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Fmi: Pil globale in calo del 4,9%, Italia -12,8%. Impatto «catastrofico» sull’occupazione e povertà in aumento

La pandemia del Covid lascia cicatrici profonde sull’economia globale, sui conti pubblici e sull’occupazione, che subirà un impatto addirittura «catastrofico». Il Fondo monetario internazionale ha aggiornato le stime di crescita per il 2020 e ora prevede una contrazione del Pil mondiale del 4,9%

di Gianluca Di Donfrancesco

Eurozona, prosegue recessione delle imprese ma si smorza a maggio

5' di lettura

Una recessione più acuta, seguita da una ripresa più lenta: la pandemia del Covid lascia cicatrici profonde sull’economia globale, sui conti pubblici e sull’occupazione, che subirà un impatto addirittura «catastrofico». Il Fondo monetario internazionale ha aggiornato le stime di crescita per il 2020 e ora prevede una contrazione del Pil mondiale del 4,9% (contro il 3% stimato ad aprile). Le conseguenze sui ceti più deboli, scrive l’Fmi, saranno tali da minacciare i progressi fatti nella lotta alla povertà. Solo la Cina potrebbe riuscire a salvare il segno “più” davanti al Pil.

L’Fmi calcola che tra il 2020 e il 2021, l’economia globale perderà 12.500 miliardi di dollari rispetto alle proiezioni fatte a gennaio, quando per quest’anno si stimava una crescita del 3,3%. È questo il costo il Great Lockdown, come l’Fmi ha ribattezzato la crisi del Covid. Una crisi senza precedenti.

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Una crisi senza precedenti

«La pandemia di Covid-19 - si legge nel World economic outlook (Weo) - ha avuto un impatto più negativo del previsto nella prima metà del 2020 e si prevede che la ripresa sarà più graduale». L’anno, prossimo, il Pil globale crescerà del 5,4% (contro il 5,8% previsto ad aprile). Il Pil del 2021 rimarrebbe così di circa 6,5 punti percentuali più basso rispetto alle proiezioni di gennaio 2020, prima del Covid. Il commercio mondiale subirà una contrazione di quasi il 12%.

Nel primo trimestre dell’anno la crisi è stata più grave del previsto, ma l’Fmi si aspetta il peggio nel secondo: tra aprile e maggio la pandemia ha accelerato in molti Paesi, costringendo a misure di clausura più stringenti. L’Fmi ribadisce che l’eventuale seconda ondata di contagi aggraverebbe la recessione, prolungandola al 2021.

Segno più solo per la Cina

In questo scenario, fa eccezione la Cina, che già da aprile ha cominciato a revocare il lockdown e per la quale l’Fmi continua a scommettere su una crescita complessiva nel 2020, anche se ferma all’1%, ai minimi dagli anni 70. Robusta l’accelerazione nel 2021 (oltre l’8%). Al netto dei rischi di seconda ondata. L’Ocse, invece, prevede per la Cina una contrazione del 2,6%.

In tutti gli altri Paesi presi in considerazione dal Weo di giugno, la situazione è peggiorata. Per l’Eurozona, la contrazione prevista è del 10,2% (seguita da rimbalzo del 6% nel 2021): l’Italia rischia una flessione del 12,8% (+6,3% nel 2021), in linea con le ipotesi più pessimistiche di Bankitalia (-13%), che stima un -9,2% come scenario base. La Germania va verso un -7,8%. Per il Regno Unito, fuori dalla Ue e alle prese con la Brexit, la flessione supererà il 10%.

Negli Stati Uniti, che viaggiano verso le presidenziali di novembre in un clima sociale molto teso, la contrazione sarà dell’8%, con rimbalzo al 4,5% nel 2021.

Perfino l’India, dove i contagi continuano ad aumentare, subirà una contrazione, la prima in oltre 40 anni, con Pil in calo del 4,5%. In Brasile, dove la gestione della pandemia è stata fallimentare, il calo sarà del 9,1%. Giù del 6,6% il Pil della Russia.

