Gino D'Acampo, il nuovo volto del Nove: «Quella volta che ho cucinato nudo»

Famosissimo in Inghilterra, dove si è fatto conoscere anche grazie alle sfuriate diventate virali in Rete, e su Instagram, dove vanta più di un milione di follower, Gino D'Acampo approda sul Nove alla guida di «Restaurant Swap - Cambio Ristorante», il programma prodotto da Banijay Italia in onda dall'11 giugno. Dall'infanzia a Torre del Greco a quella volta che cucinò nudo in diretta, ecco cosa ci ha raccontato
Gino D'Acampo il nuovo volto del Nove «Quella volta che ho cucinato nudo»

Rilassato e disteso, senza nessuna preoccupazione a tormentare i suoi pensieri, Gino D'Acampo risponde al telefono dalla Sardegna, dove si è trasferito lo scorso marzo e dove rimarrà fino alla metà di settembre, quando ricomincerà la scuola per i suoi figli. «È una super vacanza. Da qui non mi muovo, e per un po' non voglio fare un cazzo» racconta Gino con voce squillante e un marcato accento campano: in Italia, per ora, lo conoscono in pochi, mentre in Inghilterra è una star affermata, uno chef che, con i suoi 50 ristoranti, ha costruito un impero e che è ormai di casa in programmi televisivi come This Morning e Let's Do Lunch, entrambi trasmessi da ITV. A casa nostra, dove Gino nasce e cresce a Torre del Greco fino ai 16 anni, quando decide di partire e di tentare la fortuna a Londra, lo vedremo in Restaurant Swap - Cambio Ristorante, il nuovo programma prodotto da Banijay Italia che debutta giovedì 11 giugno alle 21.25 sul canale Nove, e, più avanti, in Gino cerca Chef, sempre sulla stessa rete.

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Per Gino, un uomo che nella sua vita ha sempre bruciato le tappe - ha lasciato il tetto di casa a 16 anni, ha aperto il suo primo ristorante a 21 e si è sposato a 24 -, l'arrivo nella televisione italiana è oltremodo tardivo, ma non per questo meno emozionante. «Devo ringraziare due donne per questo: mia cugina Valeria, che sono 4 o 5 anni che mi dice che faccio tv in tutto il mondo e che era il caso che venissi in Italia, e il boss di Discovery Laura Carafoli, che ha creduto tantissimo in questo progetto dandomi fiducia: se sono tornato a casa e mi vedrete in tv è solo grazie a loro» fa sapere Gino che, anche dalle acque cristalline della Sardegna, gestisce da remoto le sue attività in Inghilterra. «Sono 20 anni che faccio così: dal pc puoi fare tutto. Tenga conto che 41 dei miei ristoranti al momento sono chiusi. Ne ho lasciati aperti 8 che continuano ad andare avanti tra delivery e take away».

La preoccupa il futuro dei suoi ristoranti nel post-Covid?«La situazione è molto triste, ma sono molto fortunato perché il governo inglese mi ha aiutato sia con i dipendenti che con i ristoranti: non mi posso lamentare, per il momento».

Anche perché sta per diventare il nuovo volto del Nove con Restaurant Swap: lei come se la caverebbe a gestire la brigata di un altro ristoratore?«Me la caverei perché, avendo più ristoranti, mi capita di lavorare con brigate diverse quasi tutti i giorni. Due cose per me sono importanti in una cucina: l'organizzazione e la felicità. Non puoi cucinare se non sei contento e non sei soddisfatto nella tua vita e nel tuo lavoro, altrimenti si vede subito. È un po' come l'artista che quando è triste trasmette quell'emozione in un quadro o in una scultura».

Qual è il trucco per essere felici?«Svegliarsi la mattina e pensare subito a chi sta peggio di te. A volte nella vita guadagniamo un euro e un attimo dopo ne vogliamo dieci, cento e così via: non siamo mai soddisfatti. Quando ti lavi la faccia è importante pensare a chi non sta come te perché questo è capace di darti la forza giusta per affrontare la giornata in maniera positiva».

A 16 anni decide di lasciare Torre del Greco per trasferirsi in Inghilterra: come ha vissuto il distacco?«A quel tempo ero molto diverso da mio padre e da mia madre, che si accontentavano di vivere nel paesino in provincia, delle due settimane di vacanza in estate, di comprare la macchina usata, di affittare una casa anziché di comprarla. Io avevo ambizioni totalmente diverse dalle loro e, nonostante gli volessi bene, il distacco è stato facile. Avevo un obiettivo talmente preciso in testa che in quel momento non ho pensato alla famiglia, ma solo che dovevo andare via e basta».

Da dove nasce questo obiettivo?«Da mio nonno che faceva il cuoco - ero eccitato e intrigato ogni volta che lo vedevo cucinare -, e dai miei genitori, che hanno fatto dei grandi sacrifici e che hanno sempre avuto una vita normale. Prendere una strada diversa dalla loro, poter rischiare tutto, è stata la spinta necessaria per arrivare dove sono arrivato».

