John Boyega, a Londra, ha scelto se stesso. «Sentite», ha cominciato, «Non so se potrò avere una carriera dopo tutto questo, ma fanc*lo», ha detto l’attore, con il megafono in mano, urlando per strada tutta la propria rabbia. Boyega, che Star Wars ha reso noto come lo stormtrooper ribelle, Finn, ha tenuto un discorso su George Floyd, sulle morti di cui si è macchiata l’America. E quante e quali conseguenze potesse avere sulla propria carriera non l’ha considerato. Se n’è infischiato, anzi, ottenendo lui solo una reazione contraria a quella che si sarebbe aspettato.
Boyega, all’indomani delle proteste londinesi, si è visto oggetto di un sussulto hollywoodiano. I registi hanno fatto a gara per mostrarsi vicini al giovane attore, promettendogli ingaggi e future produzioni. «Lavorerei con John Boyega ed esorto altri creativi che non siano afroamericani ad affermare che anche loro gli copriranno le spalle», ha scritto, per primo, Matthew Cherry, premio Oscar, invitando i colleghi ad esprimere una solidarietà che non può e non deve essere concessa solo su base etnica. Phil Lord, dunque, si è fatto avanti. Poi, Cathy Yan. Infine, Jordan Peele.
Hollywood si è stretta attorno a Boyega e Star Wars, da ultimo, ha voluto far sentire la propria presenza al suo stormtrooper. «Star Wars sta con John Boyega e il suo messaggio è questo: “Adesso è il momento, le vite nere hanno sempre avuto importanza. Le vite nere sono sempre state importanti. Le vite nere hanno sempre significato qualcosa. Il male che rappresenta il razzismo deve finire. Ci impegneremo ad essere parte di quel cambiamento che il mondo attende da troppo tempo. John Boyega sei il nostro eroe”», ha scritto la Lucasfilm.
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