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Martedì 09 giugno
editorialistadi Viviana Mazza
Buongiorno,
oggi George Floyd sarà sepolto a Houston, in Texas, dove aveva trascorso la maggior parte della sua vita, dopo una cerimonia alle 11 del mattino locali (le 18 in Italia) trasmessa in livestreaming. Ma cambierà qualcosa in America? Si moltiplicano le proposte di riforma della polizia (più o meno radicali) in varie città, ne parla anche il Congresso. Esaminiamo le risposte di Joe Biden e Donald Trump. Ci chiediamo se la solidarietà delle grandi aziende a Black Lives Matter non sia un po' ipocrita, se non una cinica strategia di marketing. Raccontiamo la rabbia che torna a riversarsi contro i monumenti considerati simbolo d'odio e perfino contro il film «Via col vento». La questione razziale continua ad essere dominante sui giornali e nella politica americana, ma scriviamo anche della partita degli ostaggi tra Iran e Stati Uniti. E leggeteci fino alla fine per le notizie dalla Cina.

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1. Oggi George Floyd sarà sepolto a Houston
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L’ultimo saluto a George Floyd: dopo i funerali di oggi, la salma verrà seppellita a Houston, Texas (foto Lapresse)

Le notizie in breve:

  1. La cauzione del poliziotto Derek Chauvin, accusato di omicidio, è stata fissata a 1,25 milioni di dollari per via della gravità delle accuse.
  2. Crescono gli appelli per riformare la polizia, ma come? I democratici al Congresso hanno presentato ieri una proposta di legge a livello nazionale. Nel frattempo molte città americane stanno prendendo in considerazione approcci diversi.
  3. Per la prima volta ne ha parlato anche Joe Biden: non appoggia l’idea di tagliare i fondi per la polizia, ma pensa che gli aiuti federali ai dipartimenti di polizia debbano essere condizionati dal rispetto di alcune regole di base. Questo lo mette in difficoltà con la sinistra del suo partito anche se (forse) può difenderlo gli attacchi di Trump.
  4. Ma i fondi della polizia per cosa verrebbero usati? Gli attivisti vogliono che il denaro speso per gli straordinari dei poliziotti o per comprare equipaggiamenti costosi venga spostato a programmi per la salute mentale dei cittadini, l’istruzione, gli alloggi, poiché ritengono che ciò potrebbe contribuire a ridurre il crimine. Per esempio, a Austin, in Texas, gli operatori del 911 chiedono se chi chiama abbia bisogno della polizia, dei pompieri o di un assistenti sociali: in certi casi è meglio dispiegare esperti di salute mentale al fianco o al posto dei poliziotti.

(Giuseppe Sarcina) In serata Trump si è schierato con la polizia, sostenendo che il 99,9% degli agenti sono persone straordinarie. Nel Congresso però, si sta formando un drappello di senatori repubblicani favorevoli alla riforma. Si apre, dunque, un nuovo fronte politico visto che potrebbe essere possibile una riforma bipartisan su cui Trump potrebbe mettere il veto. Bisognerà allora vedere se esiste una super maggioranza in grado di superare il blocco di Trump.

2. Il sostegno a Black Lives Matter da Amazon & Co. segna una vera svolta sulla questione razziale?
editorialista
di Massimo Gaggi
da New York

Il sostegno di molte grandi imprese Usa a Black Lives Matter è uno degli indicatori concreti di un cambio di passo dell’America sulla questione razziale o è solo solidarietà ipocrita se non, addirittura, una cinica strategia di marketing? Dopo gli iniziali apprezzamenti, le prese di posizione a favore della protesta di giganti come Amazon, Nike, Netflix, Google, i grandi magazzini Target e Nordstrom, Facebook, le banche CitiGroup e Goldman Sachs, sono finite nel mirino delle reti sociali: a volte questi gruppi sono stati criticati perche sono intervenuti solo a parole, senza fare nulla di concreto, senza mettere mano al portafoglio. In altri casi le imprese sono state accusate di volersi rifare una verginità: un colpo di spugna su un passato di tolleranza per la segregazione.

Amazon dona 10 milioni agli organismi per la difesa dei diritti civili e il suo capo Jeff Bezos il suo sostegno a Black Lives Matter. Cosa che è costata al gigante di Seattle la perdita di molti clienti di destra. Poi, però, sono arrivate anche le critiche dei movimenti progressisti contro un gruppo accusato di trattare con durezza (e con poche protezioni anti Covid) i dipendenti dei suoi centri di smistamento, in buona parte afroamericani e di aver venduto sulla sua piattaforma anche prodotti razzisti. Amazon, poi, ha adottato una tecnologia di sorveglianza basata sul riconoscimento facciale che mette in pericolo la privacy dei cittadini: sistemi che la società ha messo a disposizione delle polizie, estendendo, così, il loro potere di controllo sui cittadini.
Leggi l’articolo completo di Massimo Gaggi.