E loro come hanno preso la sua decisione di partire?«All'inizio fu difficilissima. Poi, quando hanno visto che a 21 anni ho aperto il mio primo ristorante, hanno capito che non c'erano modi di tenermi a Torre del Greco, a Napoli».

Lei ha 3 figli: che rapporto hanno con la cucina?«Luciano, che ha 18 anni, non vuole fare il cuoco ma mi aiuta nel controllo dei ristoranti; Rocco, che ha 16 anni, non ha fretta di prendere decisioni, mentre Mia, la piccolina, che ha 8 anni, canta e balla e alla cucina per ora non ci pensa proprio».

Nel documentario Who's That Gino trasmesso sul Nove ho visto che bacia spesso le clienti dei suoi ristoranti a stampo sulla bocca: sua moglie Jessica non è gelosa?«Ma no. La mia fortuna è avere incontrato e sposato una delle donne più intelligenti del mondo: sa come sono fatto, che abbraccio e bacio chi mi capita, non è mai stata gelosa. Anche perché, alla fine della serata, mi metto nel suo letto, quindi è tutto a posto».

Una volta in Inghilterra ha cucinato nudo in diretta: come l'è venuto?«Fu per una scommessa: il programma This Morning fino a quel momento non aveva mai vinto il National Tv Award, che sarebbe il nostro Telegatto, e io dissi che semmai lo avessimo vinto avrei cucinato nudo, ma non avevo idea che sarebbe successo davvero. Siccome sono un uomo che mantiene le promesse, lo feci: sono l'unico uomo in Inghilterra ad aver cucinato nudo in diretta tv».

Sempre in quel programma ha spesso rimproverato i colleghi inglesi di storpiare le ricette italiane: la bestemmia culinaria che l'ha fatta più arrabbiare qual è?«Quando parlano della carbonara e vogliono metterci le creme, i funghi, le zucchine, i prosciutti. Io alla cucina e alle tradizioni italiane ci tengo tantissimo e mi incazzo quando viene rappresentata male. Siamo il Paese più bello del mondo: non fate cazzate sull'Italia, al massimo fatele sulla Francia».

Piatto preferito?«Amo la pasta, quindi direi le linguine o gli spaghetti con le vongole. Aglio, olio, peperoncino, un filo d'olio, le vongole fresche, una sfumatina di vino bianco e un po' di prezzemolo ed è fatta».

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Non si può dire che manchino gli show di cucina anche in Italia: chi conosce degli chef di casa nostra?«Nessuno, non li ho mai incontrati. Ho visto qualche pezzettino in tv con Cannavacciuolo o Cracco e poi più niente».

Nella sua carriera ha partecipato e vinto a un reality, I'm a Celebrity... Get Me Out Of Here, il corrispettivo della nostra Isola dei Famosi. Glielo proponessero in Italia, accetterebbe?«No, mai. Ho avuto la fortuna di fare il reality più grande del mondo ed è stata un'esperienza talmente bella che avrei paura di non divertirmi più in quel modo qualora lo rifacessi. E poi, a parte tutto, non avrei il tempo materiale per farlo».

Infatti è impegnatissimo: oltre ai ristoranti, gestisce anche un'azienda che importa i prodotti italiani ai ristoranti inglesi. Come le venne l'idea?«Quando, 25 anni fa, arrivai in Inghilterra mi resi conto che era molto difficile trovare in giro i nostri ingredienti principali, dalla pasta all'aceto balsamico, da un olio buono ai legumi nella latta. Così mi inventai Bontà Italia, l'azienda di importazione alimentare italiana più grande d'Inghilterra, che ha avuto un successo tutto suo».

Pensa mai di espandere la sua attività in Italia?«La mia idea è quella di aprire nei prossimi anni un primo ristorante in Sardegna: oggi vivo tra Londra, Los Angeles e proprio la Sardegna quindi, visto che devi starci dietro a un ristorante, sarebbe la cosa più comoda».

Londra, la sua base operativa, non la lascerebbe?«No, perché il governo inglese aiuta molto i giovani e dà loro la possibilità di fare qualcosa di concreto. Gli devo tantissimo e sono sicuro che se fossi rimasto a Napoli non avrei avuto gli stessi risultati che ho ottenuto lì. In Italia non ci sono le infrastrutture e la giusta mentalità, magari c'è anche un governo che crede nei giovani e nei loro progetti, ma è tutto troppo burocratico».

Cosa si aspetta, invece, dal suo approdo sul Nove?«Non ho nessuna ambizione a livello televisivo. Sono più di 20 anni che faccio tv in tutto il mondo, e spero solo che i miei programmi vengano accettati e che la gente capisca che sono una persona umile, semplice e sorridente, un bonaccione. So fare quel tipo di programma e quel tipo di cucina molto basica, molto semplice: la vita è già difficile di suo e non abbiamo bisogno di complicarci le cose nella cucina. Spero di piacere: sarebbe una mia soddisfazione personale fare qualcosa di bello nella patria in cui sono nato».

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