The Last of Us Parte II, cronaca di un videogioco terribile e magnifico

L’opera di Naughty Dog è negazione dell’intrattenimento videoludico e per questo motivo ne diventa la sua esaltazione in una forma nuova, dolorosa e purissima

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La vendetta è fatta della stessa materia dell’amore e per questo non cerca un’assoluzione o una possibile redenzione. La vendetta, come l’amore, non è razionale, ma arde e divora.

The Last of Us: Parte II non è un gioco per omofobi, razzisti o misogini, a dirlo è stato lo stesso Neil Druckmann, Vice Presidente di Naughty Dog e Director del titolo, citando una famose frase di Kurt Cobain, in un suo tweet di risposta a un fan indignato per i contenuti del gioco.

Non è neanche un’opera per chi pensa che l’intrattenimento elettronico non possa e non debba occuparsi di certi argomenti. Per chi crede che prima di tutto i videogiochi abbiano il compito di divertire.

Se appartenete a queste categorie di videogiocatori, non intraprendete l’incredibile viaggio nell’opera di Naughty Dog. Non fatelo perché The Last of Us: Parte II è la negazione del videogioco e per questo motivo ne diventa la sua esaltazione in una forma dolorosa e purissima.

La premessa era dovuta perché Last of Us: Parte II, disponibile dal 19 giugno in esclusiva per PlayStation 4, è un titolo di genere survival post-apocalittico feroce che fa della sua brutale bellezza la sua cifra stilistica, che lacera le regole del divertimento con la sua narrazione matura e violenta.

I registri stilistici di un lungo viaggio
The Last of Us: Parte II è il sequel diretto del primo episodio. La vicenda prende forma pochi anni dopo la decisione di Joel, contrabbandiere protagonista del primo capitolo, di salvare la quattordicenne Ellie, unica immune agli effetti del fungo parassita Cordyceps che ha trasformato buona parte dell’umanità in creature simili a zombie.

Joel avrebbe dovuto sacrificare Ellie, lasciare che le Luci, gruppo rivoluzionario che si opponeva alla FEDRA, sintetizzassero da una parte interna del suo cervello un antidoto.

Anni dopo ritroviamo Joel, suo fratello Tommy e Ellie, diventata una giovane donna, nella cittadina fortificata di Jackson. Villaggio per sopravvissuti che ricorda quello descritto nel romanzo Il Passaggio di Justin Cronin.

La storia prende forma come in un puzzle composto da innumerevoli tasselli, si dipana in un intenso prologo ambientato a Jackson e nei suoi dintorni, in tre giorni ricchi di flashback nella spettacolare città di Seattle e chiude il sipario in un epilogo senza pari nella storia dei videogiochi.

Il viaggio, che dura circa trentatré ore giocando in modalità normale, vanta una visione totalmente inedita del medium e propone un continuo cambio di registro narrativo. La sua struttura spazia per tutte le sfumature dell’horror, diventa avventura esplorativa, si trasforma in dramma sentimentale per poi arrivare al thriller post-apocalittico.

Ogni cambio di visione, accompagnato da un gameplay che si incastra perfettamente nella narrazione esaltandola, allenta o carica la tensione emotiva trascinando il giocatore in una montagna russa di sensazioni che dura ben oltre i titoli di coda.

Terra, acqua, aria
I paesaggi algidi di Jackson, Seattle sotto una pioggia scrosciante, l’impeto del mare che squassa il molo in cui si erge una ruota panoramica. Gli edifici abbandonati della città che si espandono in altezza, il fiume con le sue rapide e poi di nuovo a terra, nelle strade, nelle piazze dove la vegetazione erode l’antica opera dell’uomo e il cemento si tinge di un verde brillante. Colori che esplodono, ancora più intensi grazie all’HDR, e tratteggiano una varietà di panorami da affrontare.

Alcuni spazi sono organizzati come piccoli open world dove le strutture e la morfologia dell’ambiente dettano il ritmo di gioco che diventa esplorativo, alla ricerca di risorse, una parte essenziale per la sopravvivenza di Ellie.

L’esplorazione lascia spazio a momenti stealth che volendo possono trasformarsi in frenetici scontri sia con gli zombi Runners, Stalkers e Clickers, sia con le fazioni di umani che si contendono il territorio.

In The Last of Us II gli edifici di Seattle hanno una dimensione esplorabile che si sviluppa anche in altezza, regalando viste sensazionali sulla città.

L’acqua in questo secondo capitolo della serie non ha solo un ruolo decorativo, la pioggia che bagnando le superfici riflette i bagliori di una sapiente illuminazione, diventa un fiume navigabile che arriva a un mare scosso dalle onde.

L’energia di questi ambienti, da affrontare in barca o a nuoto, restituisce un feedback potente. Si prova la sensazione di opporsi a una natura di memoria leopardiana, incurante della fragilità dell’uomo, mobile nella sua armonia e dimentica di una razza che ha perso il suo primato.

Lupi e Iene
Come anticipato nell’anteprima, gli scontri con gli zombi rappresentato i momenti più ludici e rassicuranti nel mondo post-pandemico di The last of Us II. Terra popolata anche da umani che nella loro rabbia e disperazione costituiscono la vera minaccia.

Nel territorio di Seattle si contrappongono due fazioni: il WLF, Washington Liberation Front, chiamati anche Lupi. Organizzato come milizia paramilitare, il WLF ha uomini ben addestrati e armati,  avamposti in diverse aree della città e un quartier generale.

I Serafiti, chiamati in modo dispregiativo Iene dai miliziani del WLF, sono invece una setta religiosa che segue il culto della Grande Madre. Entità presente che ha rivelato loro la via della redenzione.

Pervasi da un fervente fanatismo religioso, i Serafiti sono tendenzialmente luddisti, reazionari e rifuggono in complesso quello che definiva il Vecchio Mondo.

Una sinfonia corale
In The Last of Us II Ellie rappresenta una delle voci di un coro fatto di personaggi fortemente caratterizzati, complessi e profondi. Ogni attore ha un suo carattere, una sua voce e una fisicità unica, mai vista in un videogame.

La caratterizzazione fisica, complice anche un’incredibile mimica facciale, ci regala personaggi reali, lontanissimi dagli stereotipi del videogioco.

Joel, Ellie, Tommy, Dina, Abby, Jesse, Lev, Owen, hanno istanze e desideri. Amano. In un mondo malato che infetta ogni manifestazione di tenerezza.

L’opera di Naughty Dog si innalza, sgretolando ogni regola dell’intrattenimento videoludico, spogliandolo della leggerezza, facendo della vendetta un'istanza dell’amore ci conduce senza sconti nel vortice delle sue universali pulsioni.

Amore che si aggrappa a un’umanità labile, contaminata da una realtà che inquina tutto, che trasforma e lacera.

The Last of Us: Parte II, nella sua complessità, è un’opera che non si può raccontare. I temi trattati, dalla paternità al senso di colpa, alla ricerca dell’identità sessuale, fanno di questo titolo un unicum di cui si discuterà a lungo.

Un lavoro monumentale, carico di una narrazione che non può essere narrata, perché ogni tassello della sua trama, dai primi fotogrammi all’epilogo, si incastrano perfettamente. Svelare anche piccoli elementi di questa storia terribile e meravigliosa potrebbe pregiudicarne l'esperienza.

Intraprendete dunque questo viaggio con la mente libera da ogni pregiudizio e abbiate la forza di arrivare fino alla fine.