LE PREVISIONI DI CRESCITA PER IL 2020
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Impatto «catastrofico» sul lavoro

L’Fmi riprende i dati dell’Organizzazione mondiale del lavoro: il calo delle ore lavorate nel primo trimestre 2020, rispetto al quarto 2019, è equivalente a 130 milioni di posti a tempo pieno. Per il secondo trimestre 2021, ci si aspetta la perdita di oltre 300 milioni di posti equivalenti.

«Il colpo è stato particolarmente duro per i lavoratori poco qualificati, che non hanno la possibilità di lavorare da casa». Con «le donne appartenenti a gruppi a basso reddito» particolarmente penalizzate. La pandemia, insomma, aumenterà le diseguaglianze e minaccia di invertire il trend di riduzione della povertà estrema: «Oltre il 90% dei mercati emergenti e delle economie in via di sviluppo registrerà un calo del reddito pro-capite nel 2020», dice l’Fmi.

Non solo: la chiusura delle scuole in circa 150 Paesi, significa una forte «perdita di apprendimento» per 1,2 miliardi di ragazzi (circa il 70% del totale), con «effetti sproporzionatamente negativi» sulle aspettative di realizzazione economica e professionale per i bambini nei Paesi a basso reddito. Il Covid sembra allora condannare una generazione a un futuro più povero e fragile.

L’impennata del debito

La crisi è stata almeno in parte mitigata dalle «considerevoli contromisure» messe in atto da Governi e Banche centrali. L’Fmi calcola che sono stati annunciati interventi per circa 11mila miliardi di dollari, equamente ripartiti tra maggiore spesa pubblica e minori entrate fiscali, da un lato (5.400 miliardi), e misure a sostegno della liquidità, dall’altro. Nei Paesi del G20 le misure di bilancio ammontano ormai al 6% del Pil, in media, contro il 3% di aprile.

I CONTI PUBBLICI
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Di conseguenza, il debito pubblico raggiungerà un picco storico oltre quota 101% del Pil, rispetto all’83% del 2019. «L’elevato sostegno alla liquidità in alcune economie avanzate», tra cui l’Italia (ma anche Francia, Germania, Giappone e Regno Unito) crea rischi per i conti pubblici, avvisa l’Fmi.

L’Italia, in particolare, vede il debito pubblico galoppare verso il 166% del Pil (contro il 155% stimato ad aprile e il 135 del 2019), con deficit al 12,7%. La Germania, per contro, resta in sicurezza, con debito al 77% del Pil (dal 60% del 2019). Il Giappone vola al 268%, mentre gli Usa si attestano al 141% (dal 108%), con un deficit monstre del 23,8% del Pil.

Exit strategy «graduale»

Nei Paesi che hanno cominciato a revocare il lockdown, l’Fmi raccomanda un ritiro «graduale» delle misure di sostegno, sottolineando la necessità di evitare perdite brusche di reddito e fallimenti d’impresa proprio nella fase iniziale della ripresa. Dove possibile, le misure di sostegno potrebbero essere sostituite dall’espansione delle reti di protezione sociale a tutela dei soggetti «più vulnerabili» e da investimenti “verdi”. Il lockdown ha consentito un calo record delle emissioni di gas serra: l’Fmi invita a cogliere l’occasione per accelerare la lotta al cambiamento climatico e per lavorare a meccanismi multilaterali di tassazione del carbonio.

Fermare l’escalation Usa-Cina

L’Fmi ribadisce la necessità di forte cooperazione multilaterale e di assistenza ai Paesi che affrontano crisi sanitarie e difficoltà di rifinanziamento, anche attraverso la cancellazione del debito. Ma oltre ad affrontare in modo coordinato la pandemia, i leader politici devono risolvere le tensioni su dazi e tecnologie: tra i principali fattori di rischio, insieme ai disordini sociali diffusi, l’Fmi indica ancora una volta l’escalation tra Usa e Cina.

Infine, «la comunità globale deve agire per evitare che la catastrofe si ripeta, costruendo scorte globali di forniture essenziali e dispositivi di protezione, finanziando la ricerca e rafforzando i sistemi sanitari pubblici, con la messa in atto di modalità efficaci per fornire soccorso ai più bisognosi».

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