3 luglio 2020 - 21:16

La truffa dei «servizi a pagamento» sui cellulari: parlano due pentiti

I pm indagano sulle compagnie telefoniche: perquisita Wind. Lettera all’Agcom. A migliaia di clienti delle compagnie telefoniche sarebbero stati addebitati importi non dovuti per attivazioni indebite. Indagate 11 persone

di Luigi Ferrarella

La truffa dei «servizi a pagamento» sui cellulari: parlano due pentiti La Guardia di Finanza ha perquisito, venerdì, la sede legale di Wind-Tre a Rho (Milano)
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Due «pentiti» — informatici italiani a Dubai, indagati per frode informatica e colpiti dal sequestro di 12 dei 32 milioni guadagnati nel 2017-2019 sui «servizi aggiuntivi premium indebitamente attivati ad utenti Wind e Vodafone» — danno ai pm le chiavi dello scandalo segnalato negli scorsi giorni dal Corriere: giochini, suonerie, meteo, oroscopi, gossip attivati con sovrapprezzo sulla scheda Sim dell’utente senza sua richiesta con doppio click, ma con inganno di fraudolenti banner pubblicitari. «Approfittamento del consumatore oggetto delle peggiori scorrerie», lo definisce il procuratore Francesco Greco, in un sistema «da noi verificato su Wind ma praticato allo stesso modo dagli altri operatori» Vodafone e Tim, segnalati perciò dai pm all’Agcom «per le attivazioni illecite senza click dell’utente nella loro piena consapevolezza». Meccanismi — dice il capo del pool tutela consumatori Eugenio Fusco — basati sul «portar via poco ma a tanti» per «conseguire profitti più cospicui delle maxifrodi»: persino «in emergenza Covid», quando il consulente Maurizio Bedarida «ha verificato — rimarca il pm Francesco Cajani — che i ragazzi che alle 14.30 guardavano cartoni animati in Rete si vedevano attivare servizi a pagamento solo perché navigavano dal telefonino sulla pagina, senza click». Wind, perquisita, ha tre ex dirigenti (Alessandro Lavezzari, Luigi Saccà, figlio dell’ex direttore generale Rai Agostino, e con ruolo minore il commerciale Fabio De Grenet) indagati per le ipotesi di accesso abusivo a sistema telematico e tentata estorsione contrattuale ai danni di DigitApp, società che ha denunciato di essere stata penalizzata perché rifiutava le agenzie di pubblicità sponsorizzate da Wind e dalla sua piattaforma tecnologica Pure Bros (indagata coi vertici Angelo Salvetti e Fabio Cresti).

I due misteriosi «pentiti» hanno anche rivelato come l’attivazione illecita di servizi persino sulle Sim di comunicazione tra macchine (come antifurti, ascensori o caldaie) avvenisse «utilizzando liste contenenti centinaia di migliaia di numerazioni Wind passateci da uomini di Pure Bros» tra gli 11 indagati. E i controlli? La Procura scrive all’Agcom-Autorità Garante per le Comunicazioni per sollecitare «una seria e definitiva riforma» dopo che anche con gli «sforzi regolatori degli ultimi anni il panorama è peggiorato». In scaricabarile: «Le compagnie telefoniche incassano il 50% su ogni attivazione fraudolenta ma si trincerano dietro la delega ai rispettivi hub tecnologici di qualsiasi controllo»; gli hub «rimpallano la responsabilità» ai fornitori di servizi; i quali ai pm dicono che «non possiamo sapere se il click sulla webpagina di attivazione del servizio lo faccia l’utente o avvenga grazie ad artifici informatici».

Anche «il fatto che molte società siano riferibili ai medesimi soggetti è fenomeno diffuso», conferma Saccà ai pm, «per i proprietari era più facile continuare a lavorare con Wind e altri operatori a seguito di sanzioni con le società precedenti. Non facevamo» neanche «le visure societarie perché la direzione compliance di Wind Tre ci disse che non c’era il budget necessario». Persino la società Vetrya, affidataria del call center unico 800.44.22.99 al quale i consumatori possono chiedere disdette e rimborsi, appare ai pm in «palese conflitto di interesse essendo anche hub tecnologico di Tim»; e il report mensile, che stila su richiesta Agcom, poco dissuade le scorrette pratiche commerciali perché indica solo quanti utenti si lamentino, non di quali compagnie o fornitori si lamentino.

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