3. Trump e i sondaggi: come spiegare il calo al 38% dei consensi?
editorialista
di Giuseppe Sarcina
corrispondente da Washington

Trump in caduta libera nei sondaggi. Secondo l’ultimo sondaggio condotto dalla Cnn e diffuso ieri, solo il 38% degli interpellati approva l’operato di Donald Trump. Una caduta di 7 punti percentuali rispetto a un mese fa. Nella storia recente americana e questo punto del mandato solo Jimmy Carter aveva lo stesso punteggio e solo George Bush padre aveva fatto peggio con il 37%. Sono due precedenti inquietanti per i supporter del presidente. Sia Carter che George H.Bush non riuscirono a farsi confermare nelle elezioni di quell’anno. La Casa Bianca è in allarme, anche perché il presidente continua a perdere altro terreno nei confronti di Joe Biden. Il distacco ora è pari al 14%.

È vero che anche nel 2016 Trump fu sconfitto nel voto popolare e conquistò la Casa Bianca grazie ai meccanismi del collegio elettorale, alle vittorie a sorpresa in Wisconsin, Michigan e Pennsylvania. Ma all’epoca Hillary Clinton ottenne il 2,1% dei consensi in più. Il 14% è una soglia che si avvicina a una sentenza per Trump. Il presidente via Twitter ha attaccato il sondaggio della Cnn, definendolo «fake» come fa con tutte le rilevazioni che non gli piacciono. I consiglieri, invece, si aggrappano a una considerazione: l’inchiesta è stata condotta tra il 2 e 5 giugno e quindi rispecchia il giudizio degli interpellati su come il presidente degli Stati Uniti ha gestito la pandemia e le proteste per l’uccisione di George Floyd. Ma il sondaggio non può tenere conto dei dati sulla ripresa dell’occupazione, diffusi il 6 giugno. Se l’economia migliora, Trump può tentare la rimonta.

4. Rimossa la statua di Frank Rizzo: torna la lotta ai «monumenti dell’odio»
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editorialista
di Andrea Marinelli

Le proteste per la morte di George Floyd hanno ridato vigore agli attivisti in lotta per la rimozione di statue e monumenti che, in tutti gli Stati Uniti, ritraggono simboli d’odio e divisione razziale. A Philadelphia, il sindaco Jim Kenney ha fatto portare via nei giorni scorsi la statua del suo predecessore Frank Rizzo, ex capo della polizia e poi primo cittadino fra il 1967 e il 1979, considerato un simbolo della brutalità della polizia sui neri e sulle altre minoranze.

Figlio di un poliziotto nato in Italia, dotato di un enorme carisma, chiedeva apertamente ai propri concittadini di «votare bianco» e professava con durezza il Law and Order che tanto piace a Trump: sul finire degli anni Sessanta aveva soppresso con la violenza le manifestazioni per i diritti civili, prendendo di mira gli afroamericani. La sua statua, che dal 1999 era davanti al municipio di Philadelphia, era diventata in questi giorni un ritrovo e obiettivo dei manifestanti, che l’avevano imbrattata di vernice. «Rappresentava odio e oppressione per troppe persone, troppo a lungo», ha affermato il sindaco Kenney, anticipando la rimozione inizialmente prevista per l’anno prossimo. Insieme alla statua se n’è andato anche un murale enorme, alto tre piani, che vegliava sul mercato italiano di South Philly.

Quella di Rizzo – morto d’infarto nel 1991 mentre era in campagna elettorale – non è stata l’unica statua a cadere in questi giorni: il governatore della Virginia ha annunciato la rimozione (ora sospesa da un giudice) di quella del generale sudista Robert Lee a Richmond, Virginia; monumenti confederati sono stati rimossi in Alabama, Indiana e Virginia, mentre in Tennessee è stata portata via la statua del senatore Edward Carnack, un editore che si opponeva agli attivisti per i diritti civili, e persino a Bristol, in Inghilterra, è stata gettata nel porto quella di un mercante di schiavi. Partito nel 2015, il movimento aveva preso vigore dopo gli scontri di Charlottesville nell’estate del 2017, colpendo fra gli altri gli italiani Cristoforo Colombo e Italo Balbo.

