2 luglio 2020 - 07:15

Medici di famiglia e farmacisti morti. «Nessun risarcimento per il Covid»

Le assicurazioni: l’infezione non è infortunio sul lavoro. Ma chi lavora negli ospedali invece riceve l’indennizzo. I parenti di alcune delle vittime sono pronti a rivolgersi alla magistratura

di Giuseppe Guastella

Medici di famiglia e farmacisti morti. «Nessun risarcimento per il Covid»
shadow

C i sono eroi ed eroi. A differenza dei colleghi assunti nella sanità pubblica o privata, i medici di famiglia e gli infermieri che si sono ammalati di coronavirus assistendo i pazienti non saranno indennizzati per i danni subiti, così come non avranno nulla le loro famiglie se sono morti, nonostante per anni abbiano pagato un’assicurazione. Per una questione interpretativa giuridica, infatti, le compagnie non riconoscono l’infezione da Covid-19 come infortunio sul lavoro. C’è già chi è pronto a rivolgersi alla magistratura.

Le categorie

Un medico, un dentista, un farmacista o un tecnico sanitario (infermieri, terapisti, radiologi ecc.) che lavorano con regolare contratto in una struttura sanitaria pubblica o privata e che si sono ammalati o si ammalano, speriamo non più, dopo essere stati contagiati da un paziente, possono contare sulla copertura assicurativa dell’Inail che considera ciò che è accaduto loro un infortunio sul lavoro. Di conseguenza, hanno diritto a un indennizzo se riportano un’invalidità permanente che, in caso di morte, viene versato ai familiari. I medici di medicina generale svolgono un servizio — è bene ricordarlo — pubblico in convenzione con il Servizio sanitario che li paga, ad esempio, per visitare i pazienti. Non possono rifiutarsi e se vengono contagiati è obiettivamente difficile non pensare a un infortunio, ovviamente sul lavoro. Lo stesso vale per i farmacisti, per i dentisti e per tutti gli altri operatori sanitari che hanno un’attività libero-professionale che li pone a contatto con il pubblico. Questi professionisti di solito pagano volontariamente una polizza assicurativa che copre i danni da infortuni, versando in media tra i mille e i duemila euro l’anno. Nel loro caso, a differenza dell’Inail, però, le compagnie assicurative private escludono che il contagio possa essere considerato un infortunio e non coprono i danni. Lo fanno se l’assicurato ha stipulato una polizza anche contro le malattie, ma è una cosa molto rara perché in Italia, per fortuna, c’è il Servizio sanitario nazionale che cura gratuitamente.

Le cifre Inail

Dall’inizio della pandemia l’Inail, spiega Patrizio Rossi, sovrintendente sanitario nazionale dell’Istituto, dati al 15 giugno, «ha ricevuto 49.021 denunce di infortuni sul lavoro da parte degli operatori del settore della sanità e dell’assistenza sociale, tra tutte la categoria più colpita con 236 decessi». Secondo i dati Inail, il maggiore numero di contagiati si è verificato tra i tecnici della salute (40,9%), seguiti dagli operatori socio-sanitari (21,3%), dai medici (10,7%) e dagli operatori socio-assistenziali (8,5%). Anche il maggiore numero dei morti è stato registrato tra i tecnici della salute (12%, di cui il 60% infermieri) seguiti dai medici (9,9%) e dagli operatori socio-sanitari (7,8%). «Solo gli operatori infettati sul lavoro che sono assicurati dall’Inail sono tutelati da questi rischi» precisa Rossi. Gli esclusi sono migliaia come, appunto, i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta, i farmacisti e i dentisti, professionalità tra le quali ci sono stati tanti contagiati e morti, tra cui 171 medici e 14 farmacisti. Per loro, quindi, le regole dell’Inail non valgono. «Sulla qualificazione dell’infezione come infortunio c’erano orientamenti opposti tra mondo assicurativo pubblico e mondo assicurativo privato già prima della pandemia», spiega Rossi, secondo il quale, «dal punto di vista tecnico-giuridico non c’è alcuna differenza tra il sistema assicurativo pubblico e quello privato sull’interpretazione dell’infezione come infortunio». Invece, «le assicurazioni private hanno sempre escluso tutte le malattie infettive dall’indennizzo, a meno che non siano collegate direttamente a una lesione subita in precedenza. Questo — prosegue Rossi — è un concetto ormai superato di fronte a una malattia che di per sé costituisce a tutti gli effetti un evento lesivo conseguente a una causa violenta-rapida-esterna. Quello che tecnicamente è considerato un infortunio dalla medicina-legale». Per trovare una soluzione, Inail ha promosso un gruppo di lavoro per studiare l’estensione della propria tutela ai medici e odontoiatri liberi professionisti. Su come affrontare le conseguenze della pandemia in generale si interrogano le assicurazioni che, come ha detto il presidente Ania Maria Bianca Farina, stanno cercando «una soluzione assicurativa che consenta una gestione ex ante della pandemia».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT