno strumento compensativo, ma in questo frangente lo è diventato per tutti. Questo li tranquillizzava e rendeva uguali ai loro compagni.

Certo, molti studenti, soprattutto i bambini della primaria e secondaria di primo grado, hanno sofferto la non presenza degli insegnanti, punto di riferimento nell'apprendimento, e soprattutto considerando che la DAD è stata lasciata, in alcuni casi, come compito alle famiglie, molti bambini non hanno potuto essere seguiti dai propri genitori e questo ha provocato un gap.

Se vogliamo sviscerare le ombre, più nello specifico, innanzitutto, è stato un problema di tempo: il ritmo delle lezioni era lo stesso, ma non riuscendo i ragazzi a interagire con i docenti, questi ultimi non avevano un feedback diretto dell'avanzamento dell'apprendimento, e molti non si preoccupavano nemmeno di chiederlo.

Poi, è stato un problema di carico cognitivo: molti argomenti erano nuovi e non sono stati spiegati, ma lasciati ai ragazzi da affrontare da soli. Per tanti, l'autonomia nel lavoro non è stata difficile da raggiungere, per altri invece è stata fonte di stress e di lacune nell'apprendimento.

Infine, l'organizzare i materiali da soli (utilizzo di alcune piattaforme, stampare dei documenti...) non è stato immediato, anche per dei reali problemi logistici (in molti non avevano la connessione, altri non avevano la stampante...).

Tirate le somme, i ragazzi, di fronte a tutto questo, spesso si disorientavano, perdevano il senso anche logico delle lezioni. Molti docenti hanno dato per scontato che fossero in grado di apprendere da soli, ma soprattutto non hanno dato loro la sensazione di essere in grado di poterlo fare: lì è stato il corto circuito. Invece, è quanto mai importante il feedback, il supporto anche a distanza, e il rispetto del PDP».

Vi sono stati degli aiuti da parte dello Stato per agevolare queste situazioni?

«Sì, lo Stato ha fornito aiuti su 3 fronti (non solo agli studenti con DSA, ma alla scuola in generale): ha dato fondi agli istituti per dotarsi di piattaforme per l'apprendimento a distanza, ha dato la possibilità di avere in comodato d'uso tablet e pc (in base al reddito della famiglia, ndr) e ha formato il personale scolastico».

Scuola a settembre: che tipo di problematiche potrebbe portare con sé l'insegnamento e la scuola ipotizzata dal Ministro Azzolina?

«Al momento non saprei fare delle previsioni, anche perché è un quadro in continuo divenire: come descritto poc'anzi, vi sono delle ombre nella DAD, ma anche delle luci su cui lavorare. Ciò che è certo è che da parte nostra, come associazione, continueremo a monitorare le esigenze dei ragazzi e a portare sui tavoli di lavoro le loro proposte. Perché il nostro fine ultimo è sempre quello: garantire a tutti una scuola che sia accessibile, inclusiva e flessibile il più possibile».

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