5. Boicottare Via col Vento?
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editorialista
di Marilisa Palumbo

Il 15 dicembre 1939 Hattie McDaniel non potè partecipare alla prima di Via col Vento: c’erano ancora le leggi Jim Crow nel Sud degli Stati Uniti. Era seduta lontano dai suoi colleghi anche la sera degli Oscar, ma quella notte fu storica: McDaniel fu la prima afroamericana a vincere il premio come miglior attrice non protagonista per il ruolo di Mami (parte per la quale leggenda vuole che persino la first lady Eleanor Roosevelt avesse raccomandato una sua cameriera). Un traguardo storico, che non le risparmiò le critiche delle associazioni per i diritti civili che la accusavano di perpetrare lo stereotipo del servo nero. «Preferisco interpretare una domestica che esserlo», era la sua risposta. E ancora: «Credo che il pubblico sia meno ingenuo di quello che pensano i miei critici». Ottant’anni dopo, il dibattito in qualche modo è ancora aperto.

Via col Vento
non è solo un capolavoro del cinema di tutti i tempi, ma anche un film che romanticizza l’era della schiavitù al Sud, una pellicola in cui i personaggi di colore non hanno alcuna complessità, sono come figurine tra la ribelle Rossella, la melensa Melania e l’irresistibile Rhett. Una romanticizzazione per di più datata anni Quaranta, quando la segregazione razziale era ancora legge in America. Oggi in mezzo alla furia di chi abbatte statue e strappa bandiere simbolo di un orrendo passato, qualcuno (era già successo dopo Charlottesville) chiede che Via col Vento venga rimosso dal catalogo della nuova piattaforma di streaming HBO Max. Non è un qualcuno qualsiasi: è John Ridley, regista, scrittore e sceneggiatore che nel 2014 ha vinto l’Oscar per la miglior sceneggiatura non originale di «12 anni schiavo».Leggi l’articolo completo di Marilisa Palumbo.

6. Harvard sul virus: «Già a ottobre stava succedendo qualcosa a Wuhan»
editorialista
di Paolo Salom

Continuano a emergere particolari che spingono sempre più indietro il possibile inizio dell’epidemia di coronavirus in Cina. Dopo le parziali ammissioni delle autorità e la tragica storia di Li Wenliang, l’oculista che per primo provò a lanciare l’allarme, a Wuhan, già a dicembre dello scorso anno; dopo i dossier della Cia sui ritardi colpevoli di Pechino nella gestione della crisi; ora entrano in campo le foto satellitari. Secondo uno studio della Harvard Medical School — firmato con la Boston University of Public Health e il Boston Children’s Hospital — già all’inizio dello scorso autunno «qualcosa stava succedendo a Wuhan».

  • I ricercatori hanno analizzato le immagini dei parcheggi intorno agli ospedali della megalopoli nella provincia dell’Hubei nel periodo da settembre e ottobre: il traffico di automobili appare sensibilmente in aumento, anche se ovviamente non è possibile determinare se l’incremento di visitatori fosse davvero legato alla malattia.
  • Allo stesso tempo, tuttavia, un’analisi delle ricerche sul web dimostrerebbe un contemporaneo aumento di richieste sui sintomi che possono essere collegati a un virus già tre settimane prima della scoperta dell’inizio «ufficiale» dell’epidemia.
  • Tutto questo, secondo gli autori dello studio, la cui testimonianza è riportata dal Guardian, «supporta altri lavori recenti che dimostrano come l’emergenza sia iniziata prima dell’identificazione (del coronavirus) nel mercato del pesce», alla fine di dicembre, quando i funzionari cinesi avevano riferito di un focolaio nel centro di Wuhan. «Questi risultati confermano anche l’ipotesi che il virus sia emerso naturalmente nella Cina meridionale e che potenzialmente fosse già in circolazione al momento» dell’identificazione del virus, afferma il rapporto. «Stava succedendo qualcosa in ottobre», ha detto inoltre John S Brownstein dell’ospedale pediatrico di Boston: «Chiaramente, un certo livello di disagio sociale si stava verificando ben prima di quando venne denunciato l’inizio della nuova pandemia di coronavirus».

7. Giochi di guerra nello Stretto di Taiwan

(Paolo Salom) Giochi di guerra nello Stretto di Taiwan. L’aviazione militare dell’isola «ribelle» ha fatto sapere di aver «allontanato» alcuni caccia Su-30 cinesi che avevano «invaso» lo spazio aereo della cosiddetta Repubblica di Cina-Taiwan. I jet di Pechino si erano avvicinati a partire da Sud-Ovest ma hanno ripreso la via di casa dopo l’«avvertimento» degli F-16 taiwanesi. Simili episodi non sono infrequenti nell’aerea e dipendono dallo stato delle relazioni tra la Madrepatria e Taipei. Per Pechino, Taiwan non è che una provincia cinese destinata a riunirsi — con le buone o con altri mezzi — alla «grande nazione cinese» nonostante siano passati oltre settant’anni da quando l’esercito di Chiang Kai-shek, sconfitto da Mao Zedong, si rifugiò sull’isola allora ancora chiamata Formosa (dietro la protezione della Settima Flotta americana).

