23 giugno 2020 - 19:29

Piazza San Carlo, «l’errore di due medici segnò il destino di Marisa Amato»

La sera del 3 giugno 2017 la donna fu travolta dalla folla, poi rimase paralizzata a causa di una microfrattura «non rilevata»: chiusa l’inchiesta per omicidio colposo

di Simona Lorenzetti

Piazza San Carlo, «l'errore di due medici segnò il destino di Marisa Amato»«L'errore di due medici segnò il destino di Marisa Amato» Marisa Amato
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Non si sono accorti di una microfrattura all’altezza della cervicale. Un errore che ha segnato il destino di Marisa Amato, la donna di 64 anni travolta dalla folla in piazza San Carlo, la sera del 3 giugno 2017, e deceduta diciannove mesi più tardi. Ora due radiologi rischiano il processo: l’accusa è omicidio colposo. Il procuratore aggiunto Vincenzo Pacileo ha chiuso le indagini e nei guai sono finiti Andrea Rusciano, del Maria Vittoria (assistito dall’avvocato Gian Maria Nicastro), e Augusto Russo, delle Molinette (difeso da Roberto Trinchero). Per la Procura, la mancata diagnosi della microfrattura, che era allineata e non scomposta, avrebbe determinato la paralisi della donna e di conseguenza la sua morte, avvenuta il 25 gennaio del 2019.

La sera del 3 giugno Marisa Amato non è in piazza ad assistere alla finale di Champions League tra Juventus e Real Madrid. È a passeggio con il marito Vincenzo d’Ingeo, di 68 anni. La coppia è appena uscita da un ristorante in via Santa Teresa quando viene investita dai tifosi, che in preda al panico si allontanano dal maxischermo dopo che una banda di giovani marocchini ha utilizzato lo spray urticante per mettere a segno una serie di rapine. Due ore dopo la donna è al pronto soccorso del Maria Vittoria. Ha ferite multiple: al torace, alla spalla, al volto. Viene immobilizzata e sottoposta a una Tac «total body». È a questo punto che, stando alle indagini, avviene il primo errore. Rusciano è il radiologo di turno: lo specialista controlla l’esame e — si legge negli atti — «non rileva la lesione cervicale». La paziente viene quindi trasferita alle Molinette. Dove, secondo la Procura, avviene il secondo errore. A commetterlo sarebbe un altro radiologo, Russo: il medico analizza le immagini dell’esame e a sua volta non si accorge della microfrattura alla cervicale. Eppure c’è, per quanto difficile da scorgere.

Ciò che accade dopo è conseguenza di queste presunte negligenze. Il personale sanitario rimuove il collare e non esegue la risonanza magnetica: il presidio ortopedico avrebbe protetto la donna durante gli spostamenti, mentre l’esame avrebbe permesso una diagnosi più accurata. In sostanza, si sarebbe potuto procedere con «un intervento chirurgico e così scongiurare la (poi verificatasi) rottura dei legamenti del radiche cervicale». La mattina del 6 giugno Marisa Amato è paralizzata. E il 25 gennaio del 2019 muore «per uno choc settico condizionato dalla tetraplegia».

I due medici devono rispondere di omicidio colposo. Lo stesso reato contestato ai 15 amministratori, tra cui la sindaca Chiara Appendino, che avrebbero dovuto garantire la sicurezza in piazza e sono ancora in attesa della fissazione del processo. I due fascicoli si intersecano, ma secondo i magistrati la mancata diagnosi della frattura non spezza il nesso di causalità tra i tragici fatti accaduti in piazza e la morte della donna. E quindi non inciderebbe sulle presunte responsabilità dei colletti bianchi. Presto per gli specialisti potrebbe arrivare una richiesta di rinvio a giudizio. «Riteniamo di riuscire a dimostrare già in sede di udienza preliminare — sottolinea l’avvocato Nicastro — che quella disgraziata sera non vi erano al Maria Vittoria le condizioni oggettive per rendere una prestazione più attenta a causa dell’enorme afflusso di pazienti. Il dottor Rusciano fece tutto quello che era umanamente possibile in quel contesto».

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