26 giugno 2020 - 20:01

Gué Pequeno contro Ghali: uno ammicca a Gomorra, l’altro a City Life: ecco perché non si sopportano

Tra i due le corrispondenze d’amorosi dissensi (più prosaicamente, nello slang musicale, si definisce dissing) hanno radici antiche e fiori perenni

di Renato Franco

Gué Pequeno contro Ghali: uno ammicca a Gomorra, l'altro a City Life: ecco perché non si sopportano
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Il rapper brutto sporco e cattivo che sembra uscito da Gomorra contro quello radical chic che pare pronto per una sfilata di Dolce e Gabbana. Quello che nei testi è duro e puro secondo i codici etici ed estetici del «macho alfa» contro quello che nato incendiario si è fatto pompiere e al massimo oggi ti consiglia di farti una canna. Quello che conosce la brutta gente cresciuta in strada contro quello buono per uno spot tra i grattacieli di City Life. Ovvero Gué Pequeno contro Ghali. Tra i due le corrispondenze d’amorosi dissensi (più prosaicamente, nello slang musicale, si definisce dissing) hanno radici antiche e fiori perenni. L’ultimo capitolo è l’intervista affilata concessa a «Rolling Stone» da Gué Pequeno (di solito è lui quello che provoca, anche per questioni di cliché) dove le frecce per Ghali sono andate dritte per dritte: «Un artista vestito da confetto può andare bene per una sfilata ma non ha grande credibilità di strada. Io non sono razzista né omofobo ma vedere un rapper che va in giro vestito da donna con la borsetta mi fa ridere, che poi almeno fosse gay... Sono cose assurde». I canoni del rap rispondono a logiche tribali, quindi inevitabile che molti abbiano trovato nelle sue parole «un concentrato di banalità retrive e omofobe». Il discorso è complesso: quanta fiction c’è nel linguaggio che permea quel mondo e quanto invece c’è di autenticamente profondo e retrogrado? Posso trovare artistico il rap e dunque perdonarne gli eccessi o invece erge a modello comunque una filosofia inaccettabile? A ognuno la sua sensibilità e la sua risposta.

Certo i due sono tipi incompatibili. Gué Pequeno, vero nome Cosimo Fini, quel Gué iniziale che rimanda al suo primo pseudonimo (Guercio), 40 anni, fa parte di quel rap duro e puro che ha in lui, Fibra e Marracash i rappresentanti più ortodossi. La strada come punto di riferimento, la triade sesso droga e rap come bussola, la donna vista come oggetto. Iconografia classica insomma. Anche se poi quando si deve scegliere le fidanzate Gué ha gusti molto pop (Elena Morali, Nicole Minetti, Sara Tommasi). E proprio la svolta pop (in musica) è quella che lui contesta a Ghali (Amdouni il cognome) che ha 13 anni in meno e fa parte di una nuova generazione non solo musicale (è nato a Milano da genitori tunisini). Del resto Ghali sembra più coerente ora che ai suoi esordi: testi e suoni più morbidi, fidanzato con la top model Mariacarla Boscono, la fissa della moda ereditata dalla madre. «Ci teneva molto che io fossi sempre impeccabile: quando ero piccolo gli immigrati venivano visti in un certo modo, essere in ordine era una garanzia in più per essere integrati. Mi ricordo che mi cambiava anche più volte al giorno: la mia famiglia non aveva titoli di studio e la mentalità era quella del presentarsi bene, anche se i soldi in casa scarseggiavano».

La ruggine tra G & G nasce probabilmente al tempo in cui Gué Pequeno lo mise sotto contratto nella sua etichetta Tanta Roba, quasi 10 anni fa. Il sodalizio non funziona, le strade divergono quanto le loro opinioni. Nella sua autobiografia (due anni fa) Gué raccontava: «Sono rimasto Cosimo (Fini) quando il 90 per cento dei rapper è falso. Si fingono gangster o inventano un’adolescenza difficile ma se finiscono in quegli ambienti prendono schiaffi. Io non mi spaccio per malavitoso, ma ne conosco e mi rispettano. Ghali ha cambiato direzione troppe volte per essere veramente autentico: da gangster a mamma Africa ce ne passa». A cicli carsici la ruggine riemerge. Solo 10 giorni fa, proprio attraverso il «Corriere», Gué aveva attaccato Ghali, a suo dire fenomeno di plastica, costruito con mire ben precise, piuttosto che autentico motore del rap: «L’Italia è razzista, non c’è quindi da stupirsi dei risultati di Salvini. Non avremo mai un rapper nero al numero 1. Ghali è un fake. Appartiene all’universo fashion: non sarà mai un idolo del mondo di colore». Lui aveva risposto con i numeri: «Che palle, non sarò mai “l’idolo del mondo di colore”. L’album Dna è platino! Platino… quello vero, non fake».

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