Dopo decenni di ostilità e cannoneggiamenti reciproci, le relazioni tra i due lati dello Stretto hanno conosciuto un lungo periodo di calma, mentre le autorità dell’isola osservavano con attenzione l’implementazione del principio «un Paese due sistemi» nella vicina Hong Kong. La storia dell’ex colonia nell’ultimo anno — con la promulgazione di leggi liberticide voluta da Pechino e la lunga rivolta di piazza — ha convinto Taipei che, per ora, conviene mantenere lo status quo. Di conseguenza l’irritazione del Partito comunista che ha intensificato le «pressioni» sull’isola ribelle.

8. L’Iran manda a morte la «spia» che tradì Soleimani
editorialista
di Guido Olimpio

Mahmoud Mousavi Majd sarà presto giustiziato. Lo hanno comunicato fonti ufficiali a Teheran. L’uomo è accusato di aver fornito a Cia e Israele informazioni usate per uccidere, il 3 gennaio, a Bagdad il generale Qassem Soleimani, il comandante dell’apparato speciale dei pasdaran e mente della strategia mediorientale del regime. L’annuncio accompagna il recente scambio di prigionieri Usa-Iran, un baratto che potrebbe essere seguito da altri. Nota distensiva in un rapporto sempre conflittuale.

  • La morte di Soleimani non può essere dimenticata in frettadagli ayatollah: l’assenza dello stratega si fa sentire e il colpo è stato pesante anche sul piano propagandistico. Per molti, all’interno dell’establishment, non c’è stata una rappresaglia adeguata.
  • I processi alle spie sono uno strumento ricorrente nella tattica di Teheran. Denunciano le minacce nemiche, compattano i ranghi e servono a mantenere la lotta permanente contro l’asse Stati Uniti-Israele. Ma bilanciano anche eventuali contatti. In sintesi bastone e carota.

9. Da Alibaba a TikTok, il ruolo dei «campioni digitali ombra» cinesi
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editorialista
di Alessandro Aresu
direttore scientifico della Scuola di Politiche di Roma

Una delle novità emerse nella «diplomazia delle mascherine» cinese è il protagonismo di giganti tecnologici come Alibaba, Tencent, Huawei, TikTok. In questa strategia, tre geografie sono di particolare interesse: gli Stati Uniti, l’Africa, l’India. Anzitutto, gli Stati Uniti. Le donazioni di Alibaba hanno voluto rafforzare la reputazione di un’azienda quotata a New York, ma allo stesso tempo hanno fatto il gioco di Pechino, mettendo in luce le fragilità di Washington nei momenti più delicati di aprile. In secondo luogo, l’Africa. Il co-fondatore di Alibaba Jack Ma, dopo aver dichiarato di essere membro del Partito, è andato in «pensione» per seguire le sue passioni. Una di esse è lo sviluppo digitale africano, da rafforzare non solo attraverso le donazioni, ma con il rafforzamento di servizi per la sanità.

Nel mio libro «Le potenze del capitalismo politico. Stati Uniti e Cina» (La Nave di Teseo 2020)ho ipotizzato che i cinesi, con l’aumento della tensione con Washington, puntino a creare «campioni digitali ombra» in Africa: storie di successo africane foraggiate direttamente o indirettamente da investimenti cinesi. Infine, un’altra donazione geopolitica è quella di dispositivi di protezione di TikTok in India. Per i progetti di espansione globale dell’azienda posseduta dalla cinese Bytedance, che ha da poco reclutato come CEO Kevin Mayer della Disney, l’India è un mercato importante e difficile, dove ha affrontato problemi giudiziari e dove stanno emergendo avversari interni.

10. Caccia al tesoro in versi nel New Mexico

Almeno cinque persone sono morte cercando di trovare il tesoro da un milione di dollari nascosto una decina di anni fa sulle Montagne Rocciose da Forrest Fenn, eccentrico gallerista 89enne di Santa Fe, veterano del Vietnam. Qualcuno alla fine ce l’ha fatta. Ad annunciarlo è stato lo stesso Fenn, ma non ha reso noto il nome dell’avventuriero che ha localizzato il forziere seguendo gli indizi contenuti in una poesia. Abbiamo raccontato la storia su La Lettura alcuni anni fa, ma sfortunatamente non siamo stati noi a ritrovarlo.

Grazie per averci seguiti fino alla fine. Ci ritroviamo domani,
Viviana Mazza

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