11 giugno 2020 - 18:07

Voti a scuola: addio quadri, lo scrutinio è segreto. Ecco perché ci mancheranno

Un altro pezzo della nostra storia umana sacrificato sull’altare della dea Privacy

di Tommaso Labate

Voti a scuola: addio quadri, lo scrutinio è segreto. Ecco perché ci mancheranno
shadow

«Oh, dice che domani escono», sussurrava il sedicente “ben informato” della classe, quello che vantava aderenze o parentele coi professori, omettendo sempre il soggetto della frase per instillare nell’interlocutore il dubbio che dietro quel «dice» potesse davvero nascondersi un’informazione che arrivava dal presidente del consiglio d’istituto, dal vicepreside, dal preside, dal provveditore o addirittura dal ministro della Pubblica istruzione in persona.

Succedeva ogni anno in un giorno qualunque della seconda decade di giugno; mai prima del 10, mai dopo il 20. «Di già? Ma sei sicuro?», rispondevi tu. E lui, il ben informato, moltiplicando il carico di sicumera: «Così dice». L’oggetto della discussione non c’era neanche bisogno di specificarlo. I “quadri”. Dove per “quadri”, se la tua condizione dei mesi precedenti era stata quella di studente, s’intendevano i risultati degli scrutini affissi nell’atrio principale della scuola. Una sfilza di voti per ciascuno studente, uno per materia, compilata a penna (dalla metà degli anni Novanta, in molte scuole, gli amanuensi avevano lasciato il campo prima alla macchina da scrivere elettronica, poi al computer); nell’ultima casella i numeri cedevano il passo a una scritta in corsivo, che era la sintesi dei numeri letti in precedenti. Ammesso (che poi voleva dire promosso), non ammesso (bocciato), rimandato. Nove volte su dieci, l’imbeccata era sbagliata. La fonte sbagliava giorno. Tu avevi avuto gli incubi nel momento sbagliato, troppo presto; ma tanto era un passaggio obbligato, da cui non si scappava.

«Se non è oggi guarda che è domani. So che hanno già deciso, questo è sicuro». Le risposte ai punti di domanda che pesavano sulla coscienza come macigni e che avrebbero deciso la tua sorte nei mesi a venire – Sarò libero di godermi l’estate o mi aspettano le lezioni private?, Avrò il motorino oppure no? Posso far tardi tutte le sere o la mattina mi toccano le ripetizioni? – sarebbero passate da quei quadri in quell’atrio. Non c’era scampo. «Nella mia fine è il mio principio», come scriveva Agatha Christie. L’atrio dell’ingresso quotidiano a scuola sarebbe stato il teatro di quell’ultimo capitolo dell’anno, il palcoscenico della last dance. Dentro o fuori e comunque davanti a tutti, senza segreti. Che mettessi dentro l’ultimo rigore di uno spareggio salvezza con una promozione con tutti sei ottenuta in extremis, che raccogliessi i frutti di una stagione trionfale con la media dell’otto o che uscissi umiliato e sconfitto da una bocciatura più o meno annunciata, tutto avveniva come dentro uno stadio gremito in ogni ordine di posto.

Queste scene potremmo non rivederle più. A prendere per buona una nota del ministero dell’Istruzione, i quadri pubblici della scuola saranno aboliti. Dal registro telematico di classe si potranno vedere gli ammessi e i non ammessi, che poi sono i promossi e i bocciati; quanto ai voti per singola materia, ciascuno conoscerà soltanto i propri e non avrà acceso a quelli degli altri. Come per il conto corrente della banca on-line: inserisci nome utente e password, vedi l’estratto conto degli scrutini scolastici. Là dove soffiava forte il vento caldo di quelle incredibili passioni, ora ci sarà il freddo della schermata di un computer. Un altro pezzo della nostra storia umana sacrificato, a ragione o a torto, sull’altare della dea Privacy. Lo scrutinio scolastico sarà a voto segreto. Con tanto di franchi tiratori. Qualcuno obietterà che è meglio così. E magari ha anche delle ragioni.

In ordine sparso: il peso di un fallimento scolastico, a quindici anni, è un fardello troppo pesante da indossare davanti a tutti; il protagonismo in “zona quadri” dei genitori di figli con voti alti, che con le nuove regole verrebbe abolito, è sempre stato uno spettacolo poco edificante; e poi, perché essere costretti a disperarsi a pochi centimetri da chi invece esulta, quando sei poco più che un bambino? I quadri pubblici appesi nell’atrio della scuola, però, hanno preparato generazioni di studenti al rapporto con i dolori e le delusioni della vita, che quasi sempre non è in grado di proteggere nessuno, men che meno nascondendolo dietro un nome utente e una password. La cultura del sospetto insita nella nostra società, che trasforma un voto segreto in uno scandalo a prescindere, colpirebbe l’ambiente scolastico più di quanto non l’abbia già colpito. «Dicono che Laura ha preso 8 in matematica», «ma ti risulta che Carlo abbia preso 9 in italiano?», «secondo te Maria meritava il 7 in chimica?».

«La calunnia è un venticello», si legge nel libretto del Barbiere di Siviglia di Rossini. Un venticello che, tra ragazzi, può facilmente trasformarsi in un tornado. Quanto al protagonismo delle mamme o dei papà dei più bravi e meritevoli, che utilizzavano l’atrio degli scrutini scolastici come il red carpet su cui dar libero sfogo alla loro vanità genitoriale, sono forse peggio dei genitori che litigano sugli spalti delle partitelle di calcio? Oppure vantarsi del cervello della figlia o del figlio è più grave che bearsi delle sue doti tecniche in un rettangolo da gioco? Un altro pezzo della nostra scuola viene smontato. A qualcuno sembrerà una parte non così decisiva dell’ingranaggio. Con tutti i problemi che abbiamo, a chi vuoi che importi se i quadri scolastici sono pubblici oppure no? E invece, in quelle storie della seconda decade di giugno, mai prima del 10 mai dopo il 20, che iniziavano con una gola profonda che diceva «oh, dice che domani escono», s’è costruita parte della nostra vita. L’ansia, gli incubi, la notte prima, la camminata verso la scuola, l’assembramento attorno a quei giganteschi fogli di carta carichi di nomi e numeri. E quelli che spoileravano, prima ancora che rivelare il finale di un film si chiamasse «spoiler». Tu a preparare la liturgia dell’appuntamento col destino. E quello che ti rovinava la poesia, urlandoti: «Oh, ho già visto tutto, sei stato promosso». Da domani, al massimo, si potrà aggiornare la pagina del sito del registro elettronico, a cui hai avuto accesso con nome utente e password. Ammessi o non ammessi, con buoni o pessimi voti, vincitori o sconfitti, come sempre. Solo che in uno stadio vuoto, a porte chiuse, come i campi di calcio all’epoca della pandemia.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT