Le madri sono quelle che hanno perso di più con la crisi

I dipendenti sono i più penalizzati, economicamente, dal periodo di isolamento. Fra questi le madri sono quelle più a rischio anche di perdere il lavoro
Le madri sono quelle che hanno perso di più con la crisi

Le madri lo sapevano già. Non servivano dati a confermarlo, ma i numeri mostrano la realtà delle donne con figli che, nelle settimane dell’isolamento a causa del coronavirus, sono quelle che, dal punto di vista economico e lavorativo, hanno perso di più. In particolare se dipendenti.

Le tabelle che la Uil Lavoro, Coesione e Territorio ha simulato per Repubblica raccontano che un dipendente lasciato a casa per tre mesi, avrà perso a fine anno quasi un quinto del suo salario netto. La cassa integrazione conserva il posto, ma fa calare il compenso e fa parte anche un pezzo di 13esima e 14esima.

Ancora più basso il calcolo per i genitori che lavorano come dipendenti se hanno chiesto 15 giorni lavorativi di congedo straordinario rinunciando per qui giorni alla metà dello stipendio. È una cifra che scende ancora se sono stati usati anche i giorni di congedo senza stipendio. Sono sempre più spesso le donne a rinunciare ad andare al lavoro e a utilizzare i congedi. Con le scuole chiuse e la non reperibilità di una baby sitter (oltre ai costi di questa) è la madre in moltissimi casi a restare a casa.

Su 9 milioni e 872mila donne occupate in Italia, le madri sono circa 5,4 milioni e, di queste, 3 milioni hanno almeno un figlio con meno di 15 anni. Durante il lockdown hanno lavorato più degli uomini fra smart working e gestione della famiglia. Lo dicono i dati di una ricerca della Fondazione studi dei consulenti del lavoro che punta verso la fase due per ricordare che queste donne sono le più a rischio. Le loro attività sono le ultime a ripartire e i loro contratti sono spesso precari o comunque meno retribuiti rispetto a quelli degli uomini e, se in famiglia si deve scegliere, a salvarsi è lo stipendio più alto.

Anche Wyser, società internazionale di Gi Group, che si occupa di ricerca e selezione di profili manageriali, ha fatto una ricerca sul lavoro delle donne. Per quasi 2 intervistate su 3 queste settimane di lockdown sono state caratterizzate da carichi di lavoro più pesanti. Il 43,2% delle professioniste italiane ha però la speranza che questo periodo di smart working sia servito per sensibilizzare il mondo del lavoro sulla situazione femminile: assenza delle donne nelle posizioni decisionali, scarsa meritocrazia e al gender pay gap.

Il blocco non è solo il soffitto di cristallo al vertice. Parte molto prima. Nel report Women in the Workplace 2019 realizzato da McKinsey e Lean In si racconta di un vero e proprio collo di bottiglia all’ingresso del ruolo dirigenziale: per ogni 100 uomini, solo 72 donne vengono promosse al primo livello da manager.

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