13 giugno 2020 - 21:16

Coronavirus, Ranieri Guerra (Oms) : «I focolai a Roma erano previsti, ma ora siamo preparati a rispondere»

Il direttore Oms, Ranieri Guerra: «Se fosse successo a febbraio sarebbe stato come in Lombardia. Però abbiamo gli strumenti per intervenire». Il virus non è cambiato e non é meno aggressivo

di Margherita De Bac

Coronavirus, Ranieri Guerra (Oms) : «I focolai a Roma erano previsti, ma ora siamo preparati a rispondere»
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Che significato hanno i nuovi focolai a Roma?
«Che il virus non ha perso contagiosità, che si comporta esattamente come prima, non ha nessuna intenzione di mollare la presa e di attenuarsi di sua volontà. E’ la dimostrazione che non si è modificato. Non c’è nessun segnale di questo tipo e chi ritiene sia così deve rivedere le sue posizioni».

Ranieri Guerra, infettivologo, direttore aggiunto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha partecipato alle scelte del comitato tecnico scientifico.

C’è motivo di allarme?
«Non entro nel merito di situazioni che non conosco nei dettagli. Aspettiamo i risultati dell’indagine epidemiologica. In una struttura sanitaria chiusa basta poco per accendere un focolaio perché un unico caso è sufficiente ad amplificare la diffusione rapida su persone fragili, non protette. Quella del San Raffaele avrebbe potuto essere la replica del primo focolaio lombardo, a Codogno. Ma ora abbiamo gli strumenti per intercettarlo e circoscriverlo, a febbraio eravamo impreparati. Mancava un sistema di tracciamento immediato ed efficiente che ora invece è ben consolidato»

È il segnale della ripresa dell’epidemia?
«No, sta accadendo esattamente quanto ci aspettavamo. Fa parte della storia naturale delle epidemie, nessuno si illudeva che non ci sarebbero stati più problemi. Il virus circola di meno ma c’è e solo con il distanziamento possiamo controllarlo»

È il risultato di un certo rilassamento da parte della collettività?
«Sì, potrebbe essere così e mi auguro che questo suoni come un campanello d’allarme. Il Sars-CoV 2 non è finito, non bisogna rilassarsi, è un rischio non prendere precauzioni ».

C’è chi sostiene che il virus sia clinicamente morto.
«Le terapie intensive si stanno svuotando ma solo perché i malati vengono intercettati e curati prima e le persone fragili si proteggono. Ma il virus è cattivo come prima. Lo dicono i morti di ieri a Roma legati al focolaio del San Raffaele».

Le riaperture attuate sono state troppo affrettate?
«Al contrario. Le riaperture sono state attuate per gradi, con scansione bisettimanale, come il comitato tecnico scientifico aveva raccomandato. Era necessario tornare alla normalità. Le istituzioni hanno fatto il loro dovere, adesso tocca alla gente rispettare le regole».

Insomma non è preoccupato?
«Lo sarei se i focolai fossero molteplici anche con minori casi ciascuno. Qui si tratta di eventi limitati nel tempo e nello spazio. Sarei più preoccupato se si verificassero 10 episodi in 10 luoghi diversi e prolungati nel tempo. In questa circostanza sappiamo invece dove sono nati e quando».

Secondo lei dobbiamo aspettarci una seconda ondata epidemica?
«Se per seconda ondata intendiamo la replica di quella che abbiamo vissuto tra febbraio e aprile le rispondo che no, a mio parere è difficile che si ripeta nel periodo autunnale con lo stesso vigore. Saranno inevitabili invece tanti micro focolai che però abbiamo imparato a gestire. Purtroppo non è così dappertutto nel mondo».

I direttore dell’Oms Ghebreyesus ha avvertito gli Stati dell’organizzazione: a livello mondiale la curva dell’epidemia è in rialzo?
«Sì, basta guardare quanto sta accadendo in America Latina, in particolare in Brasile. Il virus può arrivare in Italia anche da quei Paesi che stanno alimentando l’epidemia E’ una contraddizione limitare gli spostamenti tra i Paesi Schengen e non con il resto del mondo».

Lo Jenner Institute di Oxford ha annunciato che entro l’anno ci sarà il vaccino. Un’industria farmaceutica è pronta a produrlo in 2 miliardi di dosi. Prospettiva plausibile?
«La comunità scientifica non ha ancora visto dati, quelli iniziali erano contrastanti. Noi come Oms stiamo cercando di dare fondi affinché una volta che il vaccino sarà pronto possa essere venduto a prezzi accessibili».

E le terapie?
«Anche da questo punto di vista il virus si comporta in modo anomalo rispondendo alle terapie diversamente nei singoli pazienti e devono dunque essere individualizzate. E’ uno dei motivi che rendono difficili le sperimentazioni. Mancano ancora farmaci specifici, spero molto negli anticorpi monoclonali ma anche qui siamo solo all’inizio del percorso».

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