Anche l’ultima boa, quella dell’aritmetica, è superata: il Benevento è la prima squadra ad essere promossa in A, non solo, è già ufficialmente vincitrice del campionato, con 7 giornate d’anticipo. La vittoria con la Juve Stabia nel Ciro Vigorito purtroppo deserto, col gol di Sau decisivo, regala la A e il primato matematico. Dopo il covid dunque il calcio regala due feste su due alla Campania: la Coppa Italia del Napoli e l’arrivo in A degli “Stregoni”.

Per la verità bandiere e trombette nel Sannio erano scontate e avrebbero dovuto sventolare e suonare già mesi fa: il Benevento il campionato di serie B lo ha cannibalizzato, prendendosi la vetta alla settima giornata, abbandonandola solo all’unico passo falso compiuto, contro il Pescara alla nona giornata, ma riprendendola subito dopo lasciando a distanze siderali gli avversari. Oggi il Crotone, seconda in classifica, ha 24 punti in meno del Benevento, i giallorossi hanno una differenza reti di +41, in 19 partite su 31 non hanno subito gol: sono numeri pazzeschi.

Una cavalcata superiore addirittura a quella della Juve di Deschamps, che pure aveva elementi niente male per la Serie B tipo Nedved, Del Piero, Buffon, Trezeguet, Camoranesi. Ma ha funzionato tutto alla perfezione in casa giallorossa: un coro che dall’estate scorsa non ha preso neanche una stecca. Gruppo di ferro con Pippo Inzaghi formato Eddie Merckx a guidarlo, società solida e organizzata e un direttore sportivo che pur giovanissimo è stato capace di mettere ogni tassello al posto giusto, umano, tattico e tecnico in un progetto biennale.

Sì, perché il lavoro di Pasquale Foggia, l’ex folletto di Lazio, Cagliari e Ascoli, è partito da lontano. Nella società giallorossa ci è entrato dalla porta di servizio, come responsabile del settore giovanile: promosso ds nella seconda parte del campionato di Serie A che ha portato alla retrocessione, ha poi lavorato alla ricostruzione. L’impresa stava riuscendo già al primo tentativo, ma in semifinale playoff i giallorossi si sono fermati col Cittadella: col secondo tentativo si è raggiunta la perfezione.

Peraltro con un mercato intelligente, non dispendioso che pure è una tentazione facile quando si ha a che fare con un presidente generoso e disponibile come Vigorito: sono arrivati Kragl, Schiattarella e Sau a parametro zero, con loro Hetemaj, pilastri della squadra e decisivi nel rendere netta la differenza tra il Benevento e le altre. L’anno prima a gennaio era arrivato Caldirola a zero: intuizione geniale, infatti i giallorossi sono tra le squadre che subiscono meno gol in Europa. E ancora: Christian Maggio, che qualche anno fa giocava in Champions e si è calato con estrema umiltà e serietà nel ruolo di capitano del Benevento. Un gruppo cucito con stoffa di gran pregio e regalato a un sarto come Inzaghi che gli ha trasmesso la ferocia che aveva da calciatore: per intenderci, è un gruppo, quello del Benevento, che la palla a Barone contro la Repubblica Ceca non l’avrebbe mai passata, proprio come il suo mister.

Un’annata memorabile per la gioia di un presidente “padre” come Oreste Vigorito: memorabile lo scorso anno, a semifinale playoff perduta in casa, a riprenderli uno a uno in mezzo al campo, ad asciugare lacrime. “Tranquilli ragazzi, in A ci andiamo l’anno prossimo, ve lo garantisco”. Promesse scolpite nel tempo e nei ricordi indelebili: quelli stampati sulla maglia celebrativa del presidente, una foto con suo fratello Ciro, andato via troppo presto. A Ciro è dedicato lo stadio di Benevento: ne è diventato la buona stella. E dopo la paura, o più che altro lo sdegno, per quello che lui stesso ha definito tentativi di giochi di prestigio, parlando della richiesta della Lega di A di annullare i campionati, poi bocciata, oggi il patron Oreste avverte: “Torniamo in A, sì, ma per restarci”.

E anche nel giorno della festa, con Mastella sindaco della città quantomai timoroso di vedere scene simil Napoli o Liverpool tra le strade di Benevento, Vigorito ha assicurato: “Non venite fuori dallo stadio, appena sarà possibile faremo entrare tutti allo stadio, gratis, per festeggiare per davvero”. Un bel traguardo anche dal punto di vista non prettamente sportivo per una città non proprio fortunata negli ultimi anni: area interna con un’economia in fortissima difficoltà, falcidiata da un’alluvione devastante cinque anni fa e oggi messa a durissima prova dal lungo lockdown. Bello dunque vedere il giallorosso sventolare. E sì, la sfilata c’è stata e la festa pure. Perché in fin dei conti festeggiare non è roba da inquisizione: le streghe son tornate.

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