Si è ammalata di coronavirus durante le prime settimane della pandemia esplosa in Italia, ha deciso di autodenunciarsi alle autorità competenti per l’emergenza e si è messa in quarantena in casa, chiusa in totale solitudine nella sua camera da letto quasi 24 ore su 24 per non contagiare il figlio Jaya con disabilità motoria e i genitori entrambi ottantenni, tutti soggetti appartenenti a categorie ad alto rischio. La sua “ drammatica esperienza”, così la definisce lei stessa, è descritta nel nuovo e-book di cui Fabiola Bertinotti è l’autrice e protagonista. Il libro si intitola “Segregata – Una madre contro il coronavirus”. “Dal mio cuore è nato un testo che vuole essere un inno alla gratitudine, alla positività e alla speranza nonostante tutto. Segnalo – aggiunge Fabiola – che mio figlio con una distrofia facio-scapolo-omerale non ha mai ricevuto nessuna chiamata dagli enti competenti per tutto il periodo del lockdown e, pur presentando io diversi sintomi del covid-19, nessuno della famiglia ha potuto fare il test sierologico ed eventuale tampone. Abbiamo vissuto un periodo molto complicato” dice a Ilfattoquotidiano.it Bertinotti. Il libro inizia con una testimonianza puntuale sull’iter della malattia, “un nemico subdolo e pericolosissimo contro cui l’umanità è in guerra”, e continua in un crescendo di analisi per cui, nella stanza dove Fabiola è “reclusa per amore”, si spalanca una finestra sul mondo dalla quale lei osserva i fatti della cronaca, della scienza e della politica italiana e mondiale.

Con le vendite dell’e-book “il sogno” di Fabiola è quello di raccogliere 100mila euro entro il prossimo 30 ottobre (qui la raccolta fondi) per aiutare Intensivamente Insieme, associazione che opera nel reparto di Terapia Intensiva Neonatale e Neonatologia dell’ospedale San Gerardo di Monza, e UILDM – Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare, per promuovere percorsi di autonomia e di vita indipendente in particolare per i giovani. Un’iniziativa al 100% di beneficenza, ufficialmente lanciata lo scorso 6 maggio. “Il mio libro – spiega la madre di Jaya – punta a raccogliere fondi per neonati in condizioni critiche e ragazzi disabili motori che dovrebbero provenire dalle istituzioni. Una madre può fare qualcosa, ma non colmare un vuoto che dovrebbe essere già presidiato dallo Stato. I governi susseguitisi negli anni, a prescindere dal colore, non hanno preso seriamente in carico i temi che riguardano le persone con disabilità pur avendoli sbandierati in fase elettorale”, denuncia. L’iniziativa è stata sostenuta da Fondazione Cariplo e Fondazione della Comunità di Monza e Brianza, che hanno aiutato Fabiola a lanciare l’e-book, i cui introiti delle vendite saranno interamente destinati a progetti solidali.

L’idea di mettere nero su bianco la sua esperienza, spiega Bertinotti, nasce “quando mi accorgo che il mio sistema immunitario reagisce al virus e che finalmente, dopo giornate trascorse con quaranta e mezzo di febbre, la mia temperatura corporea scende senza aiuto di antipiretici”, racconta. “Devo confessare che il primo motivo di angoscia, se non addirittura di terrore, per me era di causare gravi problemi di salute alle persone che più amo. Mi sarei segregata per 40 anni pur di evitare una così tragica conseguenza – continua – ma la storia è a lieto fine”. Un grazie particolare per come ha gestito la situazione delicatissima Fabiola lo dedica al marito Maurizio Motta, “che è stato a sua volta contagiato, ma presentando sintomi assai lievi, anche solo portandomi i pasti caldi in camera”. Fabiola e Maurizio hanno adottato Jaya, che significa “colui che vince” in lingua hindi, nel 2003 a Kathmandu. All’epoca era un bambino di forse 3 anni, non esisteva l’anagrafe in Nepal. Oggi Jaya è quasi ventenne e studia ingegneria al Politecnico di Milano.

Si tratta di un racconto profondo scritto da “un’inguaribile ottimista”, dice ancora l’autrice. “È una storia personale, ma è altrettanto vero che rappresenta la metafora dell’Italia che deve affrontare la fase di ripresa con energie positive e vincenti”. Spesso i genitori di persone con disabilità affrontano le emergenze già preparati alle difficoltà estreme, con spirito di sacrificio e grande forza d’animo, temprata da anni in condizioni non facili. “Ho temuto anche per me stessa poiché sono stata sempre sul filo del rasoio, pronta a chiamare l’ambulanza in caso di insufficienza respiratoria”.

Fabiola vive con la sua famiglia a Monza e non dimentica le prime fasi dell’emergenza provocata dalla crisi pandemica. “Sono state settimane molto brutte perché assistevamo a continue notizie di nuovi contagi e centinaia di decessi giorno dopo giorno. Per noi come pure per medici e infermieri – aggiunge – non c’erano a disposizione né i test sierologici né i tamponi. La pandemia di covid-19 ha dimostrato chiaramente, tra le varie criticità, come l’intera Lombardia non fosse sufficientemente attrezzata ad affrontare con efficacia e tempestività questo male oscuro e sanguinario”. Dopo la fase acuta della quarantena chiusa in casa, Fabiola ha potuto accedere a un test presso l’Ufficio d’igiene di Monza. “Il risultato negativo del test – conclude la madre di Jaya – ha posto fine alla nostra drammatica storia. Ora aspettiamo con pazienza di fare l’esame sierologico